Col fuoco non si scherza | Page 4

Emilio De Marchi
è bene che non piova troppo sopra le
piante. Il tempo che abbrunisce le muraglie e dà la patina al bronzo,
non passa inutilmente sulla facciata e sull'interno d'un uomo. Alcune
idee e molte parole ch'eran già fresche in giovinezza hanno ora un
aspetto secco, altre prima così care e preziose diventarono trite e frivole;
la voce ha un tono più basso e l'illusione che prima volava in un cielo
spazioso, se non è morta, vive malinconicamente in una gabbia.
Quando il battelliere sonò la campana e gridò la stazione di Tremezzo,
un signore vestito d'un perfetto costume di viaggio, con una borsetta di
cuoio a tracolla, girò il canocchiale che aveva agli occhi e cercò di
scoprire nella folla che si addensava all'imbarcadero una figura d'uomo
che gli ricordasse il vecchio amico; e quando il battello cominciò a
rallentare, provò ad agitare il fazzoletto, a cui rispose un ombrello
chiuso dalla riva, un segnale da innamorati che ebbe la forza di farli
arrossire tutti due. Massimo, dopo aver ben bene esplorato, visto che
non c'eran signore di sua conoscenza, si rallegrò vivamente. Cresti
aveva obbedito alla consegna. Un incontro improvviso con una certa

signora, lì sul ponte dello sbarco, sarebbe stata una cosa molto
imbarazzante.
Il battello appoggiò adagio adagio, scricchiolò contro i pali e la folla
cominciò ad incontrarsi sul ponticello mobile. Quasi sospinto da essa e
dai facchini che trasportavano i bagagli, il commendatore Massimo
Bagliani si trovò, non sapeva ben dire in che modo, all'ombra d'una
robinia con due mani nelle mani, davanti a un ometto vestito di grigio,
che aveva lasciata crescere una barbetta crespa sopra una faccia di terra
cotta, in cui brillavano due occhi neri, la faccia bruna di can barbino
dell'unico e invariabile suo amico Cresti. E questi, dopo aver palpata e
allacciata colle braccia la rotondità d'una discreta pancia che dodici
anni prima non esisteva ancora, si arrampicò sull'amico colossale e
volle baciarlo e farsi baciare: tutto questo in silenzio, s'intende, come è
bene di fare quando si avrebbero troppe cose a dire. Pareva quasi che
piangessero; ma bisognò occuparsi subito del bagaglio, che un rapace
portiere d'albergo pretendeva di portar via.
Tognina--disse il Cresti a una delle due ragazze, che era discesa con
una gran gerla sulle spalle--prendi queste tre valigie.
La donna mise la roba nella gerla, caricò questa senza fatica sulle
vecchie spalle abituate da cinquant'anni a portar ben altri pesi e andò
avanti a battere la strada per un viottolo sassoso che si distaccava quasi
immediatamente dalla via grande presso la chiesa e si arrampicava a
scalini disuguali su per la schiena del monte.
--In questi paesi o su o giù, in piano se si può--disse finalmente Cresti,
che pareva diventato un turacciolo accanto alla massa corpulenta del
signor commendatore, che somigliava piuttosto a un fiaschetto di
Chianti.--Tu avrai dio sa che sete e che fame: ma intanto che noi
facciamo questi centotre scalini, l'Angiolina, che ci ha visti partire dal
battello, fa andare il risotto a tutto vapore.
--Centotre scalini...?--domandò l'ambasciatore con un senso di
sgomento, soffermandosi sopra uno dei primi dodici.
--Ma poi la strada va piana. Ti ricorderai dell'Angiolina e della Tognina,

le nostre due ragazze d'una volta. Questa è la Tognina. Guardalo un po',
Tognina: lo riconosci? non si è fatto più bello?
La Tognina che s'era voltata d'un terzo sopra i suoi zoccoli, colle
braccia arcuate come le anse d'una anfora, dopo aver arrossito al di
sotto della ruvida corteccia, disse colla cantilena del paese:--Stava forse
un pochetto più bene nella montura: però il tempo non gli ha fatto male,
sor Massimo.
--Sor commendatore, si dice--corresse il Cresti.
--Bisognerà pure che ci lasci parlare a nostro modo.
--Hai proprio detto centotre scalini?--chiese ancora Massimo,
fermandosi a prendere un po' di fiato all'ombra di una cappelletta
sull'incontro di tre viottoli.
--Il tempo di cuocere il risotto: abbi pazienza!
--C'eran questi centotre scalini dodici anni fa?
--C'erano, ma forse erano più dolci. Anche i sassi peggiorano col tempo.
Al Pioppino non troverai nulla di cambiato, nè un chiodo, nè una sedia,
nè una stoffa. Non manca che quella povera donnetta di mia madre, che
ho fatto portare laggiù, dove spunta quel cipresso. Era il suo gusto negli
ultimi anni di stare alla finestra a vedere il lago; e spero di andare
anch'io a mio tempo a vederlo da quel cipresso. È stata lei che ha
voluto far rinfrescare questa cappelletta e ritoccare questa brutta
Immacolata, per la quale aveva una divozione speciale. A volte si dice:
peccato non poter credere!.... Del resto qui il tempo passa che tu non te
ne accorgi. Non è scomparsa la neve che ci son le violette; le violette
cedono il posto al fiordaliso e al papavero; questi all'uva, l'uva alle
castagne, le castagne alle nebbie e al freddo.
--E alle
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