non poteva togliersi dalla mente il triste ricordo di
quel viaggio notturno con la morticina avvoltolata nella vecchia coperta di lana e posta
sui cassoni e su le assi e i travicelli di cui era ingombro il carro. Egli e la inconsolabile
madre lo avevano seguito a piedi, per parecchie miglia, mentre don Carmelo, fumando la
pipa, e il carrettiere un mozzicone di sigaro, seduti su la tavola davanti, scambiavano di
tanto in tanto qualche parola. Poi, all'alba, alla svolta dove lo stradone provinciale
s'incrociava con la strada comunale, un carrettiere, pregato dall'altro che lo conosceva, li
aveva presi sul suo carro vuoto, ed era stato un ristoro.
La morticina avea dovuto rimanere quasi mezza giornata nello stanzone prima di esser
portata via al cimitero. Erano venuti il medico del Municipio e il brigadiere dei
carabinieri, e la mamma avea ripreso a piangere e a lamentarsi sommessamente, per non
irritare don Carmelo, che durante la visita del medico e del brigadiere era divenuto di
pessimo umore alle tante domande di costoro.
--Sissignore, è morta per via; chi poteva immaginarselo?
--Non avevate chiamato un medico?
--Due, anzi--mentì don Carmelo--ma non ci dissero che la bambina era in pericolo.--
Prima che entrasse il beccamorto con la cassetta sottobraccio, una pietosa vicina aveva
trascinato in casa sua la madre per non farla assistere alla dolorosa scena. Non voleva
staccarsi dal cadaverino e lo baciava e ribaciava, gemendo:--Figlia, figliolina mia, cuor
mio!--Cardello stralunato avea voluto accompagnare la morticina fino al cimitero,
piangendo quasi si trattasse di una sorella.
E ora, aiutando il padrone a inchiodare le assicelle dello scenario e a piantare i travicelli
delle quinte e della bocca d'opera, canticchiava e zufolava sottovoce per ingannare la
gran pena che aveva nel cuore.--Purchè non ci porti sfortuna!--brontolava don Carmelo.
E mandò a chiamare la moglie, perchè lavorasse anche lei.
--Durerà eterno questo pianto? Dovresti anzi essere contenta che la bambina non soffra
più e stia in Paradiso.--
E parlò in modo così brusco, che la povera donna si fece forza, si asciugò le ultime
lacrime, prese in mano il vestito del Tartaglia stracciato dal colpo di seggiola nella
memorabile serata, e cominciò a rammendarlo.
Don Carmelo avea ritrovato parecchi vecchi amici che venivano a vederlo lavorare, non
sapendo come meglio occupare il lor tempo; e, ogni volta, mandava a prendere un litro di
vino dalla vicina osteria per ricambiare la stessa cortesia che qualcuno di loro gli usava la
sera colà. Bevevano, ciarlavano, e uno di essi il più giovane, gli ripeteva una facezia che
faceva aggrottar le ciglia a don Carmelo:
--Vecchio peccatore! Non vi bastava Colombina! Avete voluto anche una mogliettina
giovane e bella!--
Costui era sempre allegro; raccontava storielle che facevano fin sorridere donna Lia,
suonava la chitarra, cantava canzonette un po' sboccate, e quando don Carmelo
dimenticava di far prendere il solito litro di vino, diceva a Cardello:
--Senz'offesa, don Carmelo... mando il ragazzo qui vicino. Su, panperso: un litro, e del
migliore.--
Don Carmelo nei primi giorni non se n'era offeso; ma a poco a poco la frequenza di Tano
Spaglia cominciò ad annoiarlo.
Costui veniva, la sera, a godersi gratis l'opera; la mattina, col pretesto di dargli il buon
giorno, passando; e nelle ore pomeridiane, per far quattro chiacchiere e spassarsi con la
chitarra, la più stupenda chitarra che gli fosse capitata tra le mani, diceva; e un giorno o
l'altro avrebbe finito col portarsela via, di nascosto, se don Carmelo non si decideva a
vendergliela; l'avrebbe pagata quel che lui voleva, s'intende.
Don Carmelo intanto non aveva coraggio di dirgli:
--Fammi il piacere, amico; non starmi sempre tra' piedi!....--
Infatti quando non veniva solo, si trascinava dietro gli altri vecchi amici di don Carmelo,
perchè nello stanzone dell'opera si stava con più libertà che all'osteria, ed era un
divertimento star a veder rivestire i pupi, e lavorare le teste e le mani di legno che don
Carmelo con quattro colpi di sgorbia e con un coltellino abbozzava, rifiniva e poi
colorava con la vernice.
Gl'introiti delle serate andavano benissimo. Folla ogni sera, da dover rimandare la gente;
e a desinare vassoi di vermicelli e tocchi di carne e frutta e vino: sembrava carnevale ogni
giorno, come diceva Cardello, che ingrassava a vista d'occhio. Donna Lia (era naturale)
stonava in mezzo a tutto quello sperpero e tra tanta allegria, vestita di nero, con gli occhi
cerchiati di livido perchè appena restava sola, con la porta chiusa, si sfogava a piangere la
morticina del suo cuore, quasi non fosse già trascorso qualche mese dalla sera della
disgrazia.
Invano Tano Spaglia le diceva scherzando:
--Ma via! Figli e guai non mancano mai!
--Mutiamo discorso!--brontolava don Carmelo.
* * *
E ogni sera, terminata la rappresentazione, mentre marito e moglie si coricavano nel
misero giaciglio dietro il palcoscenico, Cardello li sentiva leticare sottovoce

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