L'agita, è vero, Il nemico destin, ma non l'opprime; E quando è men felice, è più sublime.
Quercia annosa su l'erte pendici Fra 'l contrasto de' venti nemici Più secura, più salda si fa.
Che se 'l verno le chiome le sfronda, Più nel suolo col piè si profonda; Forza acquista se perde beltà.
SCI. Giacchè al voler de' Fati L'opporsi è vano, ubbidirò.
COS. Scipione, Or di scegliere è tempo.
FOR. Istrutto or sei; Puoi giudicar fra noi.
SCI. Publio, si vuole Ch'una di queste Dee...
PUB. Tutto m'è noto: Eleggi a voglia tua.
SCI. Deh mi consiglia, Gran genitor.
EMI. Ti usurperebbe, o figlio, La gloria della scelta il mio consiglio.
FOR. Se brami esser felice, Scipio, non mi stancar: prendi il momento In cui t' offro il mio crin.
SCI. Ma tu che tanto Importuna mi sei, di': qual ragione Tuo seguace mi vuol? Perché degg'io Sceglier più te che l'altra?
FOR. E che farai S'io non secondo amica L'imprese tue? Sai quel ch'io posso? Io sono D'ogni mal, d'ogni bene L'arbitra colaggiù. Questa è la mano Che sparge a suo talento e gioie e pene, Ed oltraggi ed onori, E miserie e tesori. Io son colei Che fabbrica, che strugge, Che rinnova gl'imperi. Io, se mi piace, In soglio una capanna; io, quando voglio, Cangio in capanna un soglio. A me soggetti Sono i turbini in cielo, Son le tempeste in mar. Delle battaglie Io regolo il destin. Se fausta io sono, Dalle perdite istesse Fo germogliar le palme; e s'io m'adiro, Svelgo di man gli allori Sul compir la vittoria ai vincitori. Che più? Dal regno mio Non va esente il valore, Non la virtù; che, quando vuol la Sorte, Sembra forte il più vil, vile il più forte; E a dispetto d'Astrea La colpa è giusta, e l'innocenza è rea.
A chi serena io miro, Chiaro è di notte il cielo; Torna per lui nel gelo La terra a germogliar.
Ma se a taluno io giro Torbido il guardo e fosco, Fronde gli niega il bosco, Onde non trova in mar.
SCI. E a sì enorme possanza Chi si opponga non v'è?
COS. Sì, la Costanza. Io, Scipio, io sol prescrivo Limiti e leggi al suo temuto impero. Dove son io non giunge L'instabile a regnar: chè in faccia mia Non han luce i suoi doni, Nè orror le sue minacce. è ver che oltraggio Soffron talor da lei Il valor, la virtù; ma le bell'opre, Vindice de' miei torti, il tempo scopre. Son io, non è costei, Che conservò gl'imperi; e gli avi tuoi, La tua Roma lo sa. Crolla ristretta Da Brenno, è ver, la libertà Latina Nell'angusto Tarpeo, ma non ruina. Dell'Aufido alle sponde Si vede, è ver, miseramente intorno Tutta perir la gioventù guerriera Il Console Romano, ma non dispera. Annibale s'affretta Di Roma ad ottener l'ultimo vanto, E co' vessilli suoi quasi l'adombra; Ma trova in Roma intanto Prezzo il terren che il vincitore ingombra. Son mie prove sì belle; e a queste prove Non resiste Fortuna. Ella si stanca; E al fin cangiando aspetto, Mia suddita diventa a suo dispetto.
Biancheggia in mar lo scoglio, Par che vacilli e pare Che lo sommerga il mare Fatto maggior di sè.
Ma dura a tanto orgoglio Quel combattuto sasso; E 'l mar tranquillo e basso Poi gli lambisce il piè.
SCI. Non più: bella Costanza, Guidami dove vuoi. D'altri non curo: Eccomi tuo seguace.
FOR. E i doni miei?
SCI. Non bramo e non ricuso.
FOR. E il mio furore?
SCI. Non sfido e non pavento.
FOR. In van potresti, Scipio, pentirti un dì. Guardami in viso: Pensaci, e poi decidi.
SCI. Ho già deciso.
Di' che sei l'arbitra Del mondo intero, Ma non pretendere Perciò l'impero D'un'alma intrepida, D'un nobil cor.
Te vili adorino, Nume tiranno, Quei che non prezzano, Quei che non hanno Che il basso merito Del tuo favor.
FOR. E v'è mortal che ardisca Negarmi i voti suoi? che il favor mio Non procuri ottener?
SCI. Sì, vi son io.
FOR. E ben, provami avversa. Olà, venite, Orribili disastri, atre sventure, Ministre del mio sdegno: Quell'audace opprimete; io vel consegno.
SCI. Stelle, che fia! Qual sanguinosa luce! Che nembi! che tempeste! Che tenebre son queste! Ah qual rimbomba Per le sconvolte sfere Terribile fragor! Cento saette Mi striscian fra le chiome, e par che tutto Vada sossopra il ciel. No, non pavento, Empia Fortuna: invan minacci; in vano, Perfida, ingiusta Dea... Ma chi mi scuote? Con chi parlo? Ove son? Di Massinissa Questo è pur il soggiorno. E Publio? e il padre? E gli astri? e 'l cielo? Tutto sparì. Fu sogno Tutto ciò ch'io mirai? No, la Costanza Sogno non fu: meco rimase. Io sento Il Nume suo che mi riempie il petto. V'intendo, amici Dei: l'augurio accetto.
LICENZA.
Non è Scipio, o Signore, (Ah chi potrebbe Mentir dinanzi a te!) non è l'oggetto Scipio de' versi miei. Di te ragiono Quando parlo di lui. Quel nome illustre
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