Della storia dItalia, v. 1-2 | Page 6

Cesare Balbo
non sia la gran maestra della vita pubblica agli uomini ed alle nazioni; pi�� gran maestra agli uni e all'altre �� la pratica senza dubbio. Ma dove manchi la buona pratica (e tale �� il caso nostro pur troppo), la storia �� pure il miglior aiuto, il miglior fondamento che si possa avere ad una politica nazionale. Mal si fonda qualunque politica sulle pi�� profonde considerazioni teoriche o filosofiche, ovvero sulle stesse condizioni naturali del paese o delle schiatte. A quel modo che non poche cose fatte di mano degli uomini, come le fortezze, le vie, i canali, i porti di mare e le grandi citt�� diventano condizioni del paese non meno reali od importanti che le naturali, i monti, i fiumi, o le marine; cos�� i fatti de' maggiori lasciano tradizioni, memorie, nomi, glorie, addentellati, che son pur essi realit�� in mezzo a quelle de' fatti presenti. E la storia poi �� il solo registro di tali realit��; sola ella ricorda come s�� sien poste in opera or bene or male queste e tutte le altre realit�� naturali od artefatte, tutte le forze vive o morte della nazione; sola ella pu�� giudicare quali esempi patrii sieno da imitare, quali da fuggire. Una nazione nuova senza storia (come l'americana) ha nel fondare la sua politica i vantaggi degli uomini nuovi; pi�� operosit��, pi�� o sola preoccupazione avvenire, niun impaccio di diritti o pregiudizi passati. Ma una nazione vecchia, e che perci�� abbia storia, ma non la sappia, non ha i vantaggi n�� degli uomini nuovi n�� degli antichi, ha tutti gli svantaggi degli uni e degli altri, orgogli con ignoranze, pregiudizi senza tradizioni, i vizi senza le virt�� degli avi, impossibilit�� di rifare il passato, incapacit�� di farsi un avvenire. Non v'�� rimedio; non si pu�� uscire dalle condizioni del proprio essere; bisogna saper esser bene ci�� che si ��; chi ha un passato, debbe tenerne conto nel presente, se vuole apparecchiarsi un avvenire.
Ma io tronco questo discorso di un tempo che si annunzia oramai sereno all'operosit�� italiana, per tornare alla mia oscurit��. Fu gi�� sogno di mia giovent�� letteraria scrivere una storia generale di mia patria. Fu colpa mia non averlo adempiuto? Dio solo sa ci�� che avrebbono potuto gli uomini. Ad ogni modo questo volume �� misero resto di quel sogno. Sia tale almeno, che porti seco tutta quella utilit�� che pu�� avere. Un ristretto come questo non pu�� recare quegli esempi particolari che soli servono d'insegnamento alla vita pubblica degli uomini; ma raccogliendo in poco spazio e presentando cos�� alla memoria ed all'attenzione altrui la vita intiera d'una nazione, pu�� servir talora alla formazione della politica permanente di lei. Non aggiungo alla piccolezza del lavoro n�� la miseria delle vanit�� personali n�� quella di troppa obbedienza alle supposte od anche alle buone regole. Se si trovi soverchio il mio discorrere per un sommario, si muti questa parola sul titolo, e vi si ponga Discorsi. Ci sar�� cos�� almeno conceduto il discorrere.
Per servire al medesimo scopo, ho esteso e posto al passato il cenno ch'io faceva gi�� degli anni non finiti allora dal 1814 al 1848; ed ho aggiunte alcune parole sugli anni presenti.--Debbo i miglioramenti tipografici, e quello principale dell'indice dei nomi, a' miei editori; e debbo al signor Reumont, tedesco caro all'Italia, alcune correzioni dei fatti storici: ne avrei potute far altre, se in questi anni in che si pensava a tutt'altro che libri, non avessi smarrite alcune simili note mandatemi da altri benevoli ed attenti leggitori. Se non fosse indiscrezione nuova, pregherei questi a rimandarmele, e chicchessia a mandarmene altre. S'intende sempre correzioni di fatti; ch��, quanto a' princ��pi od opinioni, �� pi�� difficile che mai ch'io ne muti nessuna.
Torino, 5 novembre 1850.

LIBRO PRIMO
ET�� PRIMA: DE' POPOLI PRIMITIVI
(anno 2600 circa--390 circa av. G. C.).
1. I tirreni.--Gli antichi, ed alcuni moderni, credettero i popoli primitivi nati sul suolo in varie parti della terra; ma le scienze fisiologiche, le filologiche e le storiche progredite non concedono tali origini moltiplici; ne ammettono una sola, dall'Asia media tra l'Indo e l'Eufrate, e da una famiglia cresciuta in tre schiatte, semiti, camiti e giapetici.--L'Europa, salve poche e piccole eccezioni, fu tutta de' giapetici. I primi stanziativi furono, secondo tutte le apparenze, i iavani, iaoni, o ioni; i quali popolarono ci�� che chiamiam Grecia e i paesi all'intorno, e diedero nome di Ionio al mare ulteriore.--I secondi furono probabilmente i tiraseni, tirseni, raseni o tirreni, i quali occuparono ci�� che chiamiamo Italia, e diedero similmente il nome di Tirreno al mare ulteriore ad essi. Vennero dalla punta dell'Asia minore, dall'ultime falde del Tauro, da quelle regioni che si chiamaron poi Lidia; come risulta da tutte le tradizioni italiche, duranti a' tempi ancora di Tacito. Dimorarono e dieder nomi in Tracia; stanziarono nella nostra penisola; e par che vi si dividessero in
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