Economisti del cinque e seicento | Page 3

Geminiano Montanari
intendere oro ed argento puro.
Dico adunque che quasi tutto l'oro e l'argento, o almeno la maggior parte di essi, cosí li grezi delle minère come quelli che sono ridotti in monete ed in ogni altra sorte di opere, sono accompagnati con rame o stagno o piombo o altro metallo. Ma quell'oro, che si dice esser ?puro?, si chiama in Italia e in altre provincie ?di denari vintiquattro?; e similmente l'argento fino si chiama ?di dodici leghe?: le quali nominazioni dovranno necessariamente e fermamente in tutti i luoghi esser osservate; e ciò per avere la loro dipendenza dal numero duodenario, il qual è numero perfetto. E questi sono de' quali intendo di ragionare, avendo io per sempre nel conteggiarli, ed in particolare sopra il fatto delle monete, la detta compagnia loro per esclusa.

CAPITOLO V
La cagione perché si trova men oro che argento, e qual forma o proporzione si trova tra loro.
Per cognizione delle cose in questo Discorso contenute, dico che, trovandosi molto men oro che argento, da altro non procede se non perché piú raro il numero delle cose piú preciose che delle meno sempre si trova. Quindi nasce che, considerata la real proporzione che tra essi si trova, qual è ch'una parte d'oro puro a peso vaglia per dodici di fino argento appunto (per ordine, come credo, cosí dato da Dio ed osservato dalla natura, e come cosí anco è stato dichiarato dal divin Platone nel suo dialogo intitolato Ipparco, overo ?del desiderio del guadagno?, overo ?dello studio di guadagnare?, come nel fine dí esso), fa di bisogno e si è sforzato con viva ragione e con real fondamento apprezzare o valutare essi oro ed argento con prezzi certi, a similitudine delli pesi, di uno per dodici e dodici per uno, per poter fare le leghe corrispondenti in proporzione, per far monete di varie sorti che restino per sempre nelli loro reali dati valori. E' quali prezzi, ancorché non siano mai stati in uso a detti preciosi metalli con ordine fermo, né in particolare né in universale, né meno apertamente descritti e dimostrati da esso Platone né da' suoi commentatori, è necessario però che si mettino in osservanza per sempre, tanto per li non coniati quanto anco per quelli che saranno posti in zeca, accioché da tutti li zechieri siano per l'avenire compartiti in far monete che siano di giusti e proporzionati dati valori, e di reale corrispondenza nel conteggiarle in ogni sorte di pagamenti, e che non si possano mai piú fondere o guastare per rifarne altre.
E perché si sa che 12 volte 6 fanno la somma di numero 72, ed il numero 6 nel 72 vi entra 12 volte, però i prezzi o valori di essi saranno questi: cioè che il prezzo dell'oro puro sia di lire 72 per oncia, e quello dell'argento fino sia di lire 6 d'imperiali l'oncia, giusti e fermi; i quali prezzi sono (forse cosí per voler di Dio) quasi conformi e i piú accosti o vicini alli valori e prezzi dati ed usati ad essi oro ed argento in questi nostri tempi. E, quando anco non vi fossero stati, facea di bisogno ridurli in effetto sotto i detti certi e terminati valori, ancorché tutto ciò fosse paruto cosa di gran maraviglia alle genti per molte cagioni, e massimamente perché, quando si fossero tassate le monete, le quali fossero giá state fatte e compartite sotto maggiori o minori valori delli suddetti, cioè dell'oncia dell'oro e dell'argento, esse sarebbono poi riuscite di molti alterati o diminuiti valori, per conto del puro e del fino loro, ed a similitudine di tutto quello che si tratta nel capitolo VIII, sopra il peso di una libra piú greve o piú leggiera di quella di Bologna. E' quai valori cosí proposti non dovranno mai piú, per cagione alcuna, esser mossi ed alterati da questa terminata forma e regola, per le ragioni annotate in molti luoghi del Discorso, ed in particolare nel capitolo XXIX, se si vorrá ch'essi preciosi metalli possano, com'ho detto, esser giustamente compartiti da tutti li zechieri e contisti di zeche ed altri con i debiti mezi, cioè saggi, bilance e conti loro, nel far monete di varie sorti; essendo detti numeri e valori con ogni perfezione a ciò veramente proporzionati, come si mostra nel capitolo XXXIII; col mezo de' quali da essi contisti non si faranno mai intervenire rotti alcuni nelle leghe di esse monete, e nel tassare anco tutte le monete finora fatte dovranno servare l'ordine istesso, come nel capitolo XIV. Onde ne succederá che tutti li conti, che poi si faranno tra essi oro ed argento, tanto i giá coniati quanto quelli che per l'avenire saranno in monete ridotti, si troveranno per sempre confronti e giusti, per causa del puro e del fino che si troverá essere proporzionato, cosí in qualunque sorte di monete
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