tutti i suoi giovani rivali. Vi ho già detto che era figlio d'un fuoruscito
fiorentino. Luca Spinelli esercitava un'arte, a Firenze, e ci aveva anche
quattro sassi al sole; ma l'arte era nulla, senza clientela, e di quei
quattro sassi gliene avevano fatto vento i Guelfi, dopo averlo sbandito
dalla città. Non dissimilmente avrebbero adoperato i Ghibellini, se a
loro fosse toccato di poter bandire i Guelfi; non c'era dunque da gridare
all'ingiustizia. A quei tempi si usava così. Oggi, la Dio grazia, abbiamo
un pochettino di progresso, e certe cose non si fanno più; ci si restringe
a desiderarle.
Ma se Spinello non era ricco, aveva tuttavia una gran forza per sè; era
giovine e innamorato morto. Madonna Fiordalisa era la figlia d'un
pittore. Vedete come il destino aveva disposte le fila! Anche lui era un
pittore, o almeno poteva diventarlo; poichè l'inclinazione c'era, ed
anche una certa pratica naturale. Fino allora, egli aveva disegnato per
capriccio: da quel giorno incominciò a disegnare per passione. Si fa
così bene quel che si fa, quando si pensa ad una bella donna! Sopra
tutto, poi, quando si capisce che é l'unica via per giungere a lei!
Mastro Jacopo lavorava allora nella chiesa di San Domenico, e più
propriamente in una parte della chiesa, cioè a dire nella cappella di San
Cristofano, ritraendovi al naturale il beato Masuolo, profeta minimo, il
quale, ne' suoi tempi, predisse molte disavventure agli Aretini. L'opera
gli era commessa da un mercante de' Fei, che aveva molto a lodarsi del
Santo, per esserne stato liberato dal carcere. E mastro Jacopo aveva per
l'appunto rappresentato il Santo nell'atto di fare quel miracolo, che oggi
si farebbe con uno sbruffo ai guardiani, o con un buco nel muro.
Spinello, come potete argomentare, andò in San Domenico, incominciò
a piantarsi davanti alla cappella di San Cristofano e diventò un grande
ammiratore dei miracoli del beato Masuolo, o almeno di quel tanto che
se ne poteva scorgere attraverso le commessure del tavolato. Mastro
Jacopo non tardò ad avvedersi di quella curiosità e chiese al giovanotto
se per caso volesse vedere l'affresco prima del mercante, che gli aveva
data la commissione.
--Maisì, messere;--rispose Spinello, facendosi un coraggio pari alla
gravità del caso.--Il mercante vi pagherà l'opera vostra una volta sola;
io l'ammirerò quante volte vi piacerà di lasciarmela vedere prima d'ogni
altro.
--Ecco una ragione che mi capacita;--disse mastro Jacopo, facendo
bocca da ridere.--Ma ti piacerà poi da senno, il mio beato Masuolo?
Vieni sul ponte e sia come ti pare.--
Spinello non se lo fece dire due volte; salì sul ponte, osservò la
composizione e rimase a bocca aperta, com'era naturale che facesse, e
per la bontà intrinseca del dipinto e per il desiderio che aveva di entrare
nella grazia dell'artefice.
--Per caso,--gli disse mastro Jacopo a un tratto;--anche tu saresti pittore.
--Mainò, messere;--rispose Spinello, chinando umilmente la
fronte;--ma sarei felice di diventarlo, sotto la vostra disciplina.
--Perchè no? Vediamo anzi tutto che cosa sai fare. Un O, come Giotto?
Una linea come Apelle?
--Ohimè, maestro, assai meno. Disegno alla meglio, o alla peggio,
come vi parrà meglio, senza ombra di studio.
--Bene! To' i pennelli e la sinopia;--gli disse mastro Jacopo.--Vai là, al
muro, dove non è ancora stata messa la calce fresca, e segna un
contorno.--
Spinello non domandava altro. Ma, per sicuro che fosse di non far
troppo male, non poteva difendersi da un certo rimescolamento,
dovendo operare così sotto gli occhi del maestro. Se gli fosse riuscito di
far bene alla prima, che fortuna! Basta, il giovinotto pensò a madonna
Fiordalisa, afferrò il pennello, lo intinse nel vaso e si mise all'opera,
tratteggiando sulla parete una mezza figura di San Giovanni. L'aveva
attaccata alla brava e la tirò via alla lesta, per non aversi a pentire, e
perchè il pennello non avesse a tremargli fra le dita.
Mastro Jacopo stette zitto, sulle prime, a vederlo lavorare: poi, come gli
balzò davanti agli occhi la figura abbozzata, borbottò un cenno
d'approvazione.
Spinello si era dimostrato valente ed accorto. Valente, perchè il suo
disegno era buonino; accorto, perchè quella mezza figura era una copia
fatta a memoria, d'un San Giovanni che mastro Jacopo aveva dipinto
qualche mese innanzi in San Bartolomeo, nella cappella di Santa Maria
della Neve.
--Ah, ah!--disse mastro Jacopo, a cui si spianavano in fronte le rughe,
accumulate pur dianzi nella arcigna severità del suo atteggiamento di
giudice.--Tu studi l'arte nuova, giovinotto.
--Maisì, maestro. Ed è la buona, mi pare.
--Eh, sì e no. Bisognerebbe, ad esempio, saper scegliere un po' meglio
tra nuovi e nuovi. Giotto di Bondone è un gran maestro, e Taddeo
Gaddi gli si stringe ai panni. Ti consiglio d'imitare questi due. L'altro,
da cui t'è piaciuto di copiare, è un artista da dozzina, il quale non si
raccomanda che per un poco di
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