troppo a fidanza colle proprie forze, e si gettasse perci�� in questo argomento senza discrezione e senza prudenza, non ne uscirebbe certamente illeso, poich�� dice la Scrittura (Eccl. 3, 27): Chi ama il pericolo, in esso perir��.
Conviene invocare frequentemente il patrocinio della Vergine Santissima, specialmente al primo insorgere delle tentazioni, e usare una giaculatoria come la seguente:
?O Vergine purissima, monda il mio cuore e la mia carne colla tua santissima verginit�� e la tua immacolata concezione. Cos�� sia.?
Il sesto e il nono precetto del Decalogo, espressi in testa al 20. dell'Esodo, v. 14 e 17, evidentemente equivalgono, e perci�� giudicammo di trattarli sotto uno stesso titolo.
Come si proibisce, sotto il titolo di furto, qualsiasi usurpazione della cosa altrui, cos�� sotto il titolo di lussuria[1], si condanna ogni azione ogni peccato contro la castit��.
[1] Il testo latino ha moechiam, che letteralmente vorrebbe dire adulterio, vocabolo che qu��, in italiano, non possiamo usare imperocch�� il nostro adulterio ha un significato speciale e determinato, mentre il moechia della lingua latina ne ha uno molto ampio e generico, corrispondente precisamente alla nostra parola impudicizia, o meglio ancora a lussuria. Ecco perch�� adoperammo nella traduzione quest'ultimo vocabolo. (Nota del traduttore).
La castit�� detta cosi perch�� proviene dal verbo castigare, che indica freno alle concupiscenze (dice S. Tomaso, 22, q. 151, art. 1), �� una virt�� morale che modera i diletti venerei a seconda dei dettami della ragione.
Essa �� una virt�� speciale, imperocch�� ha un oggetto distinto: le �� annessa la pudicizia, che deriva dal pudore la quale per un verecondo rispetto della dignit�� umana rifugge talora anco da cose che potrebbero essere lecite.
Triplice �� la castit��, cio��: castit�� coniugale, castit�� vedovile e castit�� verginale.
La castit�� coniugale modera l'uso del matrimonio secondo i dettami della ragione; la castit�� vedovile consiste nell'astinenza da ogni atto venereo, dopo disciolto il matrimonio; la castit�� verginale aggiunge alla astinenza perfetta, l'integrit�� della carne. La verginit�� dunque pu�� essere considerata come uno stato materiale e come una virt��. Come stato, consiste nell'integrit�� della carne cio�� nel non aver mai consumato atto venereo; come virt��, �� la perfetta astinenza da ogni azione volontaria e da ogni diletto opposti alla castit��, col proposito di mantenersi sempre in questa astinenza. Lo stato verginale �� dunque una cosa molto distinta dalla virt�� verginale.
Lo stato verginale pu�� essere rotto da atti involontarii, per esempio, da commercio carnale violento; e una volta distrutto, non lo si pu�� pi�� ristabilire, imperocch�� non �� pi�� possibile far ritornare la carne nella sua primitiva integrit��.
Non si possono chiamare vergini nemmeno i coniugati n�� coloro che si corruppero all'infuori del matrimonio, abbench�� sieno poscia diventati penitenti e santi.
La virt�� verginale invece, lesa da un peccato che a lei e contrario ma che per�� non �� stato consumato, n�� predisposto pel matrimonio, pu�� essere riparata colla remissione del peccato, o colla riassunzione del proponimento di mantenersi per sempre in castit��. E siccome la virt�� non risiede in una data condizione corporale, ma in una condizione dell'anima, cos�� la virt�� della verginit�� non scompare in forza di atti involontarii, abbench�� questi ledano la carne. Per questa ragione, l'aureola gloriosa destinata in cielo ai vergini non potr�� esser mai conseguita da coniugi o da chi, all'infuori del matrimonio, avr�� consumato un atto carnale, quantunque costoro possano essere santi; ma otterranno questa aureola di gloria soltanto coloro che avranno sempre conservata la virt�� della verginit��, ovvero l'avranno ricuperata. Non cessano quindi d'esser virtuosamente vergini coloro, che soggiaciono involontariamente ad una forza, a cui si mostrarono renitenti.
Contraria alla castit�� �� la lussuria, sia essa consumata o non consumata, naturale o contro natura. Perci�� parleremo:
1. Della lussuria in genere;
2. Delle specie di lussuria naturale consumata.
3. Delle specie di lussuria consumata contro natura;
4. Dei peccati di lussuria non consumata;
5. Delle cause, degli effetti e dei rimedii della lussuria.
CAPO I.
Della lussuria in genere
La lussuria--che viene dal verbo lussare--�� cos�� chiamata perch�� la propriet�� di questo vizio �� quella di indebolire e rompere le energie dell'anima e del corpo: perc���� si chiama talvolta anche dissolutezza; e dissoluti appellansi coloro che a questo vizio si abbandonano. Esattamente la si definisce: Appetito disordinato dei piaceri venerei.
Denominansi venerei questi piaceri, perch�� si connettono alla generazione, a cui presiedeva, secondo i pagani, la Dea Venere.
PROPOSIZIONE.--La lussuria �� per se stessa un peccato mortale.
Questa proposizione viene comprovata dalla Sacra Scrittura, dal consenso dei Santi Padri e dei teologi, e dalla ragione.
1. Sacra Scrittura: Epist. ai Gal. 5, 19 e 21: ?�� evidente che coloro i quali compiono opere carnali, come la fornicazione, l'impurit��, l'impudicizia, la lussuria, e altre cose simili, ch'io vi esposi come or vi espongo, non entreranno nel regno de' Cieli,?
2. Santi Padri e teologi sono unanimi nell'insegnare che il peccato della lussuria ��, per natura sua, mortale.
3. La ragione dice che i piaceri venerei furono dalla ment del Creatore unicamente destinati alla propagazione

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