i colori, danno a quel tramestìo l'aspetto più di un divertimento che di un lavoro. E poi la popolazione non è nuova. Son tutte figure conosciute, che fanno sorridere. è Gervaise che s'affaccia alla porta della bottega col ferro in mano, è monsieur Joyeuse che va all'ufficio fantasticando una gratificazione, è Pipelet che legge la Gazzetta, è Frédéric che passa sotto le finestre di Bernerette la sartina del Murger, è la merciaia del Kock, è il gamin di Vittor Hugo, o il Prudhomme del Monnier, è' l'homme d'affaire del Balzac, è l'operaio dello Zola. Eccoli tutti! Come ci accorgiamo che, anche lontani le mille miglia, si viveva nella immensa cinta di Parigi! Sono le otto e mezzo, e la grande giornata della grande città,--giornata per Parigi, mese per chi arriva,--è già cominciata, calda e clamorosa come una battaglia. Di là dal clamore della strada, si sente confusamente la voce profonda degli enormi quartieri nascosti, come il muggito d'un mare mascherato dalle dune. S'è appena usciti dal boulevard Beaumarchais, non s'è ancora arrivati in fondo al boulevard delle Figlie del Calvario, e già s'indovina, si sente, si respira, sto per dire, l'immensità di Parigi. E si pensa con stupore a quelle cittadine solitarie e silenziose, da cui s'è partiti; che si chiamano Torino o Milano o Firenze; dove si stava tutti a uscio e bottega, e si viveva quasi in famiglia. Ieri vogavamo in un laghetto; oggi navighiamo in un oceano.
Si è fatto un po' più d'un miglio, s'entra nel boulevard du Temple. Qui la strada larghissima s'allarga ancora, le case s'innalzano, le vie laterali s'allungano. La maestà di Parigi comincia ad apparire. E così, andando innanzi, tutto cresce di proporzioni e s'ingentilisce. Cominciano a sfilare i teatri: il Circo olimpico, il Lyrique, la Ga?tè, les Folies; i caffè eleganti, i grandi ?magazzini?, le trattorie signorili; e la folla va pigliando un aspetto più schiettamente parigino. Il movimento è notevolmente maggiore che nei tempi ordinarii. La nostra carrozza è costretta a fermarsi ogni momento per aspettare che la lunga fila che la precede si metta in moto. Gli omnibus di tutte le forme, che paion case ambulanti, s'incalzano. La gente s'incrocia correndo in tutte le direzioni come se giocasse a bomba da una parte all'altra della strada, e sui due marciapiedi passano due processioni non interrotte. S'entra nel boulevard Saint Martin. è un altro passo innanzi sulla via dell'eleganza e della grandezza. I chioschi variopinti si fanno più fitti, le botteghe più splendide, i caffè più pomposi. I terrazzini e le righinette delle case si coprono di cubitali caratteri dorati che danno a ogni facciata l'aspetto del frontispizio d'un libro gigantesco. I frontoni dei teatri, gli archi delle gallerie di passaggio, gli edifizi rivestiti di legno fino ai primi piani, le trattorie che s'aprono sulla strada in forma di tempietti e di teatri luccicanti di specchi, si succedono senza interstizii, gli uni congiunti agli altri, come una sola bottega sterminata. Mille ornamenti, mille gingilli, mille richiami, vistosi, capricciosi, ciarlataneschi, sporgono, dondolano, si rizzano da tutte le parti, luccicano a tutte le altezze, confusamente, dietro agli alberi, che stendono i loro rami frondosi sui chioschetti, sui sedili dei marciapiedi, sulle piccole stazioni degli omnibus, sulle fontane, sui tavolini esterni dei caffè, sulle tende ricamate delle botteghe, sulle gradinate marmoree dei teatri. Al boulevard Saint Martin succede il boulevard St. Denis. La grande strada s'abbassa, si rialza, si stringe, riceve dalle grandi arterie dei popolosi quartieri vicini ondate di cavalli e di gente, e si stende davanti a noi, a perdita d'occhi, brulicante di carrozze e nera di folla, divisa in tre parti da due enormi ghirlande di verzura che la riempiono d'ombra e di freschezza. Son tre quarti d'ora che si va a passo a passo, serpeggiando, rasentando file interminabili di carrozze che danno l'immagine di favolosi cortei nuziali che si estendano da un capo all'altro di Parigi. Si entra nel boulevard Bonne nouvelle, e cresce ancora il formicolìo, il ronzìo, lo strepito; la pompa dei grandi ?magazzini? che schierano sulla strada le vetrate enormi; l'ostentazione della réclame, che sale dai primi piani ai secondi, ai terzi, ai cornicioni, ai tetti; le vetrine diventan sale, le merci preziose s'ammucchiano, i cartelloni multicolori si moltiplicano, i muri delle case spariscono sotto una decorazione smagliante, puerile e magnifica che seduce e stanca lo sguardo. Non è una strada per cui si passa; è una successione di piazze, una sola immensa piazza parata a festa, dove rigurgita una moltitudine che ha addosso l'argento vivo. Tutto è aperto, trasparente, messo in vista, come in un grande mercato signorile all'aria libera. Lo sguardo penetra fin nelle ultime sale delle botteghe straricche, fino ai comptoirs lontani dei lunghi caffè bianchi e dorati, e nelle stanze alte dei restaurants principeschi, e abbraccia a ogni leggerissimo cambiamento di direzione, mille
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