mosse, gesti, sguardi, sorrisi, tante cose che lì non ci sono...
Donna Matilde. Ecco, appunto!
Dottore (seguitando, rivolto a lei). Lei, naturalmente, può rivederle vive, ora, in sua figlia.
Donna Matilde. Ma lui deve guastarmi sempre ogni minimo abbandono al sentimento più spontaneo, cosi, per il gusto di farmi stizzire.
Dottore (abbagliato dai lumi che ha dato, ripiglia con un tono professionale, rivolto al Belcredi). La rassomiglianza, caro barone, nasce spesso da cose imponderabili! E così difatti si spiega che...
Belcredi (Per interrompere la lezione). Che qualcuno può trovare anche qualche rassomiglianza tra me e lei, caro professore!
Di Nolli. Lasciamo andare, lasciamo andare, vi prego.
Accenna ai due usci a destra per avvertire che di là c'è qualcuno che può sentire.
Ci siamo svagati troppo, venendo...
Frida. Sfido! Quando c'è lui...
accenna al Belcredi.
Donna Matilde (subito). Volevo bene perciò che non venisse!
Belcredi. Ma se avete fatto tanto ridere alle mie spalle! Che ingratitudine!
Di Nolli. Basta, ti prego. Tito! Qua c'è il dottore, e siamo venuti per una cosa molto seria, che tu sai quanto mi prema.
Dottore. Ecco, sì. Vediamo di precisare bene, prima, alcuni punti. Questo suo ritratto, scusi, signora marchesa, come si trova qua? Lo regalò lei, allora?
Donna Matilde. No, no. A qual titolo avrei potuto regalarglielo? Io ero allora come Frida, e neppure fidanzata. Lo cedetti, tre o quattt'anni dopo la disgrazia: lo cedetti per le vive insistenze di sua madre.
Accenna al Di Nolli.
Dottore. Che era sorella di lui?
Accenna verso gli usci a destra, alludendo a Enrico IV.
Di Nolli. Sì, dottore: ed è un debito--questa nostra venuta qua--verso mia made, che m'ha lasciato da un mese. Invece di trovarmi qua, io e lei
accenna a Frida
dovremmo essere in viaggio...
Dottore. E assorti in ben altre cure, capisco!
Di Nolli. Mah! è morta con la ferma fede che fosse prossima la guarigione di questo suo fratello adorato.
Dottore. E non mi può dire scusi, da quali segni lo arguisse?
Di Nolli. Pare da un certo discorso strano che egli le fece, poco prima che la mamma morisse.
Dottore. Un discorso? Ecco... ecco... sarebbe utilissimo, utilissimo conoscerlo, per bacco!
Di Nolli. Ah, io non lo so! So che la mamma ritornò da quella sua ultima visita, angosciata; perché pare che egli sia stato di una tenerezza insolita, quasi presago della prossima fine di lei. Dal suo letto di morte, ella si fece promettere da me che non lo avrei mai trascurato; che lo avrei fatto vedete, visitare...
Dottore. Ecco. Va bene. Vediamo, vediamo prima... Tante volte, le minime cause... Questo ritratto, dunque...
Donna Matilde. Oh Dio, non credo, dottore, che ci si debba dare una soverchia importanza. Ha fatto impressione a me, perché non lo rivedevo da tanti anni.
Dottore. Prego, prego... abbia pazienza...
Di Nolli. Ma sì! Sta lì da una quindicina d'anni...
Donna Matilde. Più! Più di diciotto, ormai!
Dottore. Prego, scusino; se non sanno ancora che cosa io voglia domandare! Io faccio molto assegnamento, molto, su questi due ritratti, eseguiti, m'immagino, prima della famosa--e disgraziatissima--cavalcata; non è vero?
Donna Matilde. Eh, certo!
Dottore. Quand'egli era dunque perfettamente in sensi, ecco--volevo dir questo!--Propose lui, a lei, di farselo eseguire?
Donna Matilde. Ma no, dottore! Ce lo facemmo eseguire tanti di quelli che prendemmo parte alla cavalcata. Così, per serbarne un ricordo.
Belcredi. Me lo feci fare anch'io, il mio, di ?Carlo d'Angiò ?!
Donna Matilde. Appena furono pronti i costumi.
Belcredi. Perché, vede? ci fu la proposta di raccoglierli tutti, per ricordo, come in una galleria, nel salone della villa dove si fece la cavalcata. Ma poi ciascuno volle tenersi il suo.
Donna Matilde. E questo mio, come le ho detto, io lo cedetti--senza poi tanto rincrescimento--perché sua madre...
accenna di nuovo al Di Nolli.
Dottore. Non sa se fu lui a richiederlo?
Donna Matilde. Ah, non so! Forse... O fu la sorella, per assecondare amorosamente...
Dottore. Un'altra cosa, un'altra cosa! L'idea della cavalcata venne a lui?
Belcredi (subito). No no, venne a me! venne a me!
Dottore. Prego...
Donna Matilde. Non gli dia retta. Venne al povero Belassi.
Belcredi. Ma che Belassi!
Donna Matilde (al Dottore). Il conte Belassi, che morì, poverino, due o tre mesi dopo.
Belcredi. Ma se non c'era Belassi, quando...
Di Nolli (seccato dalla minaccia di una nuova discussione). Scusi, dottore, è proprio necessario stabilire a chi venne l'idea?
Dottore. Eh sì, mi servirebbe...
Belcredi. Ma se venne a me! Oh questa è bella! Non avrei mica da gloriarmene, dato l'effetto che poi ebbe, scusate! Fu, guardi, dottore--me ne ricordo benissimo--una sera sui primi di novembre, al Circolo. Sfogliavo una rivista illustrata, tedesca (guardavo soltanto le figure, s'intende, perché il tedesco io non lo so). In una c'era l'Imperatore, in non so quale città universitaria dov'era stato studente.
Dottore. Bonn, Bonn.
Belcredi. Bonn, va bene. Parato, a cavallo, in uno degli strani costumi tradizionali delle antichissime società studentesche della Germania; seguito da un corteo d'altri studenti nobili, anch'essi a cavallo e in costume. L'idea mi nacque da quella vignetta. Perché deve sapere che al Circolo si pensava di fare qualche grande mascherata per il prossimo carnevale. Proposi
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