Il Sacro Macello di Valtellina | Page 6

Cesare Cantú
fu ascoltata se non quando minacciò confiscar i beni dei
Domenicani in Morbegno.
Le due Engadine e la Pregalia devono ai rifuggiti italiani la loro riforma,
talché divenne prevalente il numero dei protestanti(13), e più facile il
propagarsi nella confinante Valtellina.
Giulio da Milano, prete secolare, predicò nell'Engadina inferiore e
fondò a Poschiavo una chiesa, di cui per trent'anni fu pastore (1571). E
lì attorno le chiese di Brusio, Ponteilla, Prada, Meschin, Piuro: ed ebbe
successore Cesare Gaffuri francescano di Piacenza.
Un Parravicini valtellinese fondò una chiesa privata a Caspano nel
1546: ma essendosi trovato un crocifisso fatto a pezzi, il popolo in
furore arrestò lui, che al tormento si confessò reo di tal sacrilegio: ma a
Coira protestò aver confessato solo per lo spasimo, e se ne accertò
autore uno studente.
A Chiavenna che, dopo che si era data ai Grigioni era cresciuta del
doppio, fece lunga dimora Girolamo Zanchi, canonico regolare di
Alzano bergamasco, che stampò a Ginevra sei volumi d'opere
teologiche e del cui sillogizzare tanto conto si facea che Giovanni
Sturmio ebbe a vantare, se solo fosse mandato a disputare contro tutti i
teologi adunati a Trento, avrebbe fatta sicura la causa dei
protestanti(14). Là pure visse e morì nei 1563 Agostino Mainardi
agostiniano, che scrisse l'_Anatomia della messa e la soddisfazione di
Cristo_: e che unito ad un prete, Giulio da Milano, ed a Camillo
Siciliano stabilito a Caspano, e a Francesco Negri capanese, autore
d'una Tragedia del libero arbitrio, a Chiavenna educava figliuoli.
Il Mainardi fu accolto dal ricco Ercole Salis a Chiavenna e posto capo
della chiesa quivi allora formatasi, e nella quale gli successe poi lo
Zanchi suddetto. Perocché, ad interpellazione di esso Salis, la dieta di
Davos del 1554 aveva dichiarato coloro che abbracciassero la riforma

in Valtellina potrebbero tener in casa precettori e catechisti; e i rifuggiti
stanziare sulle terre della repubblica, dopo sottoscritto alla confessione
evangelica.
Francesco Stancari mantovano insegnò in Valtellina l'ebraico, prima
d'andare a professarlo in Polonia.
A Teglio fu ministro Paolo Gaddi cremonese, che aveva fatto tirocinio
a Ginevra, poi assistito alcun tempo il pastore di Poschiavo.
Frate Angelo di Cremona domenicano, che lassù predicava la
quaresima nel 1556, si avventò contro gli insegnamenti e i riti riformati,
talché l'uditorio malmenò la costoro cappella e il Gaddi ed altri; e il
governatore della pace ordinò che esso ministro si collocasse altrove.
Il sospetto di contagio religioso indusse il vescovo di Como sin nel
1523 a spedire in Valtellina un fra' Modesto inquisitore; ma ne fu
respinto, e si stanziò che nessun inquisitore entrasse più su quel
territorio. Il clero e i cattolici zelanti non cessarono di opporsi
singolarmente a cotesto accogliere i profughi d'Italia; frati e
particolarmente cappuccini assai venner da Milano e da Como a
predicare la verità. Nel 1551 si domandò l'attuazione di una legge
antica, per cui nessun profugo o predicatore evangelico potesse
rimanere più di tre giorni in Valtellina. Antonio Planta governatore,
benché riformato, temette il furor del popolo e consentì la domanda, ma
la dieta rinnovò il suo primo editto.
Poi nel 1557 rese un decreto che fu messo fra le leggi fondamentali per
cui si permetteva di predicare il Vangelo in tutta la Valtellina e nei
contadi. Dove vi fosser più chiese, una si attribuisse ai riformati; dove
una sola, servisse ai due culti; i ministri protestanti fossero abili a tutti
gl'impieghi; nessun ecclesiastico straniero potesse dimorarvi se non
dopo esame ed autorizzazione del sinodo pei protestanti, e del vescovo
di Coira pei cattolici. I riformati non fossero tenuti a osservar le feste
dei cattolici.
II pastore della ricca chiesa di Chiavenna ebbe un terzo delle rendite
della cattolica; gli altri almen 40 scudi, prelevati sui benefizi degli
assenti o della parrocchia. Altre chiese v'erano a Tirano, Regoledo,
Mello, Morbegno, Dubino. Più tardi se ne posero anche nel contado di
Bormio, e pare che almeno venti ne esistessero in Valtellina, tutte
servite da rifuggiti italiani. Insomma la valle poteva dirsi un compendio
di tutt'Italia: tanti erano quelli che da ogni paese vi si ricoverarono,

allettati dalla vicinanza, dalla fida compagna dei profughi e dalla
speranza di prossimi cambiamenti.
E potevano essi consolarsene al vedere ed all'esagerare a se stessi,
secondo si suole, come in ogni parte germogliasse quel ch'essi
chiamavano seme della parola di Dio. Notissimo è come da antico
stessero ricoverati nelle valli subalpine di Luzerna e Agrogna a pié del
Monviso alcuni dissidenti, forse avanzo dei Valdesi, dei quali portano il
nome. Tollerati e tranquilli sinché i nuovi riformati svizzeri li
sollecitarono a metter fuori le professioni di loro fede, e in tal modo
provocare la persecuzione. A quelle chiese aveva servito di molta
dottrina Scipione Lentulo napoletano, e quando Emanuele Filiberto
duca di Savoja cominciò acerba persecuzione contro i Valdesi, egli
molto soffrì, indi ricoverò a Sondrio, poi a
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