Col fuoco non si scherza | Page 5

Emilio De Marchi
partite a scacchi....--aggiunse l'amico con intenzione.
--Anche--confermò l'altro, arrossendo un poco.

--Si ricorda ancora la piccola Flora di me?
--Piccola.... Tu vedrai che donnone s'è fatta.
--Sicuro, dodici anni son molti: me ne accorgo al peso di questi scalini.
--Forse io ti faccio correre troppo.
--La diplomazia va sempre adagio nelle cose sue.
--Ha sempre questa bella pancia la diplomazia?
--Non giudicare dalle apparenze. Vorrei che il cuore fosse più giusto. E
invece fa quel che vuole.
--Tre mesi al Pioppino guariscono tutti i mali.
--Faremo i nostri conti.
Finita la scalinata, la strada prese a serpeggiare tra due muricciuoli alti,
ombreggiati dai gelsi e dalle piante di fico, che sporgevano dai campi:
salì poi un trattino dura e selciata, finchè la comitiva si fermò a un
cancelletto dipinto in rosso che metteva in un brolo, e il brolo era
attraversato nel suo lungo da un viale fiancheggiato da due folte siepi di
grossa mortella regolata e riquadrata come un muricciuolo. In fondo a
questo viale partiva una scala di cinque o sei gradini lunghi di vecchia
pietra sconnessa con grossi vasi di limone ai lati, fino a un portichetto
quasi rustico da dove l'occhio spiccavasi liberamente su tutta quanta la
superficie del lago, da Lezzeno fino alle lontane sponde di Bellano o di
Dervio, con tutto quanto il monte Legnone per prospettiva, come se la
montagna fosse stata fatta apposta e messa lì nell'arco di quel
portichetto.
--Qui è la mia officina, il mio salotto d'estate, il luogo dove faccio i
miei sonnellini, quando è troppo caldo. Quassù vedi i nidi delle rondini
che mi tengono buona compagnia: per di qua si va in cucina: qua c'è un
grottino fresco per il vin vecchio: per di qui si passa agli appartamenti
superiori, da dove la vista è ancora più larga. Ti ho fatta preparare la

stanza d'angolo che godeva la povera mamma e ti prego, se non vuoi
che vada in collera, di comandare come se fossi in casa tua.
L'Angiolina è ai tuoi ordini e tu le dirai quel che fa bene e quel che non
fa bene al tuo stomaco, se vuoi il caffè alla mattina o la cioccolata.
Cresti non aveva mai detto tante parole in un mese quante ne disse quel
giorno, in cui sentiva moversi dentro e ronzare tutto uno sciame di
memorie di cose pensate e non dette, di sensazioni rimaste chiuse e
come sprofondate nei crepacci più oscuri della sua coscienza d'uomo
solitario e irritabile. A Massimo aveva scritto d'un certo suo progetto in
aria e Massimo era venuto per aiutare un povero uomo a tirare abbasso
questo grosso pallone, in cui viaggiava una sublime speranza.
Flora, quella Flora dai folti capelli rossi, quella bambina che in dodici
anni si era fatta un donnone aveva ormai preso possesso del suo cuore....
L'idea ch'egli potesse essere per Flora qualche cosa di più d'un vecchio
amico andava prendendo da un anno in qua sempre più consistenza: e
più ci pensava e più gli pareva di ribadire quell'uncino nel cuore. E batti
e batti, ormai se lo sentiva così conficcato quell'uncino che levarlo da
sè non avrebbe saputo senza lacerarne tutta la carne. Ecco perchè aveva
fatto venire un amico dalla mano medica e delicata. Era strano, quasi
inesplicabile alla sua età (trentasette anni e mesi); ma ormai non c'era
più dubbio: egli era innamorato. Innamorato, egli, Cresti, d'una
figliuola di ventidue anni, di quella figliuola là? egli che si sentiva non
vecchio fisicamente, ma esteticamente vecchio e giunto a quella sazietà
della vita che fa parere tutto finito? Eppure era così, cari signori! e
questa passione era per lui molto più formidabile in quanto si
presentava al vecchietto con un'attrattiva nuova e sorprendente, non
come un ritorno d'un'antica primavera, non come un bel giorno di tardo
autunno, ma come un fenomeno non mai nè provato, nè previsto, con
tutti gl'incanti e con tutte le seduzioni d'un amore di sedici anni. Egli
non aveva mai amato così, a suo tempo, colpa sua, forse: ma il rimorso
di non avere saputo amare non faceva che aggiungere uno stimolo di
più a questo amore in ritardo e di riparazione.
Qualche volta egli si rimproverava questa debolezza nei frequenti
soliloqui con cui istigava se stesso.--Che vuoi che faccia di te quella

ragazza? che cosa vuoi ch'ella trovi in te, vecchio e rustico coltivatore
di cavoli? ha ben altri ideali per la testa la signorina del Castelletto: o se
per non saper far altro, si rassegnasse a sposarti, non ci sarebbe pericolo
che s'ingannasse sulle sue stesse intenzioni e che vi trovaste ingannati a
vicenda? Nel giuoco d'amore una sola è la partita e a chi tocca lo
scacco matto è suo danno.
Mille volte erasi già ripetuto queste considerazioni, stando tutto solo le
lunghe sere d'estate sotto il portichetto del Pioppino
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