eleggersi un commandante supremo, dalla cui sapienza e virtù si possano ritrarre quei lumi e direzioni che valghino a sistemare in buon modo le truppe? [25].
Ma, ad onta di queste franche parole--come sempre le usava il Savio Vendramin--il generalissimo tanto invocato non venne a rialzare i depressi spiriti militari dei Veneti, e rimase la burocrazia che non passa [26]. Questa intensificò anzi l'opera sua, così da avvolgere il Savio alla scrittura in una rete inestricabile di intralci e di formalità innumerevoli.
Esaminiamo in particolare codesto viluppo, congegnato a bella posta per troncare i nervi ad ogni energia. Il Savio alla scrittura nell'esercizio delle sue funzioni aveva rapporti con tutte le magistrature politiche, marinare e civili d'Italia e d'oltremare. Quanto al reclutamento ed agli assegni in ordine alla forza bilanciata, egli aveva relazioni con l'Inquisitore ai rolli, con il Savio Cassier e con i magistrati sopra camere, o tesorerie provinciali: quanto al reclutamento ed all'ordinamento delle cerne, egli doveva accordarsi con il collega deputato ad esse. Per le cose attinenti il servizio anfibio dell'esercito sulle navi armate, egli doveva intendersi con i Savi agli ordini per le milizie, con i Provveditori generali da Mar, con quelli in Dalmazia ed Albania, con i _Provveditori att'Arsenale_ ed, infine, con il Capitanio del Golfo (contado delle Bocche di Cattaro).
Per il riparto ed il servizio territoriale delle truppe, il Savio alla scrittura doveva prendere accordi con i _capitani e podestà_ delle province, con il magistrato e con il _sopraintendente all'artiglieria_, con il provveditore alla cavalleria, con il sopraintendente del genio e con i _provveditori alle fortezze._
Lo. sfruttamento dell'industria privata--usato sempre in buona misura dalla Serenissima per le cose della guerra--obbligava inoltre il Savio competente ad una continua vigilanza sui deputati alle miniere, per quanto si riferiva l'industria metallurgica della Bresciana e del Bergamasco, e sui capi delle maestranze per le industrie estrattive dell'alto Cadore.[27]
Oltre a ciò, per quanto riguardava il servizio sanitario, l'amministrazione della guerra era in rapporti continui con i provveditori agli ospedali e con i capi religiosi di talune confraternite incaricate dell'assistenza degli infermi[28]; per quanto concerneva il servizio di commissariato, con i magistrati sopra biade e frumento, con i Savi alla mercanzia e con i _provveditori all'agricoltura_; per quanto rifletteva infine l'amministrazione della giustizia, con il missier grande, o capo della polizia esecutiva, e con i governatori alle galere dei condannati.
Nè si arrestava a questo il frantumamento delle autorità militari venete, spesso discoste l'un l'altra ed animate da interessi contradditori, e l'intralcio con le magistrature civili. Nei rapporti aulici e cancellereschi, era deputato ogni settimana un Savio designato a turno nel Collegio--epperciò detto _Savio di settimana_--per esporre al Senato le proposizioni ed i decreti deliberati dal Consiglio. Tale costumanza, per certo assai comoda, non era però in pratica molto giovevole per la trattazione degli affari--specie dei militari--rimettendo il patrocinio di essi a mani del tutto inesperte o ignare.
* * *
Consideriamo ora un poco questa mastodontica macchina burocratica in azione. Nel 1784, solo per riformare alcune parti del vestiario e dell'equipaggiamento della fanteria veneta, riputate o troppo incomode o troppo costose, convennero assieme in più conferenze il Savio alla scrittura attuale ed uscito [29], i Savi alla mercanzia in numero di cinque ed il magistrato sopra camere. Ciò nondimeno, dodici anni dopo, la riforma non era ancora del tutto attuata tra le file dell'esercito veneto.
Fino dal 1775 il Savio alla scrittura e l'Inquisitore ai rolli, concordi, deploravano in Collegio e presso il Principe le tristissime condizioni in cui versavano le artiglierie e le armi portatili, alle cui deficienze non era più in grado di porre rimedio il vetusto Arsenale di Venezia. Soltanto sette anni dopo il grido d'allarme venne raccolto da Francesco Vendramin, in una delle sue riconferme al Saviato alla scrittura, e la questione venne finalmente da lui posta dinanzi al Doge con criteri da industria di Stato meglio che moderni.
L'industria militare privata aveva tenaci e floridissime radici a Venezia, e le armi bianche venete, assai pregiate nella tempra e nel lavoro del cesello, [30] avevano una fama incomparabile. Cresciuto poi il favore delle armi da fuoco, degli archibugi e delle artiglierie navali e terrestri, le fucine della Bresciana vennero procacciandosi nell'industria manifatturiera quel nome che si è tramandato fino ai giorni nostri.
La trasformazione decisa e cosciente dell'industria militare privata in industria di Stato, avrebbe quindi corrisposto in modo mirabile alle esigenze economiche e tecniche della Serenissima, poichè avrebbe consentito di ridurre con immenso vantaggio economico l'improduttivo organismo dell'Arsenale e di sostituire al suo lavoro, o lento o negativo, quello più proficuo delle maestranze dei metallurgi e degli artieri, organizzati e disciplinati in forme corporative tradizionali, vigilate per di più di continuo dalle magistrature apposite.
Così fu concluso, nel 1782, un contratto con la _Società mercantile_ di Girolamo Spazziani, mediante il quale essa si assumeva l'obbligo--usufruendo delle due migliori fonderie e miniere dal Bergamasco--[31]
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