gli occhi, di ripetere il
gioco riuscito già così bene. E Costanza? Leggeva in cuore del giovane?
Ci vedeva almeno l'amore nato poc'anzi ed ora già fatto gigante? Ci
vedeva la gratitudine, il pentimento, la felicità nuova, e il timore di non
essere inteso, e il desiderio di farsi intendere con musica di parole e di
baci? I labbri rosei sorridevano, i nerissimi occhi saettavano sguardi
brevi e sereni, troppo brevi e sereni. Ahi! Nemmeno l'ombra del
turbamento amoroso in quel soave visino! E quando finalmente veniva
l'oste di Romanò, col suo morello e col suo calesse, tre bei vecchi
arzilli e puliti, e bisognava dire addio e partire, allora si stringeva forte
al petto Mariuccia ed il babbo, i quali pigliavano in buona fede
quell'amplesso per roba loro, stringeva la mano a Costanza, le diceva:
«si conservi, signorina» e via di galoppo, trabalzando sul selciato e
schioccando la frusta in aria innanzi ai curiosi ammirati per quelle
prodezze senili. Allo svoltar dell'unica strada nei campi, Donato
perdeva di vista due fazzoletti che sventolavano per aria; e l'oste, il
calesse e Morello di comune accordo rimettevano il pazzo entusiasmo
giovanile ad un'altra volta; si pigliava un'andatura ragionevolissima....
E Donato li piantava tutti e tre sulla via maestra e tornava in classe a far
di sì col capo per dar a credere al professore che la sua meccanica gli
era entrata tutta; e un istante dopo, con una devozione che metteva in
sacco i colleghi, ficcava il naso nel cartolaro e pigliava le sue
annotazioni così: «Cara Costanza!» o così: «Angelo mio! mia vita!...» e
proseguiva dando del tu alla fanciulla e prodigandole tutto quel tesoro
di rettorica che anche gli studenti di matematica hanno in disparte per
le grandi occasioni.
A questo modo sono passati sei giorni e sta per passare il settimo.
V.
Dieci volte si è incontrato distrattamente con un'idea buia che gli passa
ogni tanto dinanzi, ma ancora non sa bene che sia; ha l'occhio, il
pensiero ed il cuore al solito fantasma dai labbruzzi rosati; ma l'ombra
nera, instancabile, ripassarsi fa una luce di baleno nello spirito di
Donato... è dessa, la cambiale che scade al domani!
Il fantasma dai labbruzzi rosati scompare, tutto un esercito di immagini
paurose invade il campo dei suoi sogni ad occhi aperti; è un istante solo,
ma quante amare ricordanze in un istante! Ah! che ha fatto! che ha fatto!
Come sarebbe felice ora se...
Bizzarra beffa della sorte, che egli debba la felicità alla propria sciagura!
Pure è così: senza quel denaro perduto, or non si sentirebbe tanto ricco!
Gli viene un estro di filosofo. «Ecco, dice Donato a Donato, quando tu
perdi di tasca uno scudo, ti si fa pagare con questa moneta quel tanto
d'esperienza necessario a non mettere gli scudi nelle tasche sfondate.»
Potrebbe moltiplicare gli esempi all'infinito, ma si pente, si arresta, e
per non conchiudere che a lui l'esperienza fu fatta pagare troppo cara,
avvia il pensiero da un'altra parte. E da qual parte? La cambiale che
scade al domani anticipa, gli si presenta allo sconto, ed egli, non pratico
di codeste operazioni bancarie, ci si confonde, ci perde il capo.
Viene la notte, una eterna notte di fantasie nere, viene il mattino.
Ora si inquieta: le cinque mila lire non ci sono ancora, se mancassero!...
Costanza non ha scritto, lo zio non si è fatto vivo. Tutto ieri pareva una
cosa naturale e logica che il denaro dovesse venire al domani; appena è
l'alba del domani pare invece una cosa naturale e logica che il denaro
doveva venire alla vigilia. Donato, frugando nel codice di commercio,
ci ha trovato molte dozzine di articoli che lo riguardano, ha nel cervello
una processione d'immagini disparatissime, scadenze, protesti, baci,
tavolieri colmi d'oro, la canizie del padre, il coro delle rane di Romanò,
e in coda a tutto... l'arresto personale.
Sono le dieci del mattino; qualcuno picchia all'uscio del suo domicilio
legale; a Donato tremano le gambe nell'andare ad aprire. Se si sapesse
già che egli non ha il denaro, che non può pagare, e si venisse ad
arrestarlo!... Non ci è senso comune, lo sa, ma tanto tanto trema; e
giunto sul limitare, si ferma e non osa tirare il catenaccio, che gli par
già di vedere dietro l'uscio un volto freddo, marmoreo, un uomo
dall'aspetto rigido, a cui dovrà dire.... che cosa?...
Egli non sa risolversi ad aprire e l'altro pare determinato ad entrare,
perchè borbotta fra i denti contro la mancanza d'un campanello e tira
calci all'uscio.
Qualcuno si affaccia al pianerottolo e dice all'impaziente: «dormirà!» E
l'impaziente risponde: «quando si hanno da pagare cinque mila lire, non
si dorme fino alle dieci e un quarto.»
E l'altro, un ottimo vicino: «E quando non si hanno....» Senza dubbio lo
scherzo gli pare amenissimo perchè sghignazza forte.
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