Fante di picche | Page 5

Salvatore Farina
volti
soavi sono composti alla serenità; non anco li ha turbati l'annunzio di
una sciagura! E quale sciagura!
Guarda all'arme che gli sta accanto. Uccidersi! A ventidue anni, quando
del mondo non si ha ancora visto nulla, quando di cento affetti non si
ha ancora palpitato, e si ha il sangue ribollente, e i muscoli ferrei, e il
pensiero gagliardo, e più gagliarda la fede negli uomini e nell'avvenire!
Pure sente che non avrà mai forza di confessare al babbo la propria
colpa e di rimanere al mondo testimonio d'una infelicità uscita dalle sue
mani; certo vi ha dell'egoismo in questa debolezza, ma vi ha pure un
sentimento di giustizia e di orgoglio; sappia il babbo, sappia la sorellina
che Donato aveva cuore d'uomo, che si pentì sinceramente, che volle
espiare. Ah! sì, bisogna morire!... Afferra l'arme con mano tremante, e
un colpo parte, e un grido vi risponde. Donato ha scaricato
involontariamente la rivoltella che tiene ora lontano da sè inorridito; gli
è sembrato un istante la sorte s'incaricasse della giustizia che egli
tremava di compiere, si è sentito un brivido per tutto il corpo, poi si è
guardato intorno, ed ora, lo dirà egli a sè stesso?... ora ha paura di
morire! Pensa che se avesse posto in atto il fatale disegno, già tutto
sarebbe finito, e riama la vita, e corre giù per la china del bosco coi
capelli arruffati, coll'arme in pugno...
«Signor Donato! signor Donato!
III.

«Signor Donato! signor Donato!»
Così chiama alle spalle del fuggitivo una vocina fresca, d'un timbro
giocondo. Donato si arresta, si volge; sul sentierolo si tien ritta una
svelta personcina, con un viso da Madonna meridionale, piccolo,
rotondo, bruno, irradiato dalla gaia luce di due grandi occhi neri. La
giovinetta non sa come comporre il bel volto, ha sulle labbra un sorriso
e nello sguardo intento un affanno; ha udito lo sparo, e subito dopo ha
visto il giovine attraversare il sentieruolo, per cui ella saliva, coll'arme
in pugno e coi capelli arruffati. Nè sa che pensare.
Donato anch'esso ha riconosciuto la giovinetta: Costanza! Ma
parendogli già i due occhi lucenti gli abbiano letto in cuore, e sentendo
l'impaccio della rivoltella che tiene tuttavia stretta in pugno, non sa
risolversi a muoverle incontro, e lascia cadere le braccia lungo i fianchi.
Allora Costanza non esita più, si volge come a cercare dell'occhio il suo
compagno di viaggio, che apparisce tutto trafelato nella persona
scamiciata d'un monelluzzo da campagna, si avanza fra le piante e vien
diritta incontro a Donato.
«Se non mi fa male con quell'arnesaccio lì, vengo...» dice con voce
scherzosa, e già gli è presso, e già ricerca pietosamente sulla faccia
stravolta, negli occhi gonfi dalla veglia e dalle lagrime, nello sconforto
dell'atto, la sciagura che si nasconde. Donato volge appena il capo,
tenta un sorriso e dice, facendo un gran sforzo sopra sè stesso, con una
compitezza che fa male al cuore: «Buon giorno, signorina, come sta?»
Costanza piglia nelle sue la mano che le viene offerta, e la trattiene, e di
nuovo interroga cogli occhi e coll'ansia.
Donato è titubante; sente il bisogno di versare l'anima sua con una
confidenza intera; un istinto lo spinge a confessare, ma un altro più
forte lo trattiene; la lotta è breve, gli occhi pietosi della fanciulla
squarciano il velo; il giovine rivela la sua sciagura, il suo proposito,
tutto l'immenso affanno.
«È il cielo che la manda, aggiunge tremante; non so perchè ho subito
sentito il bisogno di confessarle quanto mi passa in cuore, so che a

nissun altro avrei fatto simile confidenza.
--Sì, è il cielo che mi manda, risponde Costanza con accento
melanconico, ma dolce; è il cielo che ha fatto spezzare il timone della
nostra carrozza sulla via maestra, ed ha costretto lo zio a tornarsene
indietro fino al vicino paesello per farlo accomodare; è il cielo che mi
ha messo in capo l'idea di attraversare il boschetto per risparmiare due
buoni terzi di strada; è il cielo che mi ha fatto arrivare proprio oggi ed a
quest'ora, mentre Mariuccia ed il signor Norberto non ci aspettano che
domani... sì, tutto questo lo ha fatto il cielo per impedire una sciagura
cento volte maggiore.
Donato porge orecchio alle parole della fanciulla come ad una musica,
ne guarda il bel viso compassionevole come una cara visione, e
istintivamente nasconde dietro le spalle l'arme che ha nella destra. Ora
che ha tutto detto, gli par di sentirsi alleggerito; si dimentica quasi,
ripiglia le mille fantasie della notte, rallegrate dai trilli delle rondini
inquiete e dalla splendida luce del mattino; gli par di non essere mai
stato colpevole di nulla, e sia la propria angoscia un brutto sogno della
notte, ed egli si trovi in faccia a quella natura sorridente, a quel
leggiadro volto amoroso, a quegli occhi fascinatori, attratto da
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