In chiave di baritono | Page 9

Antonio Ghislanzoni
nuovo?
--Una disgrazia. Ieri io aveva promesso di concorrere co' miei pochi
talenti allo spettacolo di questa sera; voi vi affrettaste ad iscrivere il
mio nome sull'avviso; ed oggi...

--Ebbene?
--Oggi non posso...
E qui il buon sagrestano a ripetermi le proteste del curato e del
coadjutore, i quali non permettevano che egli uomo di chiesa, avesse a
prender parte ad uno spettacolo tanto profano. Si trattava nientemeno
che di un terribile dilemma, per cui il povero figliuolo era minacciato di
perdere il suo impiego nella bottega del Signore.
--No: buon sagrestano; tu non verrai dimesso della tua carica, risposi io
stringendogli la mano. Annunzieremo al pubblico la tua improvvisa
indisposizione, e il Birecchi ti supplirà strappando otto denti in luogo di
quattro.
Io non aveva finito di profferire queste parole, quando il direttore della
banda civica entrò anch'egli nella mia cella con aria compunta. Egli
veniva ad annunziarmi che i quattro pezzi di scelta musica non si
potevano eseguire per quella sera. I dilettanti del paese già da quattro
anni non si erano più dilettati di suonare in concerto. Ricorrendo a i
loro istrumenti, aveanli trovati guasti dalla polvere e dal
verde-rame.--Al corno mancavano due cerchielli, al flauto tre chiavi,
all'oboe il becco; e nella gran canna del bombardone già da molto
tempo avea preso dimora una colonia di sorci. Oltre di ciò, nel paese
non si trovava altro pezzo di musica fuori di una marcia funebre scritta
otto mesi prima, dal maestro C..., in occasione di illustre matrimonio.
In brevi parole.--Prima che il mezzogiorno fosse suonato, tutti i
dilettanti e professori, che doveano prendere parte al concerto, vennero
da me per iscusarsi di non poter adempiere alle loro promesse.
Discesi a Grottamare inferiore--corsi alla casa del Birecchi, il solo
artista che ancora mi rimanesse fedele; ma qual fu il mio stupore nello
intendere che il perfido dentista la notte precedente era partito per
Camerino!
Allora sentii mancarmi le forze--ebbi un momento di vertigine--con un
lampo di strabismo mentale lanciai gli occhi nel passato e

nell'avvenire--poi, in un accesso di disperazione, risolvetti di dare il
concerto da solo.
Ma come fare? Il tempo stringeva. E conveniva ripulire il teatro, farvi
trasportare un pianoforte, trovare un maestro accompagnatore, destinare
qualche galantuomo alla sopraintendenza della cassetta; e il
mezzogiorno non era discosto, ed io mi sentiva già stanco dalle
contrarietà indurate. Poichè vidi che ogni cosa volgeva alla peggio, e
pareva decretata dai fati la mala riuscita di quella intrapresa, io pensai
bene d'andarmene a pranzo, indi sdraiato sovra un divano, attendere
l'ora dello spettacolo, che, secondo tutte le probabilità, doveva
terminarsi con una pioggia di sassate.
Quel giorno pranzai all'albergo del Marcuccio in compagnia
dell'Ascolana. Prevedendo i pericoli che in quella sera mi minacciavano,
la pregai di non intervenire allo spettacolo--indi attesi rassegnato l'ora
di recarmi in teatro.
Il sole volgeva al tramonto, quando un messo del sindaco,
accompagnato dall'ottimo sagrestano, recommi le chiavi del teatro. Io
le presi tremando, come se il ferro dovesse bruciarmi le dita. Il
sagrestano cavò di tasca una ventina di moccoli, che egli aveva raccolti
nella chiesa acciò mi servissero per l'uso profano di illuminare la
platea.
Poichè i due messi furono partiti, mi feci recare dal Marcuccio quattro
bottiglie di vino: le collocai in un paniere coi moccoli e le chiavi, indi,
recatomi il paniere sottobraccio, tutto solo, a lenti passi mi avviai verso
il teatro, ove mi chiusi, e cominciai a prepararmi alla rappresentazione,
vuotando d'un fiato una bottiglia.
Alle otto ore la sala era illuminata.--Apersi la porta--una ondata
d'uomini, donne e fanciulli si precipitò per entrare.
Alto là! gridava il sagrestano, agitando un randello.--Guai a chi entra
senza pagare! Morte ai ladri! Indietro la canaglia! Viva la cortesia, la
generosità! Trattasi dell'onor del paese! Bravi figliuoli! Attenti al
bacile!... Ah! sta bene! Grottamare è il paese dei nobili cuori!..

Diffatti in meno ch'io vel dica, eran piovuti nel bacile un centinaio di
paoli e una ventina di papetti.
Finito quello sfogo popolare, l'alta aristocrazia del paese, capitanata da
un conte e da un barone, sfilò dinanzi al bacile, gettandovi grosse
monete d'argento. Alle otto e un quarto circa, la platea, i palchi, il
loggione eran colmi di gente--e il bacile presentava l'aspetto più
consolante.
Il Rubicone era passato--omai non si poteva retrocedere.
Qual fosse l'animo mio non saprei dirvi; più la gente ingrossava e più
crescevano le mie angoscie, sebbene alquanto io mi fossi rassicurato
nell'udire come il pubblico si mostrasse già soddisfatto della
illuminazione, alla cui vista avea mandato un urlo di viva!
Allo scoccare delle otto e mezzo, dopo aver intascate le monete che
erano nel bacile, abbandonai il posto di portinaio, e salii sul palco
scenico per dar principio al trattenimento. Vuotai una seconda bottiglia,
indi rimossa la tela, mi presentai sul proscenio onde annunziare al
pubblico le indispozioni sopravvenute agli
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