Il Benefattore | Page 6

Luigi Capuana

assistito, quasi giorno per giorno, alla rapida trasformazione.
--Il canonico è una bestia!--aveva poi esclamato il Sindaco.--Ma ci
sono a Settefonti un centinaio di bestie uguali a lui. Protestanti! Che me
n'importa, se fanno tanto bene? L'inglese è stato una provvidenza per
Settefonti. Se c'è chi può lagnarsi, siamo noi proprietari che ci abbiamo
visto mancare le braccia dei contadini, e abbiamo dovuto pagarli come
li paga lui. Ma ora anche questo guaio cesserà; non occorrono più

grandi lavori laggiù. Io non sono spericolato, come il canonico e
tant'altri. Il mondo, infine, è di chi se lo piglia. Siamo curiosi noi! Don
Liddu, per esempio, si è ingrassato a spese dell'inglese tre anni. Quasi
tutto l'Albergo del Gallo era occupato da lui che vi aveva istallato i suoi
uffici di amministrazione, lasciando appena una stanza per i forestieri,
quando ne capitava uno. Ed ora che vede sfuggirsi questa mammella
succhiata tre anni comodamente, Don Liddu piange e si strappa i
capelli. Dice che è rovinato, perchè la clientela gli si è sviata, e già
Maccarone gli ha preso il posto, con la Locanda della Luna là di faccia,
quasi per fargli maggior dispetto. Che pretendeva? Che l'inglese
rimanesse eternamente all'albergo? Egli ha laggiù un'abitazione da
principe--posso dirvelo io che l'ho visitata--proprio da principe, da farci
vergognare delle nostre catapecchie. Dovrebbe vivere con la famiglia
all'albergo?... Sarà una bella giornata domenica prossima. Mezzo paese
invitato; banda, fuochi d'artifizio. Pranzo per una settantina di persone...
Verrà appositamente il cuoco di una gran trattoria da Catania... Alla
faccia nostra! Sia! L'inglese, l'altra volta, ce l'ha spiattellato sul viso in
Casino:--Potreste fare una Società, mettere insieme i capitali che tenete
morti in casa, e chiederne altri al credito bancario, se non bastassero. La
Sicilia diventerebbe un giardino; produrrebbe dieci, venti, cento volte
più che oggi non dia. Invece, state qui in Casino, a morir d'ozio! Non
ha forse ragione?
--Dovrebbe dare l'esempio lei...
--Non ne ragioniamo! È inutile!
Quando si vedeva messo alle strette, il Sindaco se la cavava sempre
così:
--È inutile! Non ne ragioniamo!

V.
Le signore Kyllea erano arrivate nel pomeriggio del giovedì, e il
Sindaco si era creduto in dovere di farsi trovare davanti al cancello per

dar loro il saluto del paese di cui diventavano, più che ospiti, cittadine,
e presentar loro tre bei mazzi di fiori. Si era fatto accompagnare da un
Assessore e dal dottor Medulla, che aveva suggerito il galante pensiero
di quei mazzi.
Appena le carrozze, condotte dal signor Kyllea alla stazione di
Valsavoia, comparvero dallo svolto dello stradone, i tre si avviarono ad
incontrarle, impacciati dall'idea di doversi presentare a signore che
forse non sapevano una parola d'italiano, come essi ignoravano l'inglese.
Avrebbe servito da interprete il marito. In ogni caso, si sarebbero fatti
intendere coi gesti; e avevano riso anticipatamente della probabile
scena muta, che il dottor Medulla, di umore allegro, aveva più volte
accennato, facendo ora la parte loro, ora quella delle signore, mentre
attendevano davanti al cancello.
Don Pietro--oramai lo chiamavano così--riconosciutili da lontano,
aveva sùbito ordinato ai cocchieri di fermare i cavalli.
E la scena era stata assai diversa da quella che il Sindaco e gli altri
avevano immaginato. La signora Kyllea rispondeva con un bel
"Grazie" un po' gutturale; ma Miss Elsa, parlando col dottor Medulla, si
esprimeva in un italiano che conservava appena qualche inflessione di
accento straniero. Soltanto la cognata era rimasta zitta, salutando e
ringraziando con rigidi cenni del capo. E poichè il Sindaco tornava a
ripetere una delle frasi del suo discorsetto anticipatamente preparato per
non impappinarsi, Miss Elsa, disse:
--Certamente; vogliamo diventare siciliane anche noi, come il babbo
che si è abbronzato al sole di questa incantevole isola, e fin ne parla il
dialetto; e cittadine di Settefonti, come ella dice, perchè ormai la nostra
vita è legata a questa impresa del babbo, e noi siamo liete che sia così!
Dalla commozione che rendeva un po' tremula la voce, dal sorriso che
le scintillava su le labbra e negli occhi, si scorgeva benissimo che la
bionda signorina parlava sinceramente.
--Su, montino in carrozza anche loro--disse don Pietro--c'è posto per
tutti. Non può immaginare che piacere mi hanno fatto--soggiunse

rivolto al Sindaco e all'Assessore, e aiutandoli a salire in quella dove
stava la signora Kyllea.--Qui le autorità! Noi, dottore, nell'altro legno.
Il cancello era già aperto, e le tre carrozze presero la salita, a gara, tra
allegri scoppi di fruste e tintinnìo di sonagli.
Lassù, su la spianata davanti al Cottage, don Liddu, (aveva smesso
l'albergo per diventare il factotum dell'_inglese_), che il segno degli
evviva a una ventina di contadini schierati in due file davanti a la porta,
e miss Elsa saltò giù dalla carrozza, esclamando:
--Voglio essere la prima a prender possesso!
--Voscenza benedica!--le disse don Liddu. E le baciò la mano,
quantunque miss Elsa
Continue reading on your phone by scaning this QR Code

 / 42
Tip: The current page has been bookmarked automatically. If you wish to continue reading later, just open the Dertz Homepage, and click on the 'continue reading' link at the bottom of the page.