burocratica.
Quale magistrato supremo alla milizia esso, di regola, non abbandonava la
_Dominante_--cioè Venezia--se non per compiere l'annuale visita al Collegio militare di
Verona, in Castelvecchio, dal quale uscivano i giovani ufficiali di artiglieria e genio della
Repubblica. Era questa una comparsa periodica all'epoca degli esami finali, che
circondavasi a bella posta di solennità, sia nell'intento di lasciar traccia nell'animo dei
futuri ufficiali delle milizie venete, sia in quello di ravvivare, a scadenza fissa, il prestigio
ed il nome del Savio alla scrittura nella principale fortezza dei domini d'Italia. Ma le
apparizioni erano troppo rapide e, sovratutto, affogate sotto il cumulo delle formalità
proprie del manierismo incipriato del tempo.
Di una di queste visite si conserva traccia nel diario del Collegio militare di Verona. «Il
Savio Alvise Quirini--dice il diario--partì da Venezia un mercoledì dopo pranzo del luglio
1787, alle ore 20, per Mestre. Aveva seco due staffieri ed un furier. Il legno era pronto a
Marghera, con quattro cavalli ed il furier davanti, pure a cavallo. Al Dolo si cambiarono i
cavalli: a Padova il Savio pernottò nel palazzo Quirini ed il provveditor straordinario di
colà, Zorzi Contarini, gli diede scorta di due soldati a cavallo. Il giorno appresso
(giovedì), alle ore 22 suonate, il Savio arrivò a Verona»[39].
In quella città un ufficiale della guarnigione venne subito comandato a disimpegnare la
carica di aiutante presso il Savio Alvise Quirini, ed un'ora dopo l'arrivo di questi il
tenente Zulatti, ufficiale di guardia alla piazza, venne a felicitarsi seco lui per l'ottimo
viaggio compiuto e ad esibirsi, cioè a profferire servigi. Ma il Savio alla scrittura,
congedati bellamente gli ufficiali venuti per fargli onore, andò ad alloggiare in casa del
cugino Marin Zorzi, e la «tavola fu servita per quella sera dal locandier alle _Due
Torri_[40], essendo stato convenuto il prezzo di tutto dal brigadier Mario Lorgna,
governatore militare del Collegio. La sera stessa venne il brigadiere Lorgna a fare
ossequio al Savio alla scrittura, e si combinò subito per verificare la scuola ed
incominciare gli esami lo stesso giorno seguente. La sera poi il Savio andò alla comedia
al Nobile Teatro ed il vescovo mandò il suo nome a casa Zorzi».[41]
CAPO III.
Ufficiali grandi e piccini.
Perduto è quell'organismo il cui cuore si attarda di spingere il sangue nelle vene. Ed il
cuore ed il cervello si erano da tempo intorpiditi nell'esercito della Serenissima nelle
persone de' suoi generali.
Quando il brigadiere Fiorella[42] nella notte dell'8 agosto 1796, all'avanguardia della
divisione Serurier, reduce dalla vittoria di Castiglione si riaffacciava a Verona
abbandonata giusto una settimana innanzi per rioccuparla d'ordine di Buonaparte, il
generale Salimbeni comandante di quella piazza indugiò alquanto nel riaprire ai Francesi
la porta di San Zeno. Il brigadiere Fiorella l'abbattè allora con alcune volate di mitraglia,
e si trovò comoda scusa per il ritardo dei Veneti di rovesciare la colpa sulla tarda
vecchiaia del Salimbeni.
Questo generale--si disse--oramai ottuagenario, incapace di montare a cavallo, costretto a
servirsi di un _carrozzino_[43], non poteva trovarsi ovunque in quel trambusto della notte
dell'8 agosto. E Buonaparte lieto delle riportate vittorie e del riacquisto di Verona, non
fece gran caso di questi fiacche scuse dei Veneti, ondeggianti tra gli Austriaci padroni
dell'interno della città ed i Francesi padroni delle campagne, oscitanti tra i vincitori ed i
vinti.
La vecchiaia dei generali veneti esisteva nondimeno, e grave. Il Savio alla scrittura
Francesco Vendramin l'aveva denunciata al Principe come il male precipuo che rodeva
l'esercito, e scongiurava di provvedervi in tempo:
«Di eguale impedimento--egli così scriveva nel 1785--alle buone disposizioni della
milizia in genere si è pure l'impotenza di non pochi ufficiali, specie delle cariche
generalizie, che giunti alla più fredda vecchiaia, ritenuti dalle viste del proprio vantaggio,
vogliono ancora continuare nel servizio sino alla fine della vita.....Sicchè, malgrado
quella riverenza che si conviene alle pubbliche deliberazioni, mi è forza dire che, spesse
volte, questo Augusto Governo è più commosso dalla pietà che dal proprio interesse, cui
talvolta antepone le convenienze particolari di coloro che godono la distinta fortuna di
essergli soggetti» [44].
Non si pensò però con questo a svecchiare gli alti gradi dell'esercito Veneto.
Fino dal 1786, allo scopo di ripartire in modo equo e vantaggioso per il servizio i beni ed
i mali delle diverse guarnigioni d'Italia e d'oltremare, il Senato aveva stabilito un _turno
di generali_; ossia un determinato ordine di successione dei generali medesimi al
comando dei quattro grandi riparti militari in cui si suddivideva il territorio della
Repubblica[45].
Fu assegnato allora in Levante il sergente-generale Maroti, con i sergenti maggiori di
battaglia Bubich e Craina; in Dalmazia il sergente generale Salimbeni--ricordato più
sopra--con i sergenti maggiori di battaglia Nonveller ed Arnerich; in Italia il tenente
generale Pasquali, con i sergenti maggiori di battaglia Stràtico e Bado. Dopo quattro anni
questi generali dovevano mutare residenza, ma
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