nel suo cuore giva immaginando:
--Chi sare' que' che vien
pure a sodotte?
Quando lo stormo ha vinto, tal domando,
par che
nascoso sia sotto le grotte!
Il cuore in corpo tutto mi si strugge
di
voglia di saper perché si fugge.
40
E uno pensier nel core levo adesso:
sarebbe questi il mio antico sposo?
Io lo 'nprometto a Dio, che, se fosse esso,
altro marito che lui i' tôr
non oso,
conciosacosa ch'io gliel'ho inpromesso:
senza lui ma' non
credo aver riposo.--
E disse:--Signor mio, datemi grazia,
ch'io abbia
del suo amor la mente sazia!--
41
E, quando il giorno chiaro fu apparito,
fece sonar le trombe e li
stormenti.
I cavalieri furno al cerchiovito,
e molti fan pensier
d'esser vincenti.
A tanto giunge il cavaliere ardito,
ciò fu il soldan,
con altri sofficienti,
che per un suo nipote combattea,
che per marito
a lei darlo credea.
42
Quando le schiere furon tutte fatte,
presente quella ch'è cotanta chiara,
il soldan, che in sul campo combatte,
fa tristo quel che innanzi gli
si para,
però che del destrier morto l'abatte,
e tal ventura a molti
costa cara.
E molta gente gli fuggiva innanzi,
sicché è mestier che
tutti gli altri avanzi.
43
Veggendo la donzella che il soldano
gli altri baron di prodezza
avanzava,
pensando aver per marito un pagano,
nella sua mente
forte dubitava,
e spesse volte a l'alto Iddio sovrano
nella suo mente
si raccomandava,
e dicea:--Signor mio, se t'è in piacere,
fa' ritornare
il franco cavaliere!--
44
E lo Bel Gherardino niente tarda;
coll'arme bianca uscíe della
trabacca.
E la donzella, che da lunge il guarda,
che correndo il
cavallo venne in stracca,
fra l'altre dice, di color gagliarda:
--Questo
soldano ci è omai per acca,
ch'io veggio il cavalier, ch'è cosí franco,
a lo stormo tornar vestito a bianco.--
45
Come a lo stormo il Bel Gherardin giunse,
riconobbe il soldano a
l'armadura,
e 'l buon destriero degli sproni punse:
abbassa l'asta e
inver' di lui procura,
e co' la lancia in tal modo l'aggiunse,
che il fe'
cadere in su la terra dura.
E, qui ismontando, di franchezza giusto,
e' tagliolli la testa da lo 'nbusto.
46
E rimontò a cavallo arditamente;
piú presto che non fu giammai
levriere,
innanzi li fuggia tutta la gente,
gridando:--Viva il franco
cavaliere!--
Cosí del campo rimase vincente,
come il lion, signor de
l'altre fiere.
Incoronato insieme fue co' lei,
con tal onor che contar
nol potrei.
47
Po' ch'a la Fata ebbe dato l'anello,
gran festa fae che l'hae
ricognosciuto.
E la serocchia diede a Marco Bello,
ed hallo sempre
con seco tenuto.
E quella del soldan diede a un donzello
di gran
legnaggio, cortese e saputo;
e novanta anni vivette signore.
Questo
canto è compiuto al vostro onore.
II
PULZELLA GAIA
CANTARE PRIMO
1
Intendete me ora tutti quanti
in cortesia ed in buona ventura:
dire vi
vo' de' cavalieri erranti,
ch'al tempo antico andava all'avventura.
In
corte allo re Artú sedean davanti,
secondo come parla la scrittura,
incominciando di messer Troiano,
che fece un vanto con messer
Galvano.
2
Messer Troiano disse:--O compagnone
con teco i' voglio impegnare
la testa,
chi addurrá piú bella cacciagione
di nullo cavalier di nostra
gesta.--
Quando elli fecion la impromissione,
al re e alla reina fe'
richiesta;
e ciaschedun la lesta sí impegnava,
chi cacciagion piú
bella appresentava.
3
Entrati i cavalieri a quelle imprese,
inverso 'l bosco preson lor
cammino.
Messer Troiano una cerva sí prese,
ch'era piú bianca di
un armellino.
E tuttavia la menava palese:
veder la potea grande e
piccolino.
Davanti lo re Artú saluta e inchina;
poi presentolla a
Ginevra regina.
4
Messer Galvan cavalca alla boscaglia:
allo levar del sole ebbe trovato
una serpe, che 'l chiese di battaglia;
sopra lo scudo ella li s'ha
gittato.
Messe mano alla spada, che ben taglia,
credélla aver ferita
nel costato:
la serpe, che sapeva ben scremire,
messer Galvan non la
puote ferire.
5
Infin a mezzogiorno ha contrastato
messer Galvan con quella sozza
cosa;
un solo colpo non li può aver dato,
tant'era quella serpe
poderosa.
L'elmo e lo scudo aveva infiammato;
messer Galvano
non trovava posa.
Messer Galvano disse:--Aimè lasso!
che sozza
cosa m'ha condotto al basso!--
6
Messer Galvano a terra si smontava,
e disse:--Lasso! ch'io mi rendo
morto.
La serpe andava a lui e sí parlava,
e disse:--O cavalier,
prendi conforto.--
E dolcemente lei lo addimandava:
--Dimmi la
veritade, o giglio d'orto,
per cortesia e per amor di donna:
saresti
della Tavola ritonda?--
7
Messer Galvano allor li rispondía,
e nello cuore avea fuoco ed ardura;
delle man per lo viso e' si fería,
vedendo quella sí sozza figura:
--Della Tavola esser mi credía;
or non son piú, per la disavventura,
a dir ch'io sia, e non avere ardire
sí sozza cosa conduca al morire!--
8
La serpe disse:--Deh! non ti sdegnare,
0. cavaliero, se tu non m'hai morta. Quanti n'è qui e n'è di lá dal mare
de' piú pro' cavalieri che arme porta, un solo colpo non mi potria
dare, tanto io sono poderosa e accorta. Giá piú di mille aggio
discavalcati: tu se' lo fior di quanti n'ho trovati.--
9
Disse messer Galvano:--Io non mi sdegno
se non per tanto ch'io non
ho la morte,
da poi che piace all'alto Dio del regno
che la sventura
mia sia tanto forte,
che cosí sozza cosa con suo ingegno
m'abbia
condotto a cosí mala sorte.
Dammi la morte e piú non indugiare,
ch'io non ti vo' veder piú, né parlare.--
10
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