Quel che Timeo de l’anime argomenta
non è simile a ciò che qui si vede,
però che,
come dice, par che senta.
Dice che l’alma a la sua stella riede,
credendo quella quindi esser decisa
quando
natura per forma la diede;
e forse sua sentenza è d’altra guisa
che la voce non suona, ed esser puote
con
intenzion da non esser derisa.
S’elli intende tornare a queste ruote
l’onor de la influenza e ’l biasmo, forse
in alcun
vero suo arco percuote.
Questo principio, male inteso, torse
già tutto il mondo quasi, sì che Giove,
Mercurio e
Marte a nominar trascorse.
L’altra dubitazion che ti commove
ha men velen, però che sua malizia
non ti poria
menar da me altrove.
Parere ingiusta la nostra giustizia
ne li occhi d’i mortali, è argomento
di fede e non
d’eretica nequizia.
Ma perché puote vostro accorgimento
ben penetrare a questa veritate,
come disiri, ti
farò contento.
Se vïolenza è quando quel che pate
nïente conferisce a quel che sforza,
non fuor
quest’ alme per essa scusate:
ché volontà, se non vuol, non s’ammorza,
ma fa come natura face in foco,
se mille
volte vïolenza il torza.
Per che, s’ella si piega assai o poco,
segue la forza; e così queste fero
possendo
rifuggir nel santo loco.
Se fosse stato lor volere intero,
come tenne Lorenzo in su la grada,
e fece Muzio a la
sua man severo,
così l’avria ripinte per la strada
ond’ eran tratte, come fuoro sciolte;
ma così salda
voglia è troppo rada.
E per queste parole, se ricolte
l’hai come dei, è l’argomento casso
che t’avria fatto
noia ancor più volte.
Ma or ti s’attraversa un altro passo
dinanzi a li occhi, tal che per te stesso
non
usciresti: pria saresti lasso.
Io t’ho per certo ne la mente messo
ch’alma beata non poria mentire,
però ch’è
sempre al primo vero appresso;
e poi potesti da Piccarda udire
che l’affezion del vel Costanza tenne;
sì ch’ella par qui
meco contradire.
Molte fïate già, frate, addivenne
che, per fuggir periglio, contra grato
si fé di quel che
far non si convenne;
come Almeone, che, di ciò pregato
dal padre suo, la propria madre spense,
per non
perder pietà si fé spietato.
A questo punto voglio che tu pense
che la forza al voler si mischia, e fanno
sì che
scusar non si posson l’offense.
Voglia assoluta non consente al danno;
ma consentevi in tanto in quanto teme,
se si
ritrae, cadere in più affanno.
Però, quando Piccarda quello spreme,
de la voglia assoluta intende, e io
de l’altra; sì
che ver diciamo insieme».
Cotal fu l’ondeggiar del santo rio
ch’uscì del fonte ond’ ogne ver deriva;
tal puose in
pace uno e altro disio.
«O amanza del primo amante, o diva»,
diss’ io appresso, «il cui parlar m’inonda
e
scalda sì, che più e più m’avviva,
non è l’affezion mia tanto profonda,
che basti a render voi grazia per grazia;
ma quei
che vede e puote a ciò risponda.
Io veggio ben che già mai non si sazia
nostro intelletto, se ’l ver non lo illustra
di fuor
dal qual nessun vero si spazia.
Posasi in esso, come fera in lustra,
tosto che giunto l’ha; e giugner puollo:
se non,
ciascun disio sarebbe frustra.
Nasce per quello, a guisa di rampollo,
a piè del vero il dubbio; ed è natura
ch’al
sommo pinge noi di collo in collo.
Questo m’invita, questo m’assicura
con reverenza, donna, a dimandarvi
d’un’altra
verità che m’è oscura.
Io vo’ saper se l’uom può sodisfarvi
ai voti manchi sì con altri beni,
ch’a la vostra
statera non sien parvi».
Beatrice mi guardò con li occhi pieni
di faville d’amor così divini,
che, vinta, mia
virtute diè le reni,
e quasi mi perdei con li occhi chini.
Paradiso · Canto V
«S’io ti fiammeggio nel caldo d’amore
di là dal modo che ’n terra si vede,
sì che del
viso tuo vinco il valore,
non ti maravigliar, ché ciò procede
da perfetto veder, che, come apprende,
così nel
bene appreso move il piede.
Io veggio ben sì come già resplende
ne l’intelletto tuo l’etterna luce,
che, vista, sola e
sempre amore accende;
e s’altra cosa vostro amor seduce,
non è se non di quella alcun vestigio,
mal
conosciuto, che quivi traluce.
Tu vuo’ saper se con altro servigio,
per manco voto, si può render tanto
che l’anima
sicuri di letigio».
Sì cominciò Beatrice questo canto;
e sì com’ uom che suo parlar non spezza,
continüò
così ’l processo santo:
«Lo maggior don che Dio per sua larghezza
fesse creando, e a la sua bontate
più
conformato, e quel ch’e’ più apprezza,
fu de la volontà la libertate;
di che le creature intelligenti,
e tutte e sole, fuoro e son
dotate.
Or ti parrà, se tu quinci argomenti,
l’alto valor del voto, s’è sì fatto
che Dio consenta
quando tu consenti;
ché, nel fermar tra Dio e l’omo il patto,
vittima fassi di questo tesoro,
tal quale io dico;
e fassi col suo atto.
Dunque che render puossi per ristoro?
Se credi bene usar quel c’hai offerto,
di
maltolletto vuo’ far buon lavoro.
Tu se’ omai del maggior punto certo;
ma perché Santa Chiesa in ciò dispensa,
che par
contra lo ver ch’i’ t’ho scoverto,
convienti ancor sedere un poco a mensa,
però che ’l cibo rigido c’hai
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