Il fallo duna donna onesta | Page 9

Enrico Castelnuovo
appena arrivo... Io, di
là, o da quel luogo qualunque dove si poggiasse prima, ti manderò un
fascicolo.
Ella lo interrogò con lo sguardo.
--Sì... perchè a bordo io ti scriverò ogni giorno... per impostar tutto in
una volta.
Una voce intima diceva alla Teresa che quegli ardori sarebbero presto
sbolliti, che la loro corrispondenza sarebbe durata ben poco; pure non
replicò nulla. Egli era sincero allora; perchè affliggerlo? Richiamò
invece l'attenzione di lui sulle fotografie che egli non aveva ancora
viste.
--Oh belle, belle!--egli esclamò ammirandole entrambe e non
decidendosi a scegliere.
--Non ti pare che questa renda meglio l'espressione della mia
fisonomia?--chiese la Valdengo accennando a quella che la
rappresentava seduta, col gomito appoggiato a un tavolino, con una
guancia appoggiata alla mano.
--Forse... Ma la tua persona svelta, flessuosa spicca meglio nell'altra.
--Ti spedirò quella che preferisci.
--Spedire?
--Sì; queste non sono che le prove.
--Che importa? Già non hai da mostrarle a nessuno... E non ne hai

punto bisogno per ordinare quante copie vuoi... Le prendo tutt'e due.
--No, Guido, è inutile. Che ne faresti di tutt'e due?
--O che ti deve pesare a lasciarmele? Di qui a una settimana potrai
distribuirne a dozzine.... potrai beneficarne gli amici lontani.... Adesso
voglio averti io sola, anche in effigie.
Egli era esclusivo, dispotico, egoisticamente geloso degli amici lontani
(l'allusione a Vergalli era chiara), ma alla Teresa non reggeva l'animo
di avvelenar coi contrasti l'ultime ore ch'ella e Guido sarebbero rimasti
insieme; e cedette.
L'ufficiale, dopo ch'ebbe riposta in una tasca interna del soprabito la
busta con le fotografie, le cinse con un braccio la vita, le sfiorò con le
labbra i capelli e le susurrò nell'orecchio un'altra promessa ch'era tempo
di mantenere.
--Domani dalle dieci fino a mezzanotte son libero... Alle undici del
mattino ti aspetto da me.
Ella, imporporandosi il viso, lo guardò supplichevole.----Ci tieni tanto?
La fronte di Reana s'annuvolò.----Non rammenti la parola che m'hai
data?
--Sì, t'ho dato la parola di tornar da te prima che tu partissi.
--Dunque... Parto doman l'altro...
--Non è lo stesso il venir a casa mia?
--No che non è lo stesso... Già non mi permetteresti di rimaner tutta la
giornata e io ti voglio per tutta la giornata... E poi... sei curiosa... Tanti
casi perchè il giorno che fosti da me hai trovato quell'imbecille di
marinaio!... Domani, te lo giuro, non troverai nessuno... Saremo noi
due soli... ben più soli che qui, ove si sta sempre in sospetto... Perchè,
in fine, credi che la tua gente di servizio non capisca nulla?

La Teresa chinò la fronte vergognosa. Ella sentiva che Guido aveva
ragione, ch'era ingenuo il sopporre che la servitù non avesse scoperto i
loro amori, non avesse origliato agli usci, commentato con plebea
volgarità la frequenza e la lunghezza dei loro ritrovi; e cionullostante
provava una ripugnanza invincibile a compiacere di Reana che avrebbe
voluto farle accettare gli appuntamenti nel suo quartierino
ammobigliato o in altro luogo fissato da lui... Fin che restava nella
propria casa le pareva che la caduta fosse meno profonda ed ignobile...
Pure, con un grande sforzo, da Guido era stata una volta e s'era lasciata
strappar quella promessa di ritornarvi da cui ora tentava invano di
esimersi.
--No--insisteva il sottotenente--non devi per un puntiglio guastar tutto il
bene che m'hai fatto... Non devi costringermi a dubitare del tuo grande
amore.
--Ma, Guido... t'ho negato nulla?--ella disse.--Ti nego nulla?
--Avrò torto, ma ne dubiterei--egli riprese.--Sono tanto triste all'idea di
abbandonarti che non riesco ad intendere come tu voglia amareggiarmi
di più.--E proseguì carezzevole, insinuante:--Vedi, Teresa, ho preparato
tutto... Alle undici tu fai colazione con me... servita da me... giudicherai
tu stessa se so servir bene, se so apparecchiar bene la tavola... Fammi
quest'ultima grazia... Non aver paura, Teresa... te lo giuro che saremo
soli in tutto l'appartamento... I padroni stanno di sopra... il capitano del
genio che aveva una camera vicina alla mia è in licenza... Vieni, vieni.
Sebbene commossa, ella non aveva ancora risposto di sì quando suonò
il campanello di strada.
Erano così avvezzi a non esser disturbati la sera che balzarono tutti e
due in piedi esprimendo in forma quasi identica lo stesso pensiero.
--Chi sarà?--egli disse.--Non ricevere.
Ed ella:
--Chi può essere?... Già non ricevo.--E uscì per dar gli ordini alla

cameriera.
Ma questa che aveva guardato dalla finestra le riferì ch'era suo zio il
console...
A lui ella non poteva far dire che non riceveva; non poteva nemmeno
far dire ch'era malata; col pretesto della parentela egli sarebbe stato
capacissimo di andarle in camera da letto. E ordinò di lasciarlo passare.
Ma fin ch'egli saliva le scale ella ebbe tempo di calmar le furie di
Guido.
--Bisogna rassegnarsi... Non posso licenziarlo come un estraneo... Era
in campagna... Forse vorrà qualche cosa... E potrebb'esser che si
spicciasse subito... Ma ho paura... Tu resta
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