e la corda occorrenti per
confezionare li scartocci, i quali erano poi verificati dai capitani alla presenza dei capi di
cento.
Con queste munizioni i soldati si esercitavano al palio, vale a dire al tiro a segno nei
campi appositamente stabiliti.
Dal lato economico adunque le cerne rappresentavano un notevole vantaggio per le
finanze della Signoria, una vàlvola di sicurezza all'aprirsi delle guerre, perchè esse
esimevano lo Stato dal ricorrere--sotto la pressione del bisogno e sotto il giogo della
domanda--al mercato sempre sostenuto dei soldati di mestiere.
* * *
Ma il vantaggio delle milizie paesane non era solo d'indole economica--cosa per certo
non disprezzabile tenuto conto delle angustie finanziarie in cui versava la Serenissima
verso la sua fine--ma anche di natura morale. Lo schietto spirito di regionalità di cui
erano come impregnate le cerne, il quale traeva origine dai sani e vigorosi succhi della
terra, conferiva loro molto prestigio e dava affidamento di moralità grande, laddove i
soldati di mestiere, rifiuto della società del tempo, erano rappresentati dal generale veneto
Salimbeni come «_sentina d'ogni vizio_».
Dalle cerne infatti erano esenti i capi di famiglia, per un patriarcale riguardo riferito alle
cose della guerra e nelle famiglie stesse non si descriveva più di un soldato per ognuna,
tenendo fermo il concetto di non ammettere in questa milizia che sudditi genuini della
Repubblica. Dalle cerne erano inoltre esclusi i servitori, i girovaghi, i condannati ed i
galeotti, sicchè l'elemento di esse era incomparabilmente migliore di quello dei soldati di
mestiere, tra i quali si accoglievano «tutti gli oziosi ed i vagabondi che dalla Terraferma
si spediscono in castigo nelle province di Oltremare, per cui cresce la massa dei vizi e
delle corruttele nella truppa, e sono cagione della poca disciplina e del fisico deperimento
di essa»[16].
Passate quindi le guerre unicamente ispirate al concetto della difesa dei dominî italici,
prese il sopravvento la presunzione dei riguardi dovuti in uno Stato marinaresco e
repubblicano alla libertà individuale dei propri sudditi, che si voleva completamente
arbitra di esplicarsi, senza restrizione alcuna, secondo il miglior rendimento delle energie
di ciascuno di essi. La tolleranza dei pubblici uffizi, il benessere diffuso, il vezzo delle
neutralità ripetute invariabilmente allo aprirsi di ciascuna campagna, a partire dalla
sciagurata pace di Bologna (1530), invogliarono le genti già disamorate delle armi a
colorire codeste teorie di liberismo militare con le tinte più accese dell'arte tizianesca. E
la presunzione, oppure la consuetudine, per l'ignavia degli uomini e per la debolezza dei
tempi acquistò alla fine vigore di legge. La Repubblica, ricca ed imbelle, poteva ben
concedersi anche il lusso di comperare i soldati di cui abbisognava per la difesa de' propri
domini.
Principiò così a diffondersi la costumanza delle tasse militari, o tanse, cioè del prezzo di
riscatto dal servizio dovuto nelle cerne, con il cui prodotto componevasi un fondo
destinato ad assoldare altrettanti mercenari. Gli artieri ne approfittarono subito, poi i
barcaiuoli veneziani e gli ascritti alle scuole di Santa Barbara, da cui levavansi i
cannonieri dell'esercito della Serenissima. E le tanse acquistarono fin d'allora la
denominazione di insensibili, perchè essendo ripartite per arte su tutte le persona che le
componevano, ne venivano a risultare delle quote d'affrancazione individuale dal servizio
molto tenui; vale a dire quasi insensibili.
Cresciuto il favore delle tanse, crebbe in parallelo la corrività delle cassazioni, cioè delle
esonerazioni tra le cerne, e divenne facile l'esimersi dal servizio facendosi sostituire per
denaro da un altro soldato tratto dalla medesima milizia. Le rassegne caddero col tempo
in dissuetudine, si trascurò la vigilanza da parte dei comuni, e questo primo e magnifico
esempio di landwehr veneta principiò a languire ed a morire[17].
Nella Dalmazia le cerne furono introdotte da Valerio Chierigato intorno all'anno 1570, e
si denominarono craine o craicinich. Ma per gli stessi motivi dianzi esposti, esse erano
scadute sul finire della Repubblica anche da quelle parti e le loro sorti si erano già
accomunate con quelle dei soldati oltremarini o di mestiere.
Così delle due fonti essenziali della milizia veneta--eredità dell'arte italica del
Cinquecento--i soldati prezzolati e le cerne, gli uni sopravvivevano ancora alle ingiurie
dei tempi ma tutti squassati e ridotti come una larva di sè medesimi, le altre erano
pressochè scomparse dalla scena della vita militare veneziana, o si consideravano tutto al
più come un rudere di un vetusto edifizio abbandonato da gran tempo. In questa guisa
delle due grandi correnti che alimentavano le vecchie armi della Serenissima e formavano,
insieme commiste, un fiume regale gonfio d'acque e fecondo d'energie, non era rimasto
che l'ampio alveo, tutto pantani ed acquitrini dai quali emanavano miasmi e malaria.
CAPO II.
L'amministrazione centrale della guerra. Il Savio di terraferma alla scrittura e le
magistrature militari.
Come il rendimento di una macchina ottimamente costituita si commisura dalla somma di
attriti che riesce a vincere, sicchè il suo lavoro procede
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