Beatrice Cenci | Page 2

Francesco Domenico Guerrazzi
arrossendo, a nasconderla; ma la leggeranno, e ti
offriranno il premio che unico può darsi ai traditi--il pianto.
Ed invero, perchè non la dovrebbero leggere? Forse perchè racconta di
misfatti e di sventure? La trama del mondo si compone di fila di ferro.
La virtù nel tempo pare fiaccola accesa gettata nelle tenebrose latebre
dello abisso. Fate lieta fronte alla sventura; per molto tempo ancora
siederà non invitata alle vostre mense, e temprerà il vostro vino col
pianto. Quando cesserete di piangere voi sarete felici. E giovino adesso
le lacrime e il sangue sparsi; imperciocchè il fiore della libertà non si
nudrisca che di siffatte rugiade. La virtù, disse Socrate, in contesa con
lo infortunio è spettacolo degno degli Dei. Bisogna pure che sia così,
dacchè troppo spesso se lo pongano dinanzi ai loro occhi immortali.
Pensoso più di te, che di me stesso, io piango e scrivo. Educato alla
scuola dei mali, mi sono sacri i miseri. I fati mi avvolsero fino dalla
nascita la sventura intorno alla vita come le fasce della infanzia:--la
sventura mi porse con le mammelle rigide un latte acerbo, ma la
sventura ancora mi ha ricinto i fianchi con la zona della costanza; per

cui dentro il carcere senza fine amaro incominciai questo racconto, e
dentro il carcere adesso io lo compisco.
Sopra la terra si levarono e si levano soli, nei quali la stirpe dei ribaldi,
per celare il pallore del rimorso o della paura, s'imbrattano la faccia col
sangue dei magnanimi, come gl'istrioni della tragedia di Tespi se la
tingevano di mosto.--Lo ricordino bene le genti: quando l'amore di
patria è registrato nel codice come delitto capitale--la tirannide allaga a
modo di secondo diluvio.
Ma la storia non si seppellisce co' cadaveri dei traditi: essa imbraccia le
sue tavole di bronzo quasi scudo, che salva dall'oblio i traditi e i
traditori.
Nella sala grande di Palazzovecchio in Firenze, nella estremità della
parete volta a tramontana havvi un quadro, dove scorgi un nano
precursore del duca Cosimo dentro Siena, con un fanale acceso nella
destra. Cotesta immagine è simbolo, o verità? Cotesto nano non è
morto senza posteri: sceso da serie lunghissima di antenati, ha dovuto
lasciare una discendenza che per ora non sappiamo quando sarà per
cessare.
Al tramonto del sole alcuni uomini hanno guardato la propria ombra; e,
vedutala lunga, si sono creduti grandi. Beati loro se fossero morti a
mezza notte! Però non senza intendimento la fortuna gli ha conservati
in vita: essi hanno insegnato che mille uomini mediocri, uno aggiuntato
all'altro, non formeranno mai un grande uomo;--e molto meno un uomo
di cuore.
Apolli di gesso vuoti, ma tristi; abietti, ma iniqui;--menzogna di
divinità. Quando atterrarono in Alessandria la statua del Sole,
trovarono la sua testa ricettacolo di ragnateli: quello che troveremmo
nella vostra non so; quel che conosco di certo si è, che il vostro cuore
racchiude un nido di vipere.
Le mani sono di Esaù, la voce è di Giacobbe, diceva Isacco; in voi,
voce mani e anima tutto è di Augustulo; imperciocchè la debolezza si
accoppii ottimamente con la crudeltà. Giuda senza rimorso, Claudii

senza impero--uscite dalla mia mente per sempre.
Però mi contrista un pensiero, ed è: che dal mal seme presto o tardi
nasce un frutto pessimo. O Creatore, tu che hai insegnato come il bene
non sorga dai sepolcri,--disperdi, io ti scongiuro, il giorno delle
vendette.
Verrà un dì, e verrà sento, in cui i miei conterranei daranno sepoltura
onorata a questo corpo stanco accanto alle ossa paterne. Colà in quel
monte, a capo della Terra ov'ebbi nascimento, la mia tomba vi appaia
quasi una mano distesa per benedirvi. A me giovi la pietà vostra dopo
la mia morte; io vi ho amato dal giorno che apersi gli occhi alla vita;--e
quando condurrete i vostri figli al Santuario della Vergine, mostrando
la mia lapide dite loro:
«Qui dentro riposa un uomo, che ebbe la fortuna nemica fino dall'ora
che gli versarono sul capo l'acqua del battesimo; tutta la sua vita fu una
lunga lotta con lei: ma le lotte con la fortuna assomigliano a quella di
Giacobbe con l'Angiolo. Superato, non vinto, amò, soffrì e si travagliò
del continuo pel decoro della Patria. Non provò amici popoli, nè
principi;---lo saettarono tutti. Dall'alto e dal basso gli lanciarono strali
crudeli. Parte di vita gli logorarono le carceri, parte l'esilio. Prigioniero
meditò e scrisse; libero si affaticò per la salvezza comune, e
principalmente per quella de' suoi nemici od emuli. Invano la
ingratitudine tentò riempirgli l'anima d'odio. Le acque dello affanno
lasciavano ogni amarezza nel passargli sul cuore. Offeso gli piacque la
potenza, e la ebbe per dimostrare col fatto, che tenne la vendetta
passione di menti plebee; nè perdonava soltanto, ma (più ardua cosa
assai) egli obliò.[1] La spada della legge, confidata nelle sue mani, non
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