Il Principe della Marsiliana | Page 8

Emma Perodi
da quando si era mostrato verso di lui
affabile e cortese e lo aveva trattato molto diversamente da quel che
non sogliano i signori del patriziato romano con i cittadini, nei quali
credono di veder sempre dei clienti, Fabio se la prendeva con Caruso e
sentiva accrescere immensamente la repulsione che quell'uomo già
inspiravagli. Con un colpo d'occhio capiva l'influenza che quell'intruso
dall'aspetto volgare avrebbe presa sul principe e gli doleva che per
essere eletto dovesse sottoporsi a quel giogo.
Le voci avvinazzate formavano un frastuono tremendo nella sala bassa
e sotto il pergolato; un odore nauseabondo di vino versato, di pietanze,
di cattivi sigari, di gente sudicia, riempiva l'aria, e don Pio
incominciava a sentirsi a disagio in quel luogo ed era stanco e nauseato.
Per questo, fatto un cenno al Rosati, si alzò e, accompagnato dal sor
Domenico, dalla sora Lalla e dall'onor. Serminelli, dal Caruso e dal
Massa, traversò la sala dove echeggiarono della grida stanche e rauche
di "Evviva il nostro candidato" e accommiatatosi da tutti salì in
_phaéton_, prese le briglie di mano al cocchiere e, invitato il Rosati a
sedersi accanto a lui, toccò con la punta della frusta i cavalli, che
partirono al trotto.
Durante il breve tragitto, Fabio fu più volte sul punto di dire al principe
quanto lo affliggeva di vederlo nelle mani di un volgare imbroglione, di
narrargli che Caruso aveva servito un po' tutti i partiti con la penna, una
penna che non sapeva intingere altro che nella bile, e che ora non
avendo più nessuno si attaccava a lui come alla tavola di salvezza.
Voleva narrargli che era diffamato come uomo per avere abbandonato a
Milano la moglie e un figlio senza pane; che era diffamato come

giuocatore, per essere stato scoperto con le carte segnate in mano, era
diffamato come giornalista per non essersi mai addimostrato fedele a
nessuno, servendo meglio chi meglio lo pagava. Ma tutte queste
rivelazioni, che salivano a Fabio dal cuore alla bocca, egli non aveva
coraggio di farle a una persona che incutevagli tanto rispetto quanto il
principe della Marsiliana. Fabio Rosati era troppo romanamente
educato per trovare in sè tanta audacia, poichè quelle rivelazioni
naturalmente contenevano un biasimo per don Pio, il quale, invece di
rinnegare qualsiasi connivenza col Caruso, aveva permesso che
mentisse sfacciatamente.
Don Pio pure, nonostante l'impassibilità della fisonomia, si sentiva a
disagio rispetto al Rosati, e dispiacevagli di aver perduta la sua stima in
un momento in cui aveva bisogno della fede illimitata del giovane per
riuscire nell'intento. Per non abbordare l'argomento spiacevole, don Pio
non disse parola durante il tragitto, e soltanto giungendo al palazzo
invitò a mezza bocca il Rosati a salire.
--Grazie, è tardi e ho da fare,--rispose l'altro, che in condizioni diverse
sarebbe stato lietissimo di quell'invito.
Essi si separarono freddamente, e Fabio, triste come chi non ha veri
ideali e vede crollare la fede che ha riposta in un individuo, più per la
sua posizione che per il valore personale, si diede a percorrere
lentamente il Corso, deserto in quell'ora tarda. Egli aveva sognato di
adoprarsi tanto e poi tanto per la elezione del principe di Marsiliana da
meritare la gratitudine di lui, da diventare per l'avvenire l'ad latus del
principe, la persona indispensabile, e quando si vedeva dischiusa già la
casa Urbani, ecco che un altro, un intruso, entrava con un salto nella
posizione da lui faticosamente conquistata, e la faceva sua.

II.
Fabio Rosati era un giovane intelligente, il quale sentiva che il bagaglio
di cognizioni di cui si era munito negli anni in cui un uomo deve
prepararsi alla vita, era troppo leggiero, troppo meschino per

permettergli di andar oltre nel mondo. Dotato, come quasi tutti i romani,
di quella preziosa qualità che si chiama il senso pratico, egli sperava di
farsi strada lo stesso mercè la protezione, l'aiuto di persone altolocate, e,
non sentendosi forza sufficiente per vivere di vita propria, voleva porsi
nell'orbita di qualche pianeta per fare in quella la parte di satellite.
A don Pio, carattere chiuso e piuttosto diffidente, egli aveva sentito
d'ispirare una certa simpatia, che aveva coltivato con ogni mezzo.
Valendosi delle conoscenze che aveva nelle redazioni dei giornali egli
afferrava ogni occasione per far citare il principe della Marsiliana; ora
per vantare l'eleganza di un attacco alle corse delle Capannelle; ora per
descrivere un ballo al quale non era invitato; ora per annunziare la
partenza per un viaggio, e spesso egli stesso spingeva don Pio a fare un
dono a un asilo, a compiere un atto benefico qualsiasi per avere mezzo
di lodarne l'animo generoso. Lentamente egli aveva assuefatti, prima i
giornalisti e poi il pubblico a quel nome che ora figurava spessissimo
nelle cronache e così aveva preparato il campo alla elezione politica di
don Pio, dopo aver cooperato a quella
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