argomenti vani di molti
mortali, quanto sono le riuscite in assai cose contrarie a' vostri avvisi, e
non sanza ragion le piú volte! Chi sarebbe colui che del dolce aere
d'Italia, per soperchio caldo, menasse alcuno nelle cocenti arene di
Libia a rinfrescarsi, o dell'isola di Cipri, per riscaldarsi, nelle eterne
ombre de' monti Rodopei? qual medico s'ingegnerá di cacciare l'aguta
febbre col fuoco, o il freddo delle medolla dell'ossa col ghiaccio o con
la neve? Certo, niuno altro, se non colui che con nuova moglie crederá
l'amorose tribulazion mitigare. Non conoscono quegli, che ciò credono
fare, la natura d'amore, né quanto ogni altra passione aggiunga alla sua.
Invano si porgono aiuti o consigli alle sue forze, se egli ha ferma radice
presa nel cuore di colui che ha lungamente amato. Cosí come ne'
princípi ogni picciola resistenza è giovevole, cosí nel processo le grandi
sogliono essere spesse volte dannose. Ma da ritornare è al proposito, e
da concedere al presente che cose sieno, le quali per sé possano
l'amorose fatiche fare obliare.
Che avrá fatto però chi, per trarmi d'un pensiero noioso, mi metterá in
mille molto maggiori e di piú noia? Certo niuna altra cosa, se non che
per giunta del male che m'avrá fatto, mi fará disiderare di tornare in
quello, onde m'ha tratto; il che assai spesso veggiamo addivenire a' piú,
li quali o per uscire o per essere tratti d'alcune fatiche, ciecamente o
s'ammogliano o sono da altrui ammogliati; né prima s'avveggiono,
d'uno viluppo usciti, essere intrati in mille, che la pruova, sanza potere,
pentendosi, indietro tornare, n'ha data esperienza. Dierono gli parenti e
gli amici moglie a Dante, perché le lagrime cessassero di Beatrice. Non
so se per questo, comeché le lagrime passassero, anzi forse eran passate,
sí passò l'amorosa fiamma; ché nol credo; ma, conceduto che si
spegnesse, nuove cose e assai poterono piú faticose sopravvenire. Egli,
usato di vegghiare ne' santi studi, quante volte a grado gli era,
cogl'imperadori, co' re e con qualunque altri altissimi prencipi
ragionava, disputava co' filosofi, e co' piacevolissimi poeti si dilettava,
e l'altrui angosce ascoltando, mitigava le sue. Ora, quanto alla nuova
donna piace, è con costoro, e quel tempo, ch'ella vuole tolto da cosí
celebre compagnia, gli conviene ascoltare i femminili ragionamenti, e
quegli, se non vuol crescer la noia, contra il suo piacere non solamente
acconsentir, ma lodare. Egli, costumato, quante volte la volgar turba gli
rincresceva, di ritrarsi in alcuna solitaria parte e, quivi speculando,
vedere quale spirito muove il cielo, onde venga la vita agli animali che
sono in terra, quali sieno le cagioni delle cose, o premeditare alcune
invenzioni peregrine o alcune cose comporre, le quali appo li futuri
facessero lui morto viver per fama; ora non solamente dalle
contemplazioni dolci è tolto quante volte voglia ne viene alla nuova
donna, ma gli conviene essere accompagnato di compagnia male a cosí
fatte cose disposta. Egli, usato liberamente di ridere, di piagnere, di
cantare o di sospirare, secondo che le passioni dolci e amare il
pungevano, ora o non osa, o gli conviene non che delle maggiori cose,
ma d'ogni picciol sospiro rendere alla donna ragione, mostrando che 'l
mosse, donde venne e dove andò; la letizia cagione dell'altrui amore, la
tristizia esser del suo odio estimando.
Oh fatica inestimabile, avere con cosí sospettoso animale a vivere, a
conversare, e ultimamente a invecchiare o a morire! Io voglio lasciare
stare la sollecitudine nuova e gravissima, la quale si conviene avere a'
non usati (e massimamente nella nostra cittá), cioè onde vengano i
vestimenti, gli ornamenti e le camere piene di superflue dilicatezze, le
quali le donne si fanno a credere essere al ben vivere opportune; onde
vengano li servi, le serve, le nutrici, le cameriere; onde vengano i
conviti, i doni, i presenti che fare si convengono a' parenti delle novelle
spose, a quegli che vogliono che esse credano da loro essere amate; e
appresso queste, altre cose assai prima non conosciute da' liberi uomini;
e venire a cose che fuggir non si possono. Chi dubita che della sua
donna, che ella sia bella o non bella, non caggia il giudicio nel vulgo?
Se bella fia reputata, chi dubita che essa subitamente non abbia molti
amadori, de' quali alcuno con la sua bellezza, altri con la sua nobiltá, e
tale con maravigliose lusinghe, e chi con doni, e quale con piacevolezza
infestissimamente combatterá il non stabile animo? E quel, che molti
disiderano, malagevolmente da alcuno si difende. E alla pudicizia delle
donne non bisogna d'essere presa piú che una volta, a fare sé infame e i
mariti dolorosi in perpetuo. Se per isciagura di chi a casa la si mena, fia
sozza, assai aperto veggiamo le bellissime spesse volte e tosto
rincrescere; che dunque dell'altre possiamo pensare, se non che, non
che esse, ma
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