Enrico IV | Page 9

Luigi Pirandello
magnifica! Veramente regale!
Donna Matilde (vedendo Belcredi e scoppiando a ridere). Oh Dio! ma no; levatevi! Voi siete impossibile! Sembrate uno struzzo vestito da monaco!
Belcredi. E guardate il dottore!
Dottore. Eh, pazienza... pazienza.
Donna Matilde. Ma no, meno male, il dottore... Voi fate proprio ridere!
Dottore (a Landolfo). Ma si fanno dunque molti ricevimenti qua?
Landolfo. Secondo. Tante volte ordina che gli si presenti questo o quel personaggio. E allora bisogna cercar qualcuno che si presti. Anche donne...
Donna Matilde (ferita, e volendo nasconderlo). Ah! Anche donne?
Landolfo. Eh, prima, sì... Molte.
Belcredi (ridendo). Oh bella! In costume?
indicando la Marchesa.
Così?
Landolfo. Mah, sa: donne, di quelle che...
Belcredi. Che si prestano, ho capito!
Perfido, alla Marchesa:
Badate, che diventa per voi pericoloso!
Si apre il secondo uscio a destra e appare Arialdo, che fa prima, di nascosto, un cenno per arrestare ogni discorso nella sala, e poi annunzia solennemente:
Arialdo. Sua Maestà l'Imperatore!
Entrano prima i due Valletti che vanno a postarsi ai Piedi del trono. Poi entra tra Ordulfo e Arialdo, che si tengono rispettosamente un po' indietro, Enrico IV. è presso alla cinquantina, pallidissimo, e già grigio sul dietro del capo; invece sulle tempie e sulla fronte, appare biondo, per via di una tintura quasi puerile, evidentissima; e sui pomelli, in mezzo al tragico pallore, ha un trucco rosso da bambola, anch'esso evidentissimo. Veste sopra l'abito regale un sajo da penitente, come a Canossa. Ha negli occhi una fissità spasimosa, che fa spavento; in contrasto con l'atteggiamento della persona che vuol essere d'umiltà pentita, tanto più ostentata quanto più sente che immeritato è quell'avvilimento.--Ordulfo regge a due mani la corona imperiale. Arialdo lo scettro con l'Aquila e il globo con la Croce.
Enrico IV (inchinandosi prima a Donna Matilde, poi al dottore). Madonna... Monsignore...
Poi guarda il Belcredi e fa per inchinarsi anche a lui, ma si volge a Landolfo che gli si è fatto presso, e domanda sottovoce con diffidenza.
è Pietro Damiani?
Landolfo. No, Maestà, è un monaco di Cluny che accompagna l'Abate.
Enrico IV (torna a spiare il Belcredi con crescente diffidenza e, notando che egli si volge sospeso e imbarazzato a Donna Matilde e al Dottore, come per consigliarsi con gli occhi, si rizza sulla persona e grida). è Pietro Damiani!--Inutile, Padre, guardare la Duchessa!
Subito volgendosi Donna Matilde come a scongiurare un pericolo:
Vi giuro, vi giuro, Madonna, che il mio animo è cangiato verso vostra figlia! Confesso che se lui
indica il Belcredi
non fosse venuto a impedirmelo in nome del Papa Alessandro, l'avrei ripudiata! Sì: c'era chi si prestava a favorire il ripudio: il vescovo di Magonza, per centoventi poderi.
Sogguarda un po' smarrito Landolfo, e dice subito:
Ma non debbo in questo momento dir male dei vescovi.
Ritorna umile davanti a Belcredi:
Vi sono grato, credetemi che vi sono grato, ora, Pietro Damiani, di quell'impedimento!--Tutta d'umiliazioni è fatta la mia vita:--mia madre, Adalberto, Tribur, Goslar--e ora questo sajo che mi vedete addosso.
Cangia tono improvvisamente e dice come uno che, in una parentesi di astuzia, si ripassi la parte:
Non importa! Chiarezza d'idee, perspicacia, fermezza di contegno e pazienza nell'avversa fortuna!
Quindi si volge a tutti e dice con gravità compunta:
So correggere gli errori commessi; e anche davanti a voi, Pietro Damiani, mi umilio!
Si inchina profondamente, e resta lì curvo davanti a lui, come piegato da un obliquo sospetto che ora gli nasce e che gli fa aggiungere, quasi suo malgrado, in tono minaccioso:
Se non è partita da voi l'oscena voce che la mia santa madre, Agnese, abbia illeciti rapporti col vescovo Enrico d'Augusta!
Belcredi (poiché Enrico IV resta ancora curvo, col dito appuntato minacciosamente contro di lui, si pone le mani sul petto, e poi negando). No... da me, no...
Enrico IV (alzandosi). No, è vero? Infamia!
Lo squadra un po' e poi dice:
Non ve ne credo capace.
Si avvicina di Dottore e gli tira un po' la manica ammiccando furbescamente.
Sono ?loro?! Sempre quelli, Monsignore!
Arialdo (piano, con un sospiro, come per suggerire al Dottore). Eh, sì, i vescovi rapitori.
Dottore (per sostenere la parte, volto ad Arialdo). Quelli, eh già... quelli...
Enrico IV. Nulla è bastato a costoro!--Un povero ragazzo, Monsignore... Si passa il tempo, giocando--anche quando, senza saperlo, si è re. Sei anni avevo e mi rapirono a mia madre, e contro lei si servirono di me, ignaro, e contro i poteri stessi della Dinastia, profanando tutto, rubando, rubando; uno più ingordo dell'altro: Anno più di Stefano, Stefano più di Anno!
Landolfo (sottovoce, persuasivo, per richiamarlo). Maestà...
Enrico IV (subito voltandosi). Ah, già! Non debbo in questo momento dir male dei vescovi.--Ma questa infamia su mia madre, Monsignore, passa la parte!
Guarda la Marchesa e s'intenerisce.
E non posso neanche piangerla, Madonna.--Mi rivolgo a voi, che dovreste aver viscere materne. Venne qua a trovarmi, dal suo convento, or'è circa un mese. Mi hanno detto che è morta.
Pausa tenuta, densa di commozione. Poi sorridendo mestissimamente
Non posso piangerla, perché se voi ora siete qua, e io così
mostra il sajo che ha indosso,
vuol dire che ho ventisei anni.
Arialdo (quasi sottovoce dolcemente per
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