Tempesta e bonaccia | Page 3

la Marchesa Colombi
la sera del giorno seguente, mi persuasi che, a rimediare all'offesa che le avevo fatta, ed al dispiacere che avevo dato a Giorgio, era necessario che passassi ancora quella sera con loro. Andai a vedere Fulvia nel suo camerino in teatro; Giorgio mi vi raggiunse, e tornammo all'Albergo Milano insieme.
Fulvia aveva cantato quella sera con tanta grazia e tanta passione, che il pubblico l'aveva accolta con entusiastici applausi. Nel camerino s'erano affollate le visite a complimentarla. Io l'avevo ascoltata da un palco di proscenio, ed amantissimo della musica, ero stato profondamente commosso dalla sua voce; dimenticai le parole poco lusinghiere per me che ella avea dette ad Albani e, nella sincerit�� dell'animo, le dissi porgendole la mano:
--Signora Fulvia, ella mi ha strappato le lagrime.
--Le ho vedute, mi rispose: e mi strinse la mano cordialmente, e da quel momento fummo amici.

VI.
Il domani Fulvia non cantava, ed io accompagnai la giovane artista in casa Prandi a passarvi la serata. La societ�� era poco numerosa. Vittoria accolse la sua raccomandata colla solita affabilit��, e mi parve che si riuscissero simpatiche a vicenda. Ciarlarono all'amichevole un po' di tutto; Fulvia saltando di palo in frasca, trattando le cose con frivolezza mista d'un zinzino di sarcasmo, ed esprimendo certe idee arrischiate che facevano restare gli ascoltanti a bocca aperta. La marchesa seria, melanconica, ragionevole.
Io certo preferivo il nobile buon senso della donna mia; ma cos��, da osservatore, notai che la conversazione di Fulvia riusciva pi�� piacevole.
La marchesa mi guardava col suo occhio profondo pieno d'amore; i lunghi sguardi ch'ella mi volgeva tradivano la pi�� viva passione.
Io ne ero certo lusingato e felice; ma non avrei voluto per nulla al mondo che Fulvia si accorgesse che io... cio�� che la marchesa aveva il cuore preoccupato. E per�� le ricordai che quando volesse ritirarsi, ero a' suoi ordini.
Ella si trattenne sino alle dieci soltanto. Mentre uscivamo. Vittoria mi strinse la mano e mi susurr��:
--Tornate?
Io le risposi con un cenno affermativo; ma nella mia alta prudenza avevo gi�� deciso che non tornerei. Fulvia poteva aver concepito qualche sospetto, ed io sentivo di doverla persuadere, pel decoro della donna mia, che il mio cuore... cio�� che il cuore di Vittoria era completamente libero. E per��, rientrato con Fulvia all'Albergo Milano, posai il cappello coll'aria tranquilla d'un uomo cui nulla fa premura, deciso a trattenermi.
Vittoria avrebbe dovuto essermi riconoscente di quel sacrifizio fatto al suo decoro.
La giovane mi guard�� un momento con meraviglia, quasi aspettando che mi congedassi. Io sedetti accanto alla sua tavola, e mi posi a sfogliare un albo. Ella allora mi offerse un sigaro, e si pose a sedere dall'altro lato del tavolino.
Per verit��, bench�� non ci mettessi interessamento di sorta, il tempo mi pass�� veloce tenendo dietro alle matte scorribande di quel cervellino per le vie pi�� torte della fantasia.
Quel poco che sapeva del mondo lo presentava in modo affatto nuovo; aveva il dono di sorprendere sempre. Quando la lasciai erano le undici, e dovetti confessare a me stesso che uno spirito elegante e sereno, per chi non avesse come me un'altra passione, pu�� piacere non meno che un'immaginazione vaporosa e sentimentale.
Certo, Giorgio Albani, col suo cuore entusiasta correva pericolo di perdere la pace, frequentando quella giovane. Compresi che, a preservare l'amico mio da una passione che potrebbe costargli delle amarezze, era mio dovere condividere con lui la compagnia dell'artista; e, quando uno di noi dovesse rimanere solo con lei, era meglio che restassi io, che nel mio impegno con Vittoria aveva una salvaguardia.
Il giorno dopo cominciai, coll'eroismo dell'amicizia, a passare tutte le m��e ore di libert�� presso Fulvia.
Giorgio era sempre con noi; veniva insieme e partivamo insieme. Egli le lanciava sguardi appassionati; la circondava d'ogni maniera di premure; e quando parlava con lei aveva persino un'altra voce; trovava delle note profonde di petto che non avevo mai conosciute nella sua scala vocale.

VII.
Un giorno, uscendo da pranzo con un amico, incontrai Fulvia tutta sola che camminava a passi accelerati in via del Monte Napoleone dirigendosi verso il Corso. Presentai l'amico a lei, lei all'amico, e dalla presentazione emerse, sempre nuovo come la Fenice della favola, il famoso complimento:
--Ho tanto piacere di fare la sua conoscenza, col rispettivo:--Il piacere �� tutto mio.
Ma per verit��, se vi fu momento in cui Fulvia non mi diede grande idea del suo spirito, fu quello; tanto pi�� che, nel pronunciare quel supremo dei luoghi comuni, la vidi arrossire come una collegiale.
--Qui c'�� del torbido, pensai; e quindi le chiesi dove fosse diretta.
--Dalla signora Melli, mi rispose, e continuava ad arrossire.
Io avevo tutta la stima di quella giovane, ma non ero tanto ottimista da attribuire quel rossore e quella subita paralisi del suo spirito alla soggezione che poteva inspirarle uno sconosciuto. E per��, non per curiosit��, n�� per interesse mio proprio, ma per l'interesse di Giorgio che evidentemente l'amava, volli accertarmi se
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