mio
(La nostra sorte altra non è che questa)
Nel canto il
morto spirito si accende._
_"S'apron l'ali agli affanni e scioglie il pio
Vol la pietà, se una
canzone mesta
Nell'alta solitudine si accende.
Degli alberi al dolor
mescolo il mio
Dolor canoro ed ogni stella a questa
Grazia vedo
tremar che in alto splende._
_"A noi concesse un buono Iddio la mesta
Voce del canto onde
l'amor si accende.
Cantano i cuori amanti al canto mio,
E se tu canti,
la virtù più splende:
Null'altro ufficio agli uomini è più pio,
Null'altra sorte è pura come questa"_
A UNA GIOVINE POETESSA
Quel che nel verso mio matura a stento
All'ombra dell'antico
biancospino
Fiorisce In un momento
In mille rose in mezzo al tuo
giardino.
Quel che nel verso mio languido pianto
Suona o singhiozza nella
notte oscura
Esce limpido canto
Presso il mattin dalla tua bocca
pura.
Quel che alle carte io chiedo dei poeti
E faticosamente intesso al
verso,
Al ciel, ai campi lieti,
Al mar tu strappi armonioso e terso.
Tu colle mani verginelle infiori,
O della vita interprete sincera,
I
giovinetti amori:
Io sol conforto la vecchiezza a sera.
Piegarsi come salice al tuo pianto
Sento il dolore di mia vita oscura,
Ma quando ride il canto
Del tuo sorriso, rìde la Natura.
--Oh, cessi alfin--a me dice la gente
Una nenia che l'anima ci schianta;
A te, musa innocente,
Gridan l'altre fanciulle: canta, canta...
LITANIE VECCHIE
E LITANIE NUOVE
Nell'ore languide dei caldi estati,
Mentre ronzavano
Api e farfalle
d'oro nei prati,
E nella nitida chiesetta il sole
Pingea l'altare,
Non
altro udivasi che un susurrare
Di labbra e un morbido
Striscio di
suole.
Poi nulla, Attonita nel paradiso,
Bianca la tonaca e bianco il
viso,
La pia badessa, dicendo l'Ave,
In un soave
Sonno chiudeva
le luci stanche
Entro una nuvola di cose bianche.
Il rossignolo nella
foresta.
Facea la siesta.
L'aria tacea calida. Solo
All'ora inutile un
oriolo
Metteva il segno
Nella sua vecchia cassa di legno.
0. * *
Cangiano i tempi: crollano i santi
Dai pinti portici:
Se alcun ne resta,
come si vede,
Su per i canti,
È dell'intonaco più forte il merito
Che della fede.
Stridon le macchine, stridono i garruli
Telai. La
grande
Anima torna d'un mondo fossile
E pei comignoli urla e si
spande.
Due mila ruote
Un soffio, un sibilo
Agita, scuote
Indemoniate da cento spiriti:
Treman le vôlte,
Balzan gli scheletri
delle sepolte.
0. * *
I tempi nuovi filano i vecchi,
Dai denti striduli degli apparecchi
Esce il rosario della felice
Età che dice:
"O Pane, o Pane, o bianco o giallo,
Ave boccone!
Dal primo fallo
d'Adamo e d'Eva
Confitto in l'ugola l'uomo solleva.
Oggi non basta
di un'età casta
La salmodia:
Sui fusi rotola la litania
E l'orazione:
Ave, boccone!
"Te a mattutino, te a mezzogiorno
E te a compieta
Chiama una
gente irrequieta,
Che in mezzo ai vortici degli arcolai
Tesse la tela
dei lunghi guai:
Ave, boccone, cotto nel forno!
"Sudore e lagrime inteneriscono
Un pan di cenere e di carbone
Che
il dente macina della malsana,
Macchina umana.
Ave, boccone!
"O Pane, o Pane, o giallo o nero,
Tu sol sei vero,
Ave, spes unica.
Se tu ne manchi,
Cedono i fianchi, cedon le braccia,
E nella macina
il cor si schiaccia."
0. * *
Così risonano nel rombo immenso
Del giorno e salgono, monache pie,
De' nuovi tempi le litanie
In mezzo a nugoli di nero incenso.
Ma
s'io ritorno per il sentiero
Quando la bianca luna si specchia
Nei
rotti muri del monastero,
Mi par d'intendere, o monacelle,
Le
campanelle
Che ancor vi chiamano a salmodia:
"_O rosa mistica,
O domus aurea,
Ave, Maria.._"
0. * *
A queste note,
Che d'una morta speranza parlano,
Del cor io sento
strider le ruote
E sonar l'ora d'una passata
Notte stellata.
IL TELEGRAFO
SULLA MONTAGNA
Van per la verde valle e s'inseguono,
Salgono il clivo in ordin lento
I retti tronchi, la rupe sfidano,
Sfidano il vento.
Carche di folgori dal ciel le nuvole
Scendon, ma i tronchi salgono
ancora,
Traendo il gracile filo, dell'aquila
Alla dimora
Il pie' confitto nella vulcanica
Roccia, fedeli soldati all'erta,
Dell'uom la scossa alma trascinano
Per la deserta
Region dei turbini, oltre le vergini
Cime, alle soglie d'irti ghiacciai,
Ove non pose capra selvatica
Orma giammai.
Mentre più candido cade sugli omeri
Dell'alpe il verno e tutto tace,
Mentre la spuma del fiume rigida
Sepolta giace:
Mentre sopiti dormono i pascoli,
Che udir nel maggio mugghiar gli
armenti,
Sull'agil trama caldo lo spirito
Va delle genti,
Vanno le alate novelle ai popoli,
Vanno gli amori. Da lande ignote
Escon le insidie e delle lagrime
L'aride note.
Spesso nell'ululo piange dei turbini
Un cuor di madre, a cui da sponde
Arse pel vuoto sen dello spazio
Piange e risponde
Del caro figlio l'estremo anelito:
L'ansie s'inseguono al filo ordite,
Urtano i baci estremi e cadono
Spesso due vite.
Cinge la sorda terra una nervea
Rete, che spasima e pianto stilla:
Palpita il mondo del nostro palpito
Alla scintilla.
Così la Mente d'un invisibile
Nume la cieca materia avviva,
E a noi
da cieli inaccessibili
La voce arriva.
Tolti gli indugi, muore più rapida
L'ora felice; ai tardi mali,
Tu dei
viventi forse il più misero,
Hai dato l'ali.
LA TRASMISSIONE
DELLA FORZA ELETTRICA
_(Paderno-Milano, 29 Settembre 1898)_
L'oziosa cascata di candide piume
Vestita, delizia di oziosi poeti,
Che versa da secoli dell'acque il volume
Scherzose tra i muschi dei
ruvidi greti,
Dei gelidi laghi la chioma fluente,
Dei cieli, dell'iride
lo specchio lucente,
La liquida ninfa--mirabile gioco!
Sprigiona,
sfavilla dall'anima il fuoco.
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