Gli duoi fratelli rivali | Page 8

Giambattista Della Porta
punte di pugnali, quattro ballotte di archibuggio in cambio d'ulive, due balle d'artigliaria in pezzi con la salsa, un piatto di gelatina di orecchie, nasi e labra di capitani e colonelli, spolverizzati sopra di limatura di ferro come caso grattuggiato.
LECCARDO. Che s��te struzzo che digerite quel ferro?
MARTEBELLONIO. Lo digerisco, e diventa acciaio.
LECCARDO. Dovete tener l'appalto con i ferrari dell'acciaio che cacate.
MARTEBELLONIO. Andr�� a consultar un duello e tornando mangiaremo: cos�� ad un tempo sodisfar�� alla mia fama e alla tua fame.
LECCARDO. Gi�� si �� partito il pecorone: se non fusse che alcuna volta mi fa far certe corpacciate stravaganti in casa sua, non potrei soffrir le sue bugie. Mangia la carne mezza cruda e sanguigna: e dice che cos�� mangiano i giganti, e che vuole assuefarsi a mangiar carne umana e bersi il sangue de' suoi nemici. Non ar�� contento se non gli fo qualche burla. Andr�� in casa di don Flaminio che deve aspettarmi.

ATTO II

SCENA I.
DON IGNAZIO, SIMBOLO.
DON IGNAZIO. Dura cosa �� l'aver a far con i servidori: sa ben Simbolo quanto desio di andar a trovar mon'Angiola, e non ritorna. Ma eccolo.--Come hai fatto aspettarmi tanto, o Simbolo?
SIMBOLO. Come saprete quanto ho fatto in vostro serviggio, mi lodarete della tardanza. Sappiate che incontrandomi con don Flaminio, mi domand�� con grande instanza di voi; e domandando io la caggion di tanta instanza, rispose che non voleva dirlo se non a voi solo. Mi lascia, e m'incontro con Panimbolo, il quale altres�� mi dimand�� di voi; e pregandolo mi dicesse che cosa chiedeva da voi, disse in secreto che don Flaminio aveva conchiuso col conte di Tricarico il matrimonio della figlia, e che vi vuol dare quarantamilla ducati purch�� foste andato a sposarla per questa sera....
DON IGNAZIO. Oim��, che pugnale �� questo che mi spingi nel core? Mi rompi tutti i disegni e conturbi quanto avea proposto di fare: me hai morto!
SIMBOLO.... Io, accioch�� non vi trovasse prima di me e vi cogliesse all'improviso, corro di qua, corro di l�� per trovarvi, n�� lascio luoco, dove solete pratticar, che non avesse cerco. Fratanto considerava fra me stesso cotal nuova: cado in pensiero che sia un fingimento di vostro fratello di scoprir l'animo vostro, se stiate innamorato d'alcuna donna....
DON IGNAZIO. Buon pensiero, per vita mia!
SIMBOLO.... Per chiarirmi di ci��, con non men subito che ispedito consiglio me ne vo in casa del conte di Tricarico, e non vedo genti n�� apparecchi di nozze. Piglio animo ed entro con iscusa di cercar don Flaminio, e me ne vo insin in cucina e non vi veggio n�� cuochi n�� guattari. Dimando di don Flaminio, e mi rispondono che �� pi�� di un mese che non l'han veduto. Mi fermo e veggio il cappellano: entro in ragionamento con lui, e mi dice che il conte questa mattina �� gito a Tricarico a caccia, e mi dice che molti giorni sono che del matrimonio pi�� non si tratta, anzi stima che don Flaminio vuol dargli la baia.
DON IGNAZIO. O Simbolo, che sia tu benedetto mille volte, ch'avendomi con la prima nuova tolto l'anima, con questa me l'hai riposta in corpo! Quando mi disobligar�� di tanto obligo?
SIMBOLO. Or dunque, venendo a voi don Flaminio a farvi la proposta, accioch�� pi�� l'inganniate e confirmiate nel suo proposito, mostrate grandissima allegrezza, accettate l'offerta; e si dice per questa sera, voi diteli per allora.
DON IGNAZIO. Or questo s�� che non far�� io, ch�� non mi basteria il cuor mai.
SIMBOLO. Sar�� forza che lo facciate.
DON IGNAZIO. Mi farei uccider pi�� tosto.
SIMBOLO. E se non volete, farete che vostro fratello s'accorga che stiate innamorato di Carizia, e come uomo di torbido e precipitoso ingegno vi preverr�� a t?rsela per moglie, o verrete a qualche cattivo termine insieme.
DON IGNAZIO. Dubbito di non incorrere in qualche inconveniente peggiore.
SIMBOLO. Che cosa di mal di ci�� ne pu�� avvenire?
DON IGNAZIO. Son disposto far quanto tu mi consigli.
SIMBOLO. Ecco madonna Angiola che viene a casa.

SCENA II.
ANGIOLA, SIMBOLO, DON IGNAZIO.
ANGIOLA. (Conosco a prova che il peso degli anni �� il maggior peso che possa portar l'uomo su la sua persona, poich�� in s�� breve viaggio che ho fatto, son cos�� stanca come si avesse portato qualche gran soma).
DON IGNAZIO. (Vo innanzi a toglierle la via).
ANGIOLA. (Son inciampata con don Ignazio c'ho cercato fuggir con ogni industria, ch�� so che cerca parlarmi di Carizia mia nipote; n�� vorrei che prorumpesse in qualche cosa men ch'onesta).
DON IGNAZIO. Signora Angiola, ho desiato gran tempo ragionar con voi d'un negozio importantissimo.
ANGIOLA. Eccomi al vostro commodo: ben la priego a non trattarmi di cosa che men che onesta non sia.
DON IGNAZIO. Certo non farei tanto torto alla sua bont��, alla mia qualit��; n�� l'importanza del negozio n�� il tempo richiede questo.
ANGIOLA. Poich�� le vostre costumate parole, degne veramente di quel cavaliero che voi s��te, m'hanno sgombro dal cuor ogni sospetto, eccomi pronta
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