Il Sacro Macello di Valtellina | Page 9

Cesare Cantú
a Chiavenna; e vi costituì una chiesa separata ove s'insegnava che l'anima finisce col corpo, che soli i giusti risorgeranno ma con corpo diverso, che niuna legge naturale impone cosa fare od ommettere, che il decalogo è inutile a coloro che credono, lor legge essendo lo spirito, che il battesimo e la cena son semplici segni di avvenimenti passati, e non portano alcuna grazia particolare o promessa. Il Mainardo tentò correggerlo, e stese una confessione di fede che ne riprovava gli errori, ma esso gli rispose violentemente, incoraggiato dal Negri e dallo Stancari. Benché il sinodo grigione del 1547 lo condannasse al silenzio, continuò e infine il concistoro di Chiavenna lo dichiarò scomunicato. Adopravano cioè le armi dell'autorità, quelli che l'autorità impugnavano. Camillo è dato dai contemporanei come maestro di Lelio Socino, il quale in fatto molto il frequentò a Chiavenna. I suoi seguaci procurarono che per gl'Italiani riformati si stabilisse un sinodo di qua dei monti, senza dover condursi a quelli fra i Grigioni, paese lontano, di lingua diversa, e dove si tolleravano alcuni riti cattolici, di qui ripudiati. Ma si conobbe ch'era arte per prevalere dove minor fosse il numero, e che pericolerebbero le chiese cisalpine col disunirsi dalle retiche.
Anche Michelangelo Florio ministro a Solio, e Gerolamo Torriano a Piuro variarono intorno all'espiazione. Luigi Fieri bolognese a Chiavenna impugnò la divinità di Cristo, onde fu scomunicato nel sinodo del 1561. E poiché gli Antitrinitarii erano perseguitati in Isvizzera, molti vennero in Valtellina, fra cui Camillo Socino, Marcello Squarcialupo medico di Piombino, Niccolò Camulio, ricco negoziante, che col Torriano suddetto e con Bartolommeo Silvio ministro di Traona predicavano nel loro senso, finché il sinodo del 1571 li sbandì. Il qual sinodo approvò il diritto dei magistrati di riprovare l'eresia. Anche l'Alciati e il Biandrata nel 1579 furono esclusi per sempre.
Adunque si comincia col titolo di riforma, e presto si giunge alla rivoluzione. I rivoluzionari impugnano tutto il passato e vogliono stabilir un avvenire, ma tosto sorgono altri, per cui quei primi motori son gente attardata, son retrivi, son tiranni e alla loro volta sono sopravanzati da altri, che non trattano più di riformare ma di abolire, non negano solo il papa, ma Cristo. I primi novatori invocano allora l'autorità dei libri santi, impongono simboli nuovi, dopo aboliti i vecchi. Chi non crede chiamano eretico, e se non basta scomunicarlo il fan passibile di pene temporali. E tutto ciò nel giro di pochi anni.
Non occorre aggiungere che i titoli di anabattista e d'ariano erano regalati a questo o a quello dei riformati per puro pretesto d'ingiuria e scredito, come erano ripicchiati quei di papista e di frate, pascolo troppo consueto dei partiti: chi nutriva rancore con un altro lo tacciava d'eretico e traditore e spione, e il volgo ignorante e dotto credeva, come fa sempre, alle ingiurie generiche. Oltre che ai rifuggiti d'ogni fazione suole mescolarsi una ciurma miserabile e intrigante, che tutte le fazioni disonora e ruina.

CAPO II
Protestanti nei baliaggi Svizzeri--Sono cacciati--Premure dei Cattolici--Concilio di Trento--I Borromei--Impresa del Tettone--Calendario gregoriano.
Questi predicavano adunque ai popoli della Valtellina (sotto tal nome abbraccio anche gli annessi contadi di Bormio e Chiavenna) le nuove dottrine. Sul principio, come suole, aborrite da un popolo cui volevano togliere i suoi santi e le sue reliquie, indi per curiosità ascoltate, poi discusse. E giacché i nuovi teologanti, oltre aver l'avvantaggio di chi attacca, s'erano di proposito addentrati nelle dottrine loro, mentre i più di quei preti erano rozzi delle cose dell'anima ed avvezzi a credere senza tanto esame, molti vennero a seguirli, quali perché vedevano veramente come i protestanti, quali per l'allettamento proprio d'ogni novità, quali perché recatesi a noja le austere discipline, amavano meglio vivere come ne tornava in piacere alla lor carne. Alcuni allora per cieca sommessione, per riverenza servile, per adulazione. Imperocché i signori grigioni, dei quali la parte maggiore si era scossa dall'ubbidienza alla sede romana, non solo diedero alla Valtellina libero esercizio del culto evangelico, ma favorivano chiunque con loro credesse. Era tutt'uno l'abbracciar la riforma ed essere dichiarato uomo delle Tre leghe, aver privilegi, cariche, esenzioni. Né poche famiglie apostatarono: i Lazzaroni, i Besta, i Paravicino Cappelli, i Marlianici, i Malacrida, l'arciprete di Mazzo, i Guarinoni, i Sebregondi, i Piatti ed altri di primo conto, dietro cui, come suole, traeva il popolo imitatore. Se vogliamo aver fede al Magnocavallo(21), di 100.000 abitanti ben 4.000 avevano volte le spalle all'ovile romano.
Né in minor frangente stava la fede nei paesi italiani sottoposti agli Svizzeri. Quanto presto vi entrassero le dottrine d'oltremonti ce ne fa chiari una lettera, che fin dal 15 dicembre del 1526 Baldassare Fontana carmelitano di Locarno dirigeva alle chiese evangeliche della Svizzera "fedeli di Gesù Cristo" perché pensassero al Lazzaro del Vangelo che bramava nutrirsi delle briciole cadute dalla mensa del Signore. E quindi volessero, alle lagrime ed alle
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