anche l'anima sua
avesse un tal velo, un tal segreto. Ma era libera? Mi potrebbe amare?
Questo era il dubbio nuovo e l'affanno. Mi succedeva come quando
immagino una composizione artistica e me ne innamoro nella fantasia,
che poi trovandomi la penna in mano e un foglio bianco davanti, mi
assalgono mille dubbi e scoramenti.
La rividi più tardi sotto gl'ippocastani dove stava sola, leggendo. Io
guardavo, a due passi da lei, con l'eccellente cannocchiale dell'albergo,
ora le torri del mio scoglio, ora gl'imi paeselli, ora un vapore che
pareva immobile sull'acqua verde, ora la città di Lugano, dove si
potevano distinguere le persona sui quais. Guardavo solo per starle
vicino, pensando sempre come le potrei parlare. Ella chiuse un
momento il libro. Allora le offersi, stavolta in italiano, d'indicarle il
posto ov'era affondata la barca di sabbia. Accettò molto cortesemente e,
posato il libro, si alzò, venne alla ringhiera che cinge quella specie di
bastione coronato dagli ippocastani. Osservai che il suo passo era un
poco incerto; che la sua gamba sinistra era un poco intorpidita. Forse
anche il braccio sinistro non aveva il vigore dell'altro. Me ne sentii a un
tratto il cuore tanto più tenero per lei; e non voglio cercare perchè me
ne sia venuta insieme una gioia di speranza. Ella intese prontamente
che conoscevo i luoghi, e aveva incominciato a domandarmi nomi di
paesi e di montagne, quando un cameriere dell'albergo venne a dirle:
--Il signore La desidera subito.
Trasalii. Sul suo viso passò, malgrado lei, un'ombra fugace di
malcontento, e poi, quando se n'avvide, un lieve rossore. Si scusò con
una parola gentile e partì, lasciandomi più felice e più turbato che non
posso dire. Il signore! Chi era questo signore? Qualche cosa
d'indefinibile nell'aspetto, nei modi di lei, l'anello, i pendenti di piccoli
brillanti, mi lasciavano poca speranza che fosse libera.
Aveva dimenticato lì il suo libro. Vidi con molta meraviglia le poesie
di Leopardi. Sul frontespizio era scritto per isbieco questo nome:
Violet Yves
Sperai che ritornasse, ma invece venne il cameriere a prendere il libro.
Seppi da lui che la signora era arrivata da una settimana con suo marito
e che questi si era ammalato subito. Però stava già meglio. Benchè mi
aspettassi la parola «suo marito,» n'ebbi un colpo di dolore. Mi
mancarono la voglia e la forza di fare a colui altre domande.
Mi tenevo sicuro, nella mia fervida fantasia, che la signora Yves non
fosse felice. La sua pronta cortesia verso di me; la compiacenza quasi
evidente con la quale si era trattenuta meco, mi dicevano che non era
innamorata d'alcuno. Ciò temperava la mia amarezza. Avrei voluto
sapere l'età e l'aspetto di questo marito, ma tuttavia mi astenni dal
chiederne, non tanto per timore di tradirmi quanto perchè mi pareva,
con tali domande, di offender lei e di abbassare me.
Ella non discese a pranzo. Alla sera si fece musica. Io andavo e venivo
dalla sala aspettandomi ad ogni momento di vederla comparire. Non
venne; verso le dieci me n'andai sconfortato a sedere sotto
gl'ippocastani. Era una notte incantevole; e la luna, sorgendo alle nostre
spalle, lasciava nell'ombra noi, il pendio ruinoso della montagna fino al
fondo, una curva lista di lago lungo le prode; al di là, tutto, dall'acque al
cielo, dalle prossime guglie di levante alle nevi remote di ponente,
luceva in una luce d'argento. Mi affacciai alla ringhiera sospirando.
--Molto bello, non è vero?
Mi sfuggì un'esclamazione di sorpresa. Era la signora Yves che aveva
detto così, a pochi passi da me.
--Lei?--dissi.
Forse vi era nella mia voce troppo più senso che nella mia parola. Ella
non rispose.
--È troppo bello qui--soggiunsi.--Fa persino male.
Essa lasciò cadere anche questa frase.
--Stamattina--disse--volevo domandarle il nome di quello scoglio là in
faccia che mi piace tanto.
--Non lo so--risposi.--Non credo che abbia nome.
Dopo brevi momenti di silenzio la dolce voce riprese più sommessa,
quasi timida:--Dovrebbe mettergli un nome Lei ch'è poeta.
--Lei lo sa?--esclamai.--Lei mi conosce?
--Sì signore--rispose.--Ho letto una sua novella in versi, Luisa.
--Ha letto Luisa?
Tacemmo ambedue per un buon tratto.
Una profonda, deliziosa commozione impediva a me di parlare; ed ella
era rimasta sorpresa di sentir così commossa la mia voce.
--Vede che lo conosco molto--riprese finalmente.--Luisa mi ha fatto
pianger tanto. Non potevo credere che l'autore fosse un uomo. Ho
saputo oggi da un signore italiano ch'era proprio Lei. Credevo che fosse
una fanciulla, una Luisa. Oh come desideravo di conoscerla!
--Anch'io desideravo di conoscer Lei.
Queste parole mi sfuggirono e tacqui subito. Non sapevo se dovessi
spiegarle; intanto ella osservò che era tardi e si ritirò. Qualche cosa nel
suo saluto mi fece male e passai una notte inquietissima, pensando
ch'ella mi era stata molto vicina per un momento e che poi si era
allontanata da me. Certo aveva trovate stupide
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