Gli duoi fratelli rivali | Page 3

Giambattista Della Porta
fratello?
DON IGNAZIO. Tu sai, da che siamo nati, avemo sempre con
grandissima emulazione gareggiato insieme di lettere, di scrima, di
cavalcare e sopra tutto nell'amoreggiare, ché ogniun di noi ha fatto
professione di tôr l'innamorata all'altro. Il che s'avenisse cosí di costei,
si accenderebbe un odio maggiore fra noi che mai fusse stato; sarebbe
un seme di far nascer tra noi tal sdegno che ci ammazzaremmo
senz'alcuna pietade.
SIMBOLO. Seguite. E poi?
DON IGNAZIO.... Appena entrammo nello steccato, come in un
famoso campo di mostrar virtude e valore, che fûr stuzzicati i tori, i
quali furiosi e dalle narici spiranti focoso fiato vennero incontro noi.
Onde se mai generoso petto fu stimulato da disio di gloria, fu il mio in
quel punto; perché sempre volgea gli occhi in quel ciel di bellezza,
parea che da quelle vive stelle de' suoi begli occhi spirassero nell'anima
mia cosí potentissimi influssi, cosí infinito valore ch'io feci fazioni tali
che a tutti sembrarono meraviglie, ch'io non solo non andava schivando
gli affronti e i rivolgimenti de' tori, ma gli irritava ancora, accioché con
maggior furia m'assalissero. Di quelli, molti ne destesi in terra e
n'uccisi; ma in quel tempo ch'io combatteva con i tori, Amor
combatteva con me. O strana e mai piú intesa battaglia! onde un
combattimento era nello steccato apparente e un altro invisibile nel mio
cuore: il toro alcuna volta mi feriva nella pelle e ne gocciolavano
alcune stille di sangue, e il popolo ne avea compassione; ma ella con i
giri degli occhi suoi mi fulminava nell'anima, ma perché le ferite erano
senza sangue, niuno ne avea compassione. De' colpi de' tori alcuni ne
andavano vòti d'effetto; ma quelli degli occhi suoi tutti colpivano a
segno. Pregava Amore che crescesse la rabbia a' tori, ma temperasse la
forza de' guardi di Carizia. Al fin io rimasi vincitore del toro, ella
vincitrice di me: ed io che vinsi perdei, e fui in un tempo vinto e
vincitore, e restai nella vittoria per amore. Del toro si vedea il cadavero
disteso in terra, il mio vagava innanzi la sua bella imagine; il popolo

con lieto applauso gradiva la mia vittoria, ed io piangeva la perdita di
me stesso. Ahi quanto poco vinsi! ahi quanto perdei! vinsi un toro e
perdei l'anima....
SIMBOLO Faceste tanto gagliarda resistenza a' fieri incontri de' tori e
non poteste resistere a' molli sguardi d'una vacca?--Come si portò
vostro fratello?
DON IGNAZIO. Fece anch'egli grandissime prodezze.--... In somma
ella fu l'occhio e la perfezione de tutta la festa. Finito il gioco,
fingendomi stracco e altre colorite cagioni, ritrassi don Flaminio dallo
steccato, il quale avea gran voglia d'uscirne, e ci reducemmo a casa; ma
prima avea imposto ad un paggio s'avesse informato chi fusse. Andai a
letto avendo il cuore e gli occhi ripieni della bellezza della giovane e
l'anima impressa della sua bella imagine; onde passai una notte assai
travagliata. Intesi poi la matina che era una gentildonna onestissima,
dotata di molte peregrine virtú, di casa Della Porta; ma povera per
essernole state tolte le robbe per caggion de rubellione, ché Eufranone,
il padre, avea seguite le parti del principe de Salerno.
SIMBOLO Se state cosí invaghito di costei, perché trattar matrimonio
con la figlia del conte de Tricarico e ci avete posto don Flaminio vostro
fratello per mezano?
DON IGNAZIO. Quando piace a' medici che non calino i cattivi umori
ne' luoghi offesi, ordinano certi riversivi: io per ingannar mio fratello,
ché non s'imagini che ami costei, lo fo trattar matrimonio con la figlia
del conte.
SIMBOLO Ben, che avete deliberato di fare?
DON IGNAZIO. Per dar fine alle tante volte desiato e non mai
conseguito desiderio, tôrla per moglie.
SIMBOLO Avetici molto ben pensato prima?
DON IGNAZIO. E possedendo lei non sarò un terreno iddio?

SIMBOLO Avertite che chi si dispone tôr moglie, camina per la strada
del pentimento: pensatici bene.
DON IGNAZIO. Ci ho tanto pensato ch'il pensiero pensando s'è
stancato nell'istesso pensiero.
SIMBOLO Che sapete se vostro fratello se ne contenta, o vostro zio
che vi vol maritar con una figlia de grandi de Ispagna? Poi, povera e
senza dote! Si sdegnará con voi e forsi vi privará di quella parte di
ereditá ch'avea designato lasciarvi: perché gli errori che si fanno ne'
matrimoni, dove importa l'onor di tutta la famiglia, si tirano gli odii
dietro di tutto il parentado e principalmente de' fratelli e de' zii.
DON IGNAZIO. Purché abbia costei per moglie, perda l'amor del
fratello, del zio, la robba e ogni cosa, fin alla vita. Che mi curo io di
robba? son altro che miserabili beni di fortuna? L'onestá e gli onorati
costumi son i fregi dell'anima; ricchezze ne ho tante che bastano per me
e per lei. Or non potrebbe essere che, trattenendomi, don Flaminio mi
prevenisse e se la
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