la mano e molle
Trassi alle
labbra il tiepido tesoro.
Povera capra, addio!
Se Dio tien nota, ci
vedremo all'ultimo
Di Giosafat in qualche ombra romita.
Perchè ride, marchesa?
Se tra gli umani irsuti arido è spesso
Il
favellar e il vivere
Qual colpa n'ha la capra?
Qual colpa il servo suo
quando all'altero
Riso non ride e l'anima non trova?
LA FANCIULLA BENEFICA
Quando tu scendi al poveretto albergo
in man recando del tuo cor la
manna,
ogni misero a te guarda e sorride
come ad angelo suo.
La madre cui la voce acuta strazia
del bambinel, che invan le batte il
seno,
ti saluta:--Da qual discesa a noi
scala celeste, o buona?
Cercano i fantolini, alto levando
le mani picciolette, onde dal tergo
ti si spicchino l'ale e donde al crine
tanto splendor ti venga,
inebriati al suon delle soavi
parole. Ed io, quando tu passi, anch'io
cerco, ma invan, dei molli piè la molle
orma nel fango impressa:
chè un alito ti porta tra le case
e per le vie correnti, un caldo affanno
ti accende ai mali altrui, sì che non pesa
a te la tua persona.
--Addio--ti gridan dalla soglia i ciechi
padri che ascoltan trasognati il
sole
sulla morta pupilla.--Addio fanciulla,
bella siccome il sole!
In tua beltà tu scendi entro gli spiriti
chiusi nell'ombra, vision lucente,
scendi e vi lasci un pio calor di santo
raggio che d'alto piove.
Dal capezzal di gravi morbi afflitto
ti chiama e bianca a te volge la
testa
la moribonda, quando vai pietosa
tra i molti letti in fila.
Sì, tu, come la mite entra di luna
luce per le finestre, ai molti mali
rechi un sorriso e ancor più dolce mesci
ai pianti umili il pianto.
Bontà, raggio di Dio, passa le pietre,
trapassa i cuori nel dolor sepolti,
di lei vivono i morti e in lei non muore
chi sen riveste e cinge.
Tu, perchè buona, fatta già sicura
tra noi mortali dubitosi e tardi
cammini innanzi e colla mano accesa
a noi rompi la via;
si che possiamo nella triste valle
credere a un raggio dell'eterna Luce
e sul tuo piede rintracciar la meta
delle lontane cose.
IL FIUME E LA VITA
Tu scorri e vai, tu fiume, alto sonando,
Tra i rochi sassi nel silenzio
vai:
Donde partisti e quando
E dove e perchè vai forse che il sai?
Tu mi risvegli e ti sento passare
Pieno di pianti nel frigido letto:
Alzo la testa, e se attendo mi pare
Che meco pianga, o vecchio
poveretto,
Perchè sei stanco di dover andare.
Mentre riposa ciascuna persona,
Tu sol non cessi dal lungo tuo guaio:
Fai nel passar una romba che suona
Come il girar d'un immenso
arcolaio,
A cui la testa lenta si abbandona.
E lento mi abbandono sul guanciale,
Tornando ai sogni in cui tu
piangi ancora.
Qual forza ne trascina entro il fatale
Corso del tempo
e mai senza dimora
Uomini e fiumi in un destin uguale?
Tu scorri e vai, tu fiume, alto sonando
Tra i rochi sassi nel silenzio
vai:
Che vai tu domandando?
Segui tua forza che non resta mai.
0. * *
Nell'ombra d'un altissimo mistero
Nato dal pianto di fonte romita,
Sceso saltando per picciol sentiero
(Che per noi prende il nome della
Vita)
Di balza in balza con rumor leggiero
Garrulo strepitasti, o fresco umore,
Di giovinezza tua cérulo e molle,
Ora questo baciando ora quel fiore
In un bel gioco tra le verdi zolle
(Che per noi prende il nome dell'Amore).
Dai caldi soli poi fatto vorace,
Più che d'acque lucente di tue spume,
Sprezzasti il verde dell'antica pace
Per penetrar gli abissi, avido
fiume,
Portando guerra come ai forti piace.
Così si ruppe il giovanil tormento
Di questo cor contro le sorti cupe
Del viver, nè temette lo spavento
Che mugge ai piedi dell'aerea
rupe,
Quando si sparse la gran forza al vento.
Tu scorri e vai, tu fiume, alto sonando,
Tra i rochi sassi nel silenzio
vai:
Precipitar amando
È legge antica che non cangia mai.
0. * *
Fatta più saggia l'anima si stende
In più docile corso. Ama la riva
Dei campi ove più densa erra e discende
L'ombra dei salci e la canzon
giuliva:
E lieta dona quel che lieta prende.
L'estate in noi si specchia e corre l'onda
In mezzo ai fiori e in mezzo
all'erbe piena:
L'opra dell'uomo placida seconda
Quando ai molini
le sue forze mena,
O d'antica città bacia la sponda.
I neri ponti dagli archi fuggenti,
Gli ardui castelli e le ruvide mura
Senton l'istorie delle vecchie genti,
O sacro fiume, entro la notte
oscura
Uscir dall'ombre de' tuoi fiotti lenti.
Le sente del poeta il mesto cuore,
Che ripieno di spiriti e leggende
Evoca i tempi e fa riscoccar l'ore
De' giorni morti, mentre il corso
scende
Nella barca che porta il suo dolore.
Tu scorri e vai, tu fiume, alto sonando,
Tra i rochi sassi nel silenzio
vai:
Proceder forte oprando
Questo ti salvi se di più non hai.
0. * *
Alle città siccome fresca vena
Scendi di vita a rinnovar la forza,
L'acqua tua lava il fango che avvelena
Le dimore dei vivi e l'aria
ammorza
De' giorni tristi e della calda arena.
Così sognai recar, fiume regale,
Ai pigri affanni l'onda de' miei canti
Come tu scendi in tuo furor fatale:
Così coi versi flagellar sonanti
Il fango che sugli uomini più sale.
Gran sogno, ohimè... Già l'onda, ohimè si lagna
D'esser
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