Gli amanti | Page 5

Matilde Serao
miseria, la grettezza, la bassezza. Eravamo due colpevoli, Nino Stresa e io: e mai, mai, nessun'assoluzione, nella vita, ci avrebbe potuto redimere dalla nostra macchia. Oh lui non ne soffriva, non capiva neppure la volgarità in cui viveva, gli pareva di essere un perfetto amante, e si lagnava della mia crudeltà! Io, io, sentivo tutto il disdegno di una relazione simile, indegna di una donna, di una signora: io aveva l'anima scoperta e ferita, e frizzava a ogni soffio d'aria. Egli, intravvedeva il dramma del mio spirito, senza intenderlo. La sua sola paura, era che lo lasciassi:
--Per carità, non mi abbandonare!
Ed esigeva sempre nuovi convegni, e ne prolungava le ore, e mi seguiva, e mi cercava, temendo che gli sfuggisse il possesso di questa donna che aveva orrore di lui. Lo lasciai, due volte: mi riprese due volte. Allora, disperata, nel colmo dell'avvilimento e della esasperazione, io tradii questo imperfetto amante, questo Nino Stresa. Ah il vile, il vile, sempre il medesimo! Lo dovetti tradire molto, per molto tempo, con una feroce ostinazione, con uno scandalo pubblico, perchè egli mi lasciasse stare. Nulla vi è più, fra noi, da tre anni. Eppure, quando mi incontra, egli mi guarda con quei suoi occhi così dolci, così facilmente velati di lacrime e così infinitamente tristi, che mi hanno mistificata, e la cui singolare espressione, lo confesso, non so donde venga. Egli fu un imperfetto amante e io l'ho tradito, ecco tutta la storia dei fatti.

L'IMPERFETTO AMANTE
(Giustino Morelli).
Anna così racconta:
Per lungo tempo, l'amore che mi portava Giustino Morelli fu la mia segreta consolazione e il mio segreto orgoglio. Io era una donna assolutamente infelice, con mio marito: una di quelle infelicità coniugali intime e inesauribili che assumono le più tormentose e quotidiane forme, che mettono al cimento la maggior pazienza femminile e che sconvolgono nell'anima più ferma ogni idea di giustizia. Mio marito non mi era soltanto infedele, era volgarmente infedele; la scortesia verso me, talvolta, non gli bastava, egli aveva bisogno di esser villano; il suo disprezzo di ogni delicatezza giungeva alla brutalità: e tutto questo con tale una sicurezza oltraggiosa, con tale una severità tirannica, con tale preconcetto di avvilirmi, che io mi domandava spesso se, proprio, io fossi la persona al mondo che egli più odiava. Io ho sofferto immensamente, allora, poichè anche, mi vergognava di soffrire: poichè, io non voleva che la gente conoscesse il mio stato; poichè io celava con cura gelosa tutti i miei dolori, non volendo perdere, oltre la felicità, anche il mio decoro di donna. Il solo che mi ha aiutato in quel tempo a soffrire, è stato Giustino Morelli. Egli sapeva tutto. Io non gli diceva nulla, per fierezza, ma egli solo, oltre me, possedeva la misura esatta di tutte le mie torture. Egli sapeva tutto, da prima. Quando io volli sposare mio marito, tutti approvarono la mia scelta; solo Giustino Morelli impallidì all'annunzio, si turbava ogni volta che gli si parlava di questo matrimonio, tentò qualche vaga rimostranza, non osò insistere innanzi alla mia cieca ostinazione, partì, sparve, non ritornò che dopo un anno dai miei sponsali. Più tardi, amaramente, io gli rimproverai le sue troppo tenui difficoltà, la sua fuga: gli rinfacciai di avermi gittato nelle braccia di un uomo violento e perverso insieme. Ricordo ancora il dolore che si manifestò sulla sua fisonomia a questo rimprovero: era confusione, rimpianto, rimorso, umiliazione. Mi pentii del rimproccio, sentendo per la prima volta che il cuore di Giustino Morelli era troppo debole innanzi a me e sentendo che io doveva risparmiarlo. Ma perchè non salvarmi quando lo poteva? Egli mi amava, non avrebbe dovuto lasciarmi cadere in un precipizio di dolore. Dopo, non gli restava che versare il balsamo del suo amore sulle mie insanabili ferite, perchè io ne sentissi meno l'asprezza.
Così, il suo amore fu un balsamo nascosto, soavissimo, purissimo. Io lo vedeva raramente, Giustino Morelli: giacchè mio marito lo teneva in sospetto, mentre lo irrideva, e giacchè egli aveva ribrezzo di stare con mio marito. A me stessa, in nome del santo e tenero amore di Giustino, mi ripugnava di vedere i due uomini insieme. Ma da lontano, divisi per giorni, per settimane, spesso per mesi, io sapeva bene che il vigile cuore di Giustino Morelli era mio, tutto mio, così completamente mio, che niuna donna, niuna assenza, nessun tempo, avrebbe potuto togliermi mai nulla del mio possesso. Nelle ore più misere e più affrante della mia esistenza coniugale, quando pareva per me crollato ogni senso di tenerezza, di bontà, di compatimento, a traverso le crisi terribili e negli accasciamenti profondi, il pensiero che Giustino Morelli mi amava, di un amor silenzioso, tenace, costante e certissimo, veniva a confortare le mie forze esauste. Talvolta, lo incontrava, dopo uno di questi tremendi periodi: ed egli mi appariva quale io lo aveva sognato, buono,
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