Il libro delle figurazioni ideali | Page 2

Gianpietro Lucini
dei Naviganti, dei Poeti, delli Astrologi, tale la critica spietata e crudele e l'irrisione della Chimera; tale il vano galoppo e la vana domanda della Fantasima.--Ora congiungere e conciliare la ragione colli atti passionali--cosa astrusa e difficile--sarebbe attingere la mèta della perfettibilità umana.--A questa mèta tende l'uomo--ma sempre, davanti alli ostacoli ch'egli stesso, la materia e li altri frappongono--cade. Donde sconforto e disperazione.--Non in tutti però:
Il tempo alacre corre,?seguendo i Precursori,
fermo e senza timori.
Altre Forme l'ardente
raggio incita al morente
crepuscolo...........
altre menti, altri cuori,
altri canti, altri fiori
sacri al rinnovamento!
III.
V'hanno ingegni nervosi che ritraggono dal lungo studio una velenosa punta di sarcasmo; v'hanno individui anormali, nevrastenici--che di tutto e di tutti hanno ira e disprezzo.--Chi vegga per la prima volta Gian Pietro Lucini, ed attentamente ne osservi il fondo occhio grigio e il sardonico sorriso, e ne ascolti il parlar breve, a scatti, la parola incisiva e sdegnosa,--deve per certo ripensare a quegli ingegni, a quegli individui ai quali pur ora accennai.--Ebbene: il Libro delle Figurazioni ideali è una splendida smentita a sentimento siffatto, è un trionfo della materia pensante su tutto un?organismo,--è il canto dello entusiasmo che soffoca ogni bassa passione.--E il verso procede luminoso e squillante alla libertà, alla redenzione dell'uomo, della donna, dell'amore.
Tremezzo, il XVIIj di Marzo del MDCCCLXXXXIIIj.
R. Q.
_Monsieur le Lieutenant de Police: ?Comment, je gouverne?dispotiquement quinze-cent filles et je ne contraindrais pas Neuf Muses qui pourront rassembler pour tant à des filles, car elles se prostituent à tout le monde?_
Mon oncle THOMAS.
_Ce sont ici les p?etes, c'est-à-dire ces auteurs dont le métier est de mettre des entraves au bon sens et d'accabler la raison sous les agréments, comme on ensevelissait autrefois les femmes sous leurs ornements et leurs parures._
MONTESQUIEU. Lettres Persanes.
I.
E costoro diranno:
?Di quest'arte noi sappiamo il recipe, e di queste idee non ascendiamo pei raggi della luna alla luna, nella notte, per raggiungerle colà; ma, come il villano della novella, noi le peschiamo invece qui, nello stagno, collo staccio e colla luna riflessa. Che se l'usare di nomi astratti e lo scriverli con tanto di majuscola, come la divinità, vuol dire dar una forma concreta ad un sentimento o ad una virtù: che se le virtù vogliono significare forze umane: che se anche queste forze e questi attributi si materiano in personaggi d'altri tempi, in miti d'altri paesi, in favole d'altre imaginazioni, la fatica è breve ed il profitto nullo: e racimolando tra i classici e tra i romantici, e seguendo la lingua forbita e luccicante dei secentisti, e scovando rancidumi poetici e fuor di moda, condendo il tutto colla indecisione di un pazzo ispirato, rivolgendosi sempre a quell'infinito che all'uomo non esiste per altro, che per la debolezza dei mezzi pratici e per la piccolezza dell'ingegno, davanti alla maestà del mondo: così credereste di poetare a stupor del pubblico, però che nè il pubblico, nè la critica vorrà prendersi in pace tale beveraggio disgustoso ed indigesto e lo porrà tra quelle anfore e tra quei caratelli quali ingombravano già le officine dei nostri alchimisti nel buon tempo andato dell'ignoranza: anfore e caratelli cui la chiara aqua fontis empiva, rancida forse dalli anni e pure ben tappata, non altro; e che portavano insegne e leggende sopra ad atterrire, come: _Elixir di lunga vita: aqua tophana: aurum liquidum: sciroppo di Veronica e di prosperità_, ed altre simili straordinarie sciocchezze. Che se pure l'idea vagola blandula e sfugge alla critica, nè sa dir ciò che voglia esprimere, e si nasconde nelle anfrattuosità di un giro vizioso o nelle ambagi di un eloquio che ripugna alla ragione e non ha nesso e non ha sostanza e brilla e spare nel medesimo tempo, come una stella in una notte tempestosa, sotto le nubi, allo spirar dei venti: e codesta idea è l'idea simbolica, essa è la primordiale, essa è il cardine ed il polo dell'opera e la emanazione dell'anima umana sorella allo spirito del mondo: così gabbano l'insufficienza per preveggenza, l'oscurità per ispirazione, l'impotenza per lavoro astruso e difficile di ragionamento, il nulla per intelligenza e dottrina. Nè il pubblico, nè la critica vorranno prendersi tanta roba per quella che vien mostrata, ma più tosto per quanto sia, e farà giustizia. E farà bene.? Or dunque costoro diranno così e non avranno torto: ed in fronte ci bolleranno di quel marchio che noi stessi ci siamo fabricati e vi stamperanno a lettere arroventate: Decadenza.
II.
Ma il punto sta nel vedere dove in verità esiste decadenza: o in noi o nelli altri o in nessuno? E però sgraziatamente ci siamo detti decadenti e, non essendolo forse, resteremo.
Decadenti però non in quanto all'opera, ma in quanto alla vita: decadenti, perchè ogni cosa che ne circonda, scienza, religione, forma politica, economia, si tramutano, nè il tramutarsi è senza una fine, nè la fine è senza una morte od una rovina: nè senza morte e putredine
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