Cardello | Page 2

Luigi Capuana

--Sì; li abbiamo messi fuori dal cassone oggi.
--Belli?
--Alti quanto me. Paiono vivi; fanno paura.
--C'è, Pulcinella?
--E Colombina, e Tartaglia, e Peppe-Nappa, e il Mago, e il Drago, con la lingua rossa e
gli occhi rossi, che muove la coda.
--Da sè?
--Da sè. Sono già tutti appesi a un fil di ferro quelli che servono per domani sera. Ce n'è
tanti altri: re con la corona; guerrieri con le spade; uno di essi si chiama Orlando.--
E tutti stavano a sentirlo a bocca aperta, invidiandolo, canzonandolo anche, per sfogare il
dispetto di vederlo preferito.
--Farai tu da Pulcinella?
--Diventerai burattinaio anche tu?
--Chi lo sa?--rispondeva Cardello.
E il giorno dopo lo seguirono in Piazza del Mercato, mentre andava ad attaccare il
cartellone coi pupazzetti: Pulcinella da un lato, col randello in mano, e Tartaglia dall'altro
con gli occhiali verdi e il tricorno, nell'atto di prender tabacco da una tabacchiera che
sembrava una cassetta.
--Bravo, Cardello!--
E urli e fischi.
La gazzarra fu più rumorosa la sera in cui lo videro uscire dal portone in camiciotto
bianco e capellaccio grigio di felpa che gli copriva le orecchie, col tamburo su la pancetta
e in una mano il mazzo con la grossa capocchia di pelle e nell'altra una bacchetta,
accompagnato dalla giovane moglie del burattinaio, in maglia carnicina e vestito corto,
che suonava la tromba, mentre Cardello picchiava sul tamburo da un lato col mazzo e
dall'altro con la bacchetta, serio, impettito, quasi quello fosse stato sempre il suo
mestiere.
Bùntiri! Bùntiri! Pepè! Peperapè! per tutte le vie e le viuzze del paesetto, a fine di
chiamar gente allo spettacolo. Intanto lo spettacolo era Cardello camuffato a quel modo,
che non si curava dei fischi, degli urli, e si credeva diventato un personaggio
d'importanza.
Dagli usci, dalle finestre, era un accorrere su la via, un affacciarsi, un ridere, un
acclamare lui, che tutti riconoscevano quantunque travestito, che tutti chiamavano a
nome:
--Ehi, Cardello!
--Guarda Cardello!
--Evviva Cardello!
* * *
Giacchè Cardello era conosciuto più della bettonica, e voluto molto bene, perchè si
guadagnava il pane facendo qualunque servizio, sempre pronto, sempre allegro, senza
pretese. Due soldi, una bella fetta di pane, quattro fichi secchi, un piatto di fave condite
con olio e aceto o altra cosa da mangiare; Cardello non rifiutava niente, non si lagnava

mai; ringraziava e andava via tutto contento.
--Povero ragazzo! È ammirevole!--diceva la gente.
Bùntirì! Bùntiri! Il burattinaio aveva avuto una bella idea, facendo suonare il tamburo a
Cardello.
Il ragazzo gli piaceva per la sveltezza e per la serietà. Quando gli aveva domandato:
"Vuoi suonare il tamburo?" Cardello aveva risposto sùbito di sì.
--Ma bisogna che tu ti metta il camicione bianco e il cappellaccio di feltro.
--Li metterò.
--Non ti vergognerai?
--O che rubo?
--Non farai come quell'altro, ricordi?--s'interruppe rivolgendosi alla moglie--che agli urli
e ai fischi della gente, buttò via tamburo, camicione e cappellaccio in mezzo alla via... nel
paesetto vicino qui un mese fa.
--Me ne rido dei fischi! Non sono legnate.
--Bravo!--
La giovane moglie del burattinaio lo aveva interrogato anche lei nei giorni avanti:
--Come ti chiami?
--Calogero; ma mi dicono Cardello.
--Perchè?
--Se lo sanno loro!
--E non ti dispiace?
--Anzi! Si chiama Calogero pure il becchino, lo spilungone giallo giallo che mastica
sempre tabacco. Meglio Cardello.
--Sei orfano? Non parli mai di tuo padre o di tua madre.
--Sono morti da un pezzo; non li ho neppure conosciuti.
--Quanti anni hai?
--Quindici.
--E con chi stai ora? Dove dormi?
--Dalla nonna, madre di mio padre.
--Ti dà da mangiare? Ti veste?
--Quando ne ha, mi dà quel che ha. Mi busco il pane anche da me. In quanto ai vestiti, me
li regalano, vecchi, rattoppati, stracciati. Li metto come si trovano, corti, lunghi, larghi o
stretti. E poi, io non sento nè caldo nè freddo.
--Beato te!
--Quando ho freddo, mi metto a correre, faccio capriole e mi riscaldo sùbito.
--Vuoi venire con noi?
--Dove?
--Pel mondo, di paese in paese. Suonerai il tamburo; potrai imparare a muovere i burattini,
a farli parlare.
--Magari!
--Sai leggere?
--Nisba.
--Che cosa vuoi dire?
--No; si dice così.
--T'insegnerà a leggere don Carmelo, mio marito. Così apprenderai le parti.
--Chi sa se son bono?

--Ci vuol poco. E tua nonna?
--Non le diremo niente, altrimenti si metterà a piangere e non mi lascerà partire.
--No, bisogna dirglielo.
--Glielo direte voi.
--A suo tempo, tra un mese, se qui faremo buoni affari.--
Don Carmelo intanto appendeva a un fil di ferro i burattini che dovevano servire per la
rappresentazione della sera appresso; e Cardello seguiva attentamente con gli occhi
l'operazione, divertendosi a vederli girare per alcuni istanti da destra a sinistra, da sinistra
a destra, quasi volessero trovare una comoda positura prima di fermarsi.
--Chi li fa i burattini?--domandò.
--Mio marito lavora
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