di casa. In casa poi....
MASSIMO.
Giusto.... tuo cognato?
GIOVANNI.
Oh non parlo di lui. Mio cognato, quando le cose furono bene assestate, mandò da me mia sorella....
MASSIMO.
La zia Irene la ricordo.
GIOVANNI.
A portarmi dieci mila lire.
MASSIMO con una smorfia.
è più volte milionario, mi pare.
GIOVANNI.
Gli contano sette milioni.
MASSIMO.
Già. Naturale!
GIOVANNI.
Va là, che ha fatto assai. D'altronde mia sorella mi ha detto ieri che sarebbe venuta stamattina a salutare Nennele che è sua figlioccia e lo diceva con intenzione. M'aspetto già che le porterà una qualche somma.
MASSIMO.
Non ti aveva offerto di tenere con sè la tua famiglia i primi tempi?
GIOVANNI.
Sì. E avevo quasi accettato, per aver più agio laggiù di cercar casa. Ma poi....
MASSIMO.
La casa è trovata. Se ti piacerà s'intende. Me lo ha telegrafato ieri l'altro il mio primo assistente. è una casetta di contadini svizzeri, ma che era stata già casa di campagna di gente agiata. Due piani, sei locali ogni piano, un luogo incantevole fuori di città, un gran prato davanti. Il proprietario ha comperato un podere lì accanto ed è andato a dimorarvi. Il mio assistente l'ha mezzo impegnata, per seicento lire l'anno. Io riterrò due camere a pian terreno, per metterci il tuo studio, e per quelle pagherò io cento lire. Restano cinquecento a tuo carico. Ti va?
GIOVANNI.
Benissimo.
MASSIMO.
Bada che non dico per indurti a lasciar qui la famiglia. Si capisce che ti sia di conforto averla subito con te.
GIOVANNI.
Oh non è questo.
Pausa; poi con accento doloroso:
Sai perchè non li lascio? Non mi fido.
MASSIMO.
Di chi non ti fidi?
GIOVANNI.
Dei miei. Se tu sapessi cosa ho veduto in casa mia dopo che è venuta la rovina! Mia moglie ti par frivola e svaporata.... eh?
MASSIMO.
Non ho mai detto....
GIOVANNI.
Mi ha portato in casa un avvocato perchè mi persuadesse a frodare i creditori. Mi proponeva degli atti simulati.... per cessione della villa.... voleva vendere questi arazzi, alla macchia, e quando le dissi che sarebbe stata allora la bancarotta fraudolenta, il processo.... la prigione, sai cosa mi ha risposto? Mi ha risposto: Non faranno in tempo. Saremo partiti.
MASSIMO.
Già!
GIOVANNI.
E mio figlio, quello che Giulia mi proponeva di fare è persuaso che l'abbia bell'e fatto! Oh lui non sa e non misura s'intende, e non me lo avrebbe consigliato, ne sono sicuro; ma così alla grossa crede che il gruzzolo in disparte ci sia.... e ci s'accomoda. E non è l'offesa che mi fa a me. Che m'importa? è il segno dell'animo.... è la promessa di quello che avverrà.
MASSIMO.
Per L'avvenire ci saremo noi.
GIOVANNI.
Tu forse.... Ma io! Li ho rovinati.
MASSIMO.
Mio padre mi ha lasciato senza un soldo a quattordici anni, e lo benedico.
GIOVANNI.
Non ho autorità. Sono un bue da lavoro e nulla più. Tu non sai lo sforzo che mi è costato essere severo questi giorni. Non ci saprò durare. Non ho mai esercitata l'autorità. Non ne vedevo il bisogno. La ricchezza abbellisce tanto tutte le cose! Sono un cattivo padre, Massimo.
MASSIMO.
Aria fresca, aria fresca! Vedrai.
VOCE DI TOMMY dall'anticamera.
Ma no.... venite venite. Avranno tutti tanto piacere di vedervi.
GIOVANNI.
I commiati ora!
SCENA UNDICESIMA.
Detti, TOMMY, la signora LAURI, poi GIULIA, poi NENNELE e LUCIA.
TOMMY.
Papà. La signora Lauri.
LAURI.
Solo un saluto! solo un saluto!
GIOVANNI.
La ringrazio.
TOMMY all'uscio di Giulia.
Mammà. Nennele.
LAURI.
Non parlo, non parlo, perchè mi fa troppa pena. Perdo i miei migliori amici. Che desolazione! Chi parte non avverte il distacco; ma quelli che restano! Non ho chiuso occhio in tutta la notte.
GIULIA entra.
LAURI.
Giulia! Tesoro! Due minuti soltanto: il tempo di abbracciarti.
L'abbraccia.
GIULIA.
Come fosti buona!
LAURI.
E Nennele?
Nennele entra con Lucia.
LAURI.
Eccola. Amore.
L'abbraccia.
Non posso dire quello che perdo.
TOMMY.
E a me! Parto anch'io.
LAURI.
A voi la mano. Anzi tutte e due le mani.
TOMMY gliele bacia una dopo l'altra.
GIOVANNI dal lato opposto della scena, a Massimo
Guardali. Guarda mia moglie. Guarda mio figlio. Ti sembrano compresi del loro stato? Tu non sai, tu non sai.
è seduto sul canapè. I gomiti appoggiati alle ginocchia e la testa nelle mani.
LAURI.
Passate per il Gottardo?
GIULIA.
No, per Modane.
LAURI.
Peccato, il Gottardo è così pittoresco!
A Nennele.
Tu sei stata mai in Svizzera?
NENNELE.
Mai.
MASSIMO scuote amorevolmente Giovanni.
Coraggio, zio.
GIOVANNI.
Tu non sai. Non li conoscevo. La colpa è mia. Ma la prosperità accieca. Ah la grazia, l'eleganza, la gentilezza, cosa nascondono! Vedrai Massimo. Lasciarli qui? Avrebbero seguitato una vita di dissipazione equivoca. Ah no! Con me, con me. Se pure basterà.
MASSIMO.
Oh che dici!
GIOVANNI.
Vedrai. Quella è gente che non sa resistere alla bufera. Non c'è fibra Al primo soffio di vento se ne va, se ne va.
SCENA DODICESIMA.
Detti, ANDREA, poi la signora IRENE.
ANDREA a Giovanni.
C'è la carrozza.
GIOVANNI levandosi.
è ora di partire.
A Massimo.
Non è venuta.
Tutti in piedi vestono i soprabiti, cercano ombrellini, bastoni.
LAURI.
Verremo a trovarvi.
TOMMY.
Promessa. Consolare gli esiliati.
LAURI a Giovanni.
A lei dico una cosa sola: Cattivo.
GIULIA.
I miei fiori. Dove sono i miei fiori?
LUCIA porge a Nennele il cappello e la spolverina.
NENNELE.
Mi giravi attorno, povera Lucia.
LUCIA vuol baciarle la mano, piangendo.
NENNELE.
Zitta, zitta.
IRENE entra dalla comune.
Ah, vi trovo ancora.
GIOVANNI.
Mia sorella.
IRENE.
Avevo una paura di non arrivare in tempo. Sarei andata alla stazione.... ma temo di commovermi. Ci sarà mio marito. Nennele. Ti ho
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