In chiave di baritono | Page 6

Antonio Ghislanzoni
mi stava dinanzi, mi era scesa nell'anima una tristezza che chiudeva l'adito ad ogni altra emozione. La bellissima donna mi chiese s'io fossi il solo medico del paese; risposi che sì, quantunque mi ripugnasse il confermare una menzogna.
--Se ciò è, disse ella con qualche imbarazzo, desidererei parlarvi senza testimonii, e pregherei il signore di uscire per pochi istanti.
--Come le aggrada, rispose il Birecchi.
E partì, facendomi un cenno dell'occhio, che poteva tradursi: Voi fortunato! profittate della buona ventura, e, sopratutto badate di non contraddirvi!
Rimasto solo presso il letto della malata, ella, arrossendo nel viso, cominciò a balbettare alcune frasi sconnesse, indi, narratami l'origine della sua malattia, fece atto di rimuovere le coltri per mostrarmi la parte offesa.
--Fermate, signora! esclamai, arrossendo alla mia volta. è tempo che io metta un termine a cotesta finzione. Io non voglio veder nulla: non sono un medico io; il Birecchi si è permessa una celia... ed oramai sarebbe impudenza, vigliaccheria, il secondarlo d'avvantaggio. Sedotto dalla descrizione dei vostri vezzi, io mi lasciai qui condurre sperando mi accettereste a compagno di viaggio. Io vi giuro che non ebbi pensiero di profittare della vostra posizione per mire indecenti. Perdonatemi dunque il fallo involontario: io mi ritiro.
--Restate, disse la donna. Poichè il destino mi vi ha condotto dinanzi, ed io v'ho già in parte rivelati i miei mali, tant'è ch'io mi affidi interamente a voi. Sola, senza conoscenti, in un paese pressochè inabitato, è forse il cielo che a me vi manda. Più che d'un medico io avea bisogno d'un amico; e voi lo sarete per me, il cuore me lo dice!
Così parlando, la malata mi stese la mano, ed io la strinsi per rispondere al di lei voto con una promessa.
In quel punto il Birecchi bussò alla porta.
--Rimandate quel signor cavadenti, disse la donna con subito sdegno.
Apersi la porta e pregai il Birecchi di ritirarsi. Quegli si stropicciò le mani, si pose il cappello in testa, e proferì col tono di voce più grottesco un ho capito, da cui si scorgeva ch'egli aveva propriamente capito nulla. Poi, parlandomi all'orecchio:
--Spero, mi disse, che voi non le strapperete tutti i denti. Salvate qualche cosa pel povero Birecchi!
E se ne andò zuffolando.
Allora rientrai nella camera, accostai una sedia al letto della malata, ed ella mi parlò di tal guisa:
--Io son figliuola d'un ricco possidente di Ascoli. Sposai da circa sette mesi un giovane che io amava con tutto il fervore dell'anima. Mio padre, uomo burbero e di principii severi, si era opposto a quelle nozze. Spiacevangli nel mio Carlo l'orgoglioso carattere, l'indole ardente, la tenacità nei propositi, certa naturale fierezza, che a me lo rendeva accetto, e la mia mente giovanile vieppiù infiammava dell'amor suo.
?L'amore non ragiona. Le controversie che io incontrava, mi erano sprone a tentare ogni mezzo di riuscita. Pregai, piansi, posi in opera tutte le arti che ad onesta fanciulla suggerisce la passione: Carlo fu mio.
?Il giorno delle nozze si passò in feste e tripudii. Alla sera, congedati i parenti e gli amici che avevano assistito alla cerimonia, il mio sposo uscì di casa per pochi istanti. Quand'egli rientrò, il suo volto era pallido, i capegli ritti in sulla fronte, la voce tremante e convulsa.
?--Donde vieni? che ti è accaduto? gli chiesi spaventata.
?--Nulla, rispos'egli, nulla. Una facezia... uno scherzo...
?Io mi appoggiai al di lui braccio, e commossa da terrore, d'amore, da mille indistinti affetti, lo seguii nella stanza nuziale.
?Quella notte, in cui sperava dovesse aprirmisi il paradiso...?
Qui la bella Ascolana interruppe il racconto, fissandomi in volto uno sguardo scrutatore quasi esitasse di proseguire.
Dopo breve silenzio, crollò il capo mestamente, mormorando a voce bassa:
--Bisogna pure ch'io sfoghi il mio cuore; e voi mi avete l'aria d'onest'uomo...
--Signora, se voi dubitate di me, io vi prego di troncare una confessione di cui non vi ho richiesta...
--Vi par egli ch'io l'avrei cominciata, se il cuore non mi avesse prevenuta in vostro favore? Permettete soltanto che io vi taccia come la notte del mio matrimonio per me si passasse. Quella ricordanza mi empie di raccapriccio. Vi basti sapere che dove io attendeva tenere carezze, e cento delizie da lunga pezza vagheggiate, trovai le convulsioni della paura, i delirii del rimorso. Mio marito poche ore innanzi era divenuto assassino.
--Basta, o signora, diss'io rabbrividendo. Preferisco ignorare il resto d'una tale istoria.
--Poichè il mio labbro ha proferito l'accusa contro l'uomo di cui porto il nome, è necessario ascoltiate anche le sue discolpe.
--Voi potete risparmiarle; io non ammetto discolpe pegli assassini...
--Signore... vi hanno delle ragioni politiche...
--Avete voi per queste ragioni politiche sentito men vivo il ribrezzo nello stringere la sua mano grondante di sangue?
--Nella prima notte che io passai al fianco di Carlo, appena egli mi ebbe rivelato l'orribile segreto, io fui presa da ribrezzo, e mi ritrassi inorridita dall'amplesso sanguinoso. Ma quando il mio sposo mi fece suonare all'orecchio le sante parole: Italia e libertà! parole
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