Rime di Argia Sbolenfi | Page 2

Argia Sbolenfi
di nuovo senza impiego ed in cerca di un altro. Insomma tutto un romanzo comico, pieno di trovate felici, di festività arguta e qualche volta di velata melanconia.
E il signor Pietro Sbolenfi aveva per moglie la signora Lucrezia e per figlia la signorina Argia, attrici principali nella stravagante commedia della sua vita. La grafomania è contagiosa e la signorina Argia cominciò a mandare al giornale le sue epistole lamentevoli e pretenziose.
Si voleva, a quel che pare, crear un altro tipo; quello della ragazza che ebbe una mediocre istruzione e che, inacetita dal celibato, chiama il pubblico a testimonio delle sue isteriche sofferenze, Il tipo non era così allegro come l'altro; di più non era nuovo e le?manifestazioni dell'isterismo essendo spesso erotiche, c'era pericolo di cadere in una triviale pornografia.
E la signorina ci cadde malamente, lunga e distesa.
è ben vero, lo ripeto, che il tipo non si poteva intendere senza l'erotismo; ma c'è modo e modo. è ben vero che i lettori di un giornale quasi in dialetto non avrebbero inteso bene una Nuova Eloisa e che per ottenere l'effetto occorreva sal grosso di cucina, non aromi delicati; ma resta tuttavia che nulla giustifica il turpiloquio mal velato sotto gli equivoci grossolani, la scatologia suina che non si vergogna della sua loia. Ci fu chi torse il naso, ma purtroppo il pubblico in generale applaudì!
Così l'Argia si mise in piazza, prima, come ho detto, con certe lettere ridicolose che rifacevano l'ortografia e lo stile paterno, poi a poco a poco, con certe poesie non meno ridicole di cui son saggio le prime di questo sbagliato volume.
Unico merito, se pure è tale, è un progressivo levarsi e correggersi, come di chi, avvistosi dell'errore, cerca di spacciarsi dal brago. Ma ciò non scusa in modo alcuno la bassezza e la sudiceria sciocca degli esordi.
A questo modo la poetessa (come si battezzava da sè modestamente) seguitò a metter fuori le sue fagiolate e il male non sarebbe poi stato grande se non si fosse pensato a raccoglierle in volume. Ah, veramente il bisogno di una sporcizia di più, a questi, bei lumi di luna, non era sentito!
A me pareva impossibile che si potesse giungere a questo; tanto che, pregato anni sono, di fare la prefazione alla raccolta, dissi di sì, nella certezza che non se ne sarebbe fatto nulla. I versi erano ancora pochi e pensavo che fino ad un volume la poetessa non ci sarebbe arrivata; ed ahimè, ci arrivò!
Ora innamorata dell'Imperatore di Germania che credeva venuto a Roma per sposar lei, ora intabaccata di un canonicaccio di manica larga, degno Vescovo di Seboim, la pettegola figliò tanti versi da mettermi al punto di mantenere la promessa. Non è a dire quante scappatoie cercai per esimermene, come volli dissuadere, come temporeggiai! Ma non ci fu verso. La parola era data e, per quanta ripugnanza ci avessi, dovetti mantenerla. Solo mi riserbai di dire schiettamente quel che ne penso, non perchè il disapprovare possa valermi di scusa, ma perchè lo sfogarsi dopo tutto è un sollievo.
? * *
Se frugo nei più intimi ripostigli della mia coscienza, non ci trovo nulla che mi chiami all'onore degli altari. In quel quarto d'ora di notorietà cui, come tanti altri, soggiacqui, non fui precisamente lodato come continuatore delle virtù di S. Luigi Gonzaga o come emulo di Giuseppe servo di Putifar. Tempi, ahimè, troppo lontani e che volentieri rivivrei; parole e versi che, potendo, ridirei senza rimorso e senza rossore; ma tempi, ahimè, troppo lontani!
Dico questo, non per balorda libidine di parlare de' fatti miei, ma perchè si creda che, disapprovando senza restrizioni queste scelleraggini, scrivo per convinzione e non per affettazione. Allora ed oggi mi persuadeva e mi persuade la teoria della immacolatezza dell'arte, purchè sia arte e sia bella. Venere Anadiomene e Cristo Crocifisso sono rappresentati ignudi tutti e due e nessuno dei due nella rappresentazione artistica è immorale. Onorato di Balzac, che non è poi il primo capitato, nell'_Avant--propos de la Comédie Humaine_, diceva--?_Le reproche d'immoralité qui n'a jamais failli à l'écrivain courageux, est d'ailleurs le dernier qui reste à faire quand on n'a plus rien a dire a un poète. Si vous étes vrai dans vos peintures, si à force de travaux diurnes et nocturnes vous parvenez à écrire la langue la plus difficile du monde, on vous jette alors le mot immoral à la face_?--Solo il brutto è immorale.
è perciò che questa studiata ricerca del brutto, del triviale, dell'imbecille, mi irrita. Questa non è più arte, è laidezza, è turpiloquio spregievole; ed ho appunto voluto ricordare il quarto d'ora di notorietà che ebbi in passato perchè si vegga che la disapprovazione non viene da bigotta ipocrisia, ma da convinzione salda intorno alla ragion d'essere dell'arte. E che cosa ha da fare l'arte con queste cretinerie pediculose che s'intitolano _romanze, favolette_ etc.? Anzi è bestemmia
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