Il fallo duna donna onesta | Page 7

Enrico Castelnuovo
ch'egli avrebbe provato quando gli fosse nota tutta la verità. Intanto doveva sforzarsi a scrivergli disinvolta senza schivar di nominargli di Reana (che sarebbe stata un'affettazione contraria allo scopo) ma nominandoglielo poco e soffermandosi di preferenza a discorrer di cose indifferenti: dei restauri della sua villa che procedevano in modo da lasciarle speranza di passarvi una quindicina di giorni in novembre; della stagione ch'era un incanto e che rendeva assai meno triste l'ottobre solitario di Venezia; delle notizie ch'ell'aveva di qualche conoscente comune, ecc. ecc. Mostrava poi d'interessarsi grandemente a ciò che Vergalli raccontava di sè e dei suoi viaggi, e si faceva una festa all'idea di riparlarne con lui nelle loro tranquille serate d'inverno, quando si bisticciavano spesso a proposito d'arte, di musica, di letteratura...
Ahi quante volte, mentr'ella scriveva in tal modo, quante volte era tentata di stracciare il foglio, di mutar tuono e di dire al conte Mario: ?V'ingannate facendo assegnamento sulla mia saviezza. V'ingannate credendomi incapace di cedere ad impeti irriflessivi. La Teresa Valdengo che volevate per vostra moglie oggi non sarebbe più degna di portare il vostro nome, nè voi osereste più offrirglielo. Ella non ha più diritto d'aspettarsi da voi se non l'indulgenza che s'accorda ai colpevoli sventurati.?
Non lo diceva; troppo le ripugnava una confessione che avrebbe precipitato il ritorno del Vergalli, che lo avrebbe forse messo di fronte a di Reana: ma come le costava il mentire; ma che fatica era per lei il riempir quelle quattro paginette, che, durante altre assenze di Mario, ell'aveva riempite con tanta facilità! E come le si leggevano in viso le traccie della lotta combattuta con sè medesima!
--O hai ricevuto una epistola del tuo Mentore, o gli hai scritto--le diceva di Reana. E fremeva, pur non osando, dopo il rabbuffo avuto, insistere per conoscere il tenore di queste corrispondenze. Fu la Teresa stessa che un giorno, sorpresa da lui nel punto che stava per chiudere una lettera destinata al conte, la tirò fuori spontaneamente dalla busta e gliela diede fra le mani.
--Tu permetti... davvero?--chiese Guido non credendo a sè stesso.
--Sì...
Egli scorse rapidamente il foglio e parve rasserenarsi.
--Gli dai del voi?
--Non c'è nulla di singolare, con un amico di quindici anni.
--Oh, no certamente... E anch'egli ti dà del voi?
--Anch'egli... Perchè mi darebbe del lei?
--Avevo paura...
--Di che cosa?
--Che con la scusa di esser molto più anziano di te e di averti conosciuta appena maritata...
--Ebbene?
--Ti trattasse con confidenza ancora maggiore;... ti desse del tu insomma.
Ell'aperse la scrivania e ne tirò fuori a caso una lettera, porgendola a Guido che sulle prime finse di non volerla.
--Leggi--ella intimò.--Tanto fa...
Egli esitava ancora.
--Leggi--ripetè la Teresa.
--Pur che tu non mi tenga il broncio.
Ella fece un gesto d'impazienza.--Dal momento ch'io stessa ti dico di leggere...
--Allora... ubbidisco.
La Teresa chinò la testa in segno affermativo, mentre un sorriso leggermente ironico le sfiorava le labbra.
Nel restituirle il foglio, l'ufficiale fece atto di piegare il ginocchio e susurrò:--Perdono.
Ella si strinse nelle spalle. Poteva dire d'averla intesa quella parola nel poco tempo dacchè conosceva Guido di Reana; poteva dire d'averglielo accordato questo perdono! E si tornava sempre da capo!--L'amore è fatto così--era la scusa di Guido. Ella sospirava. Amare è dunque la stessa cosa che tormentare?

V.
Da più giorni il Cristoforo Colombo era ancorato nel bacino di San Marco. La Teresa sentiva gli squilli della tromba sonante la diana al mattino e la ritirata la sera, vedeva, affacciandosi alla finestra, la nave candida galleggiar sull'acqua tranquilla, vedeva issare e calar la bandiera, e i marinai, agili come scoiattoli, salir sui pennoni, e l'ufficiale di guardia, con le mani intrecciate dietro la schiena, camminar su e giù per la coperta. Col cannocchiale le sarebbe stato facile distinguer le fisonomie. Guido di Reana le aveva proposto un sistema di segnali per conversare insieme nell'ora in cui egli era a bordo; ella non volle; non volle nemmeno visitare il bastimento. Confessò che quella mole bianca le destava un terrore superstizioso, confessò che l'odiava. O forse il suo rifiuto aveva una ragione più semplice. Le ripugnava esporsi ai commenti dei compagni di Guido, che senza dubbio avevano scoperto l'intrigo galante del loro amico.
Comunque sia, era vero ch'ella odiava il Cristoforo Colombo, ma non l'odiava perchè tra poco le avrebbe portato via il suo amante. Per quanto ella tentasse giustificare ai propri occhi l'onta della sua caduta con la scusa della passione, ella non poteva sperare, non poteva nemmeno augurarsi che questo stato di cose durasse a lungo. Che Guido di Reana partisse presto, che partisse per lidi remoti era forse il meglio che potesse succedere. Ma il Colombo rappresentava per lei una di quelle fatalità della vita contro cui si ribellano gli spiriti logici, positivi, nemici dell'imprevisto. La Teresa Valdengo pensava che se quel bastimento, anzichè salpare da Venezia pel suo viaggio di circumnavigazione, fosse salpato da Genova, da Napoli, dalla Spezia, da Taranto, ella, secondo ogni
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