Come le foglie | Page 5

Giuseppe Giacosa
adesso e poi. Se la signora Lablanche non accorreva, di laggiù non li avrebbe più visti.
GIULIA.
Ne ha avuti tanti! Bada che c'è lì quel danaro.
TOMMY.
Sai bene che non è mio. Mi sono preso l'insaponata per farti piacere.
GIULIA prende il biglietto.
Vuol dire che non me lo dovrai più. Cosa credi? Li serbo per tutti già. Li ritroverete al momento del bisogno.
TOMMY.
Ma sì.
GIULIA.
Dodici mila lire hai guadagnato? Mi avevi detto sei l'altro giorno.
TOMMY.
Di sei me ne hai cercate cinquecento. Se ti dicevo dodici me ne cercavi mille. E poi n'è andata la maggior parte. Avevo anch'io qualche conto da pagare.
GIULIA.
Vergogna!
TOMMY.
Vergogna aver pagato i debiti?
GIULIA.
Aver giocato.
TOMMY.
Volevo ben dire! Un po' di morale!
NENNELE entra dal fondo della sala da pranzo.
GIULIA.
Vieni qui, vieni qui. Sei andata tu a chiamare il papà, eh?
NENNELE.
Sì.
GIULIA.
Bella cosa! Mi stai spiando.
TOMMY interponendosi. A Nennele.
Non rispondere.
LUCIA entra dalla comune con un biglietto che consegna a Giulia.
GIULIA lo prende, l'apre e lo legge con premura.
TOMMY durante le azioni sopradette. A Nennele.
E non pensare che ci sono io per te? Sarò un cattivo soggetto, ma....
NENNELE.
Perchè dici così?
TOMMY.
Perchè è vero.
GIULIA a Lucia.
Hai consegnato in persona i miei biglietti?
LUCIA.
Il conte Filippo dormiva ancora. L'ho dato alla cameriera. Il signor Sarzana l'ho incontrato per le scale e mi ha detto che sarebbe andato alla stazione. Don Michele è venuto lui in anticamera a consegnarmi quel biglietto. Mi ha domandato a che ora partivano; si troverà alla stazione anche lui.
GIULIA.
Porteranno dei fiori.
LUCIA.
Sono già di là. è venuto con me il domestico.
GIULIA.
E valli a pigliare.
Lucia via. Giulia rilegge il biglietto.
TOMMY piano a Nennele.
Mancavano i fiori per il viaggio!
NENNELE id. a Tommy.
Bel viaggio da infiorare.
LUCIA. torna coi fiori.
GIULIA li prende.
Oh belli belli!
NENNELE.
Mammà, si può chiudere in camera tua?
GIULIA.
Sì. Venga Lucia.
Dà i fiori a Nennele.
Tieni. Riponili che non si guastino.
NENNELE li getta sul sofà.
GIULIA.
Che modo è questo?
NENNELE.
Dove li devo mettere?
GIULIA la guarda, poi a Lucia.
Vieni con me.
LUCIA si avvicina a Nennele carezzevole.
Signorina.
GIULIA.
Andiamo!
Entra in camera con Lucia.

SCENA NONA.
NENNELE, TOMMY, poi ANDREA, poi MASSIMO.
NENNELE.
Ha proprio da aver mente a queste cose, oggi!
TOMMY.
Oh. Non moriremo per andare in Svizzera.
ANDREA dalla comune.
Posso mandare Gaspare coi bagagli, per la consegna?
TOMMY.
Le mie valigie?
ANDREA.
Le ha fatte scendere Gaspare per la scaletta.
NENNELE.
Mandatelo pure.
ANDREA.
Sa che è arrivato il signor Rosani.... il nipote.
NENNELE.
Massimo? Dov'è?
ANDREA.
L'ho visto ora dalla finestra che traversava il giardino.
NENNELE.
C'è già la carrozza?
ANDREA.
Stanno attaccando.
MASSIMO dalla comune.
Buon giorno.
Via Andrea.
NENNELE.
Oh Massimo. Quando sei arrivato?
MASSIMO.
Stamattina alle sette, diretto da Buda Pest. Buon dì, Tommaso.
TOMMY.
Caro Massimo!
MASSIMO.
Partite anche voi?
TOMMY.
Non era inteso?
MASSIMO.
Quando sono andato via, dieci giorni fa, lo zio era ancora incerto se venir solo o condurvi con sè. Ma ho capito ora a vedere i bagagli che venivate tutti.
NENNELE.
Troppi eh?
MASSIMO.
Mai! Meglio, meglio. E lo zio?
TOMMY.
Lo chiamo.
Va all'uscio di Giovanni.
Papà, c'è Massimo.
MASSIMO a Nennele.
E come va di umore? S'è riavuto un po'?
NENNELE.
è tranquillo.
MASSIMO.
E tu?--Ti rincresce venir via?
NENNELE.
Non vedo l'ora d'esser partita.
MASSIMO.
Questo non dice. Ti rincresce molto?
NENNELE.
Non vorrei restare.
MASSIMO.
Altra risposta che non risponde. Faremo conoscenza col tempo. Siamo primi cugini, ci diamo di tu, mi piacete tutti e due, ma da che siamo al mondo, ci siamo veduti due ore in tutto l'altra settimana.
TOMMY.
Io ricordo di averti veduto che avevi dodici anni. Eri uno sperlungone alto come una pertica. Io ne avevo dieci e Nennele cinque.
MASSIMO.
Io d'Irene non mi ricordo affatto.
NENNELE.
Nemmeno io di te.
MASSIMO.
Si capisce. Di Tommaso sì. Ti detestavo perchè avevi una cravatta più bella della mia.
NENNELE guardandolo.
Ora ti ripaghi.
MASSIMO.
Colle cravatte? Non ti devono mica andare a genio a te, le mie cravatte.
NENNELE.
Perchè? Combinano con tutto il vestito.
MASSIMO.
Vuol dire che ti spiacerà tutto il vestito. Ma non lo cambio.
TOMMY.
E hai ragione.

SCENA DECIMA.
GIOVANNI e detti, poi ANDREA.
GIOVANNI viene dalla sua camera.
Massimo.
MASSIMO.
Zio.
Si abbracciano.
GIOVANNI.
Mi fa tanto bene, sentirti con me.
A Nennele e Tommy.
Voi altri ci siete poi?
TOMMY.
Pronti.
GIOVANNI a Nennele.
Vedi mammà.
Nennele va in camera di Giulia. A Tommy.
E tu fa il giro di tutta la casa, a vedere se sono chiuse le stanze. E presto.
Via Tommy.
GIOVANNI.
Hai sbrigato i tuoi affari a Buda-Pest?
MASSIMO.
Benone. Ho ceduto l'appalto e con profitto.
GIOVANNI.
Mi rincresce che per causa mia....
MASSIMO.
Meglio un lavoro solo ed attenderci, che dieci e fare la spola dall'uno all'altro. Tu hai accomodato qui. Ebbi il tuo telegramma.
GIOVANNI.
Il deficit è di ottocento mila lire. Io abbandono questa casa che ha già un'offerta di trecento settanta mila lire. La scuderia, la rimessa, il mobilio, compresi gli arazzi e la biblioteca, furono calcolati ottanta mila, e cento mila la villa di Brianza che mi era costata oltre il mezzo milione. I creditori prenderanno il settanta per cento. A me non resta nulla. So che il Lauri, che era il mio principale creditore, fu così meravigliato della mia dabbenaggine, che mi diede del cretino, testuale, in piena borsa; ed un altro, amico mio anch'esso, e creditore soddisfatto anche lui, un elegantone, parlando del lavoro ostinato di tutta la mia vita e della mia probità altrettanto ostinata, ebbe a dire che sono un mulo corto--testuale anche questo.
MASSIMO.
Eleganza sportiva.
GIOVANNI.
Questo è il frutto che ho raccolto fuori
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