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The Project Gutenberg EBook of Poesie scelte, by Silvio Pellico
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Title: Poesie scelte
Author: Silvio Pellico
Release Date: February 3, 2006 [EBook #17671]
Language: Italian
Character set encoding: ISO-8859-1
0. START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK POESIE
SCELTE ***
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de France (BnF/Gallica) at
http://gallica.bnf.fr
)
POESIE SCELTE
DI
SILVIO PELLICO
DA SALUZZO.
VOLUME UNICO.
PARIGI,
BAUDRY, LIBRERIA EUROPEA,
3, QUAI
MALAQUAIS.
1840.
BIBLIOTECA
POETICA ITALIANA
CONTINUATA DA QUELLA
DEL BUTTURA.
TOMO XXXVI.
CONTINUAZIONE
TOMO VI.
DALLA STAMPERIA DI CRAPELET,
RUE DE VAUGIRARD,
Nº 9.
SI VENDE PURE
DA STASSIN E XAVIER,
9, RUE DU
COQ-SAINT-HONORÉ.
AL LETTORE.
Amore sotto le più nobili forme ne' gaudi, amore e rassegnazione ne'
mali sono anima al vivere di Pellico, sono l'espressione de' suoi versi;
chè in essi l'anima di lui tutta è diffusa. In questo giudizio speriamo
verran coloro che leggeranno le seguenti poesie, le quali abbiam scelte,
toltone la Francesca, dalle molte pubblicate dall'autore dopo la sua
liberazione dallo Spielberg.
Inclinando alquanto col secolo fummo parchi nel dare di quelle rime
del nostro autore in cui egli trascorre alla contemplazione delle cose
divine. Un libro ascetico o quasi ascetico sarebbe letto da pochi, forse
da nessuno di coloro che ne abbisognano, e resterebbe quindi senza
frutto. L'armi spirituali lampeggino sole nelle sacre bigonce, ma ne'
libri di amena letteratura portino miste agli umani diletti le salutari
punture.
0. RONNA.
FRANCESCA DA RIMINI
TRAGEDIA.
Noi leggevamo un giorno per diletto,
Di Lancillotto come amor lo
strinse,
Soli eravamo e senza alcun sospetto.
Per più fiate gli occhi
ci sospinse
Quella lettura e scolorocci il viso.
Ma solo un punto fu
quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disïato riso,
Esser baciato
da cotanto amante,
Questi, che mai da me non fia diviso,
La bocca
mi baciò tutto tremante.
PERSONAGGI.
LANCIOTTO, signor di Rimini.
PAOLO, suo fratello.
GUIDO,
signore di Ravenna.
FRANCESCA, sua figlia e moglie di Lanciotto.
UN PAGGIO.
GUARDIE.
_La scena è in Rimini nel palazzo signorile._
FRANCESCA DA RIMINI.
ATTO PRIMO.
SCENA PRIMA.
Esce_ LANCIOTTO _dalle sue stanze per andare all'incontro di
GUIDO, il quale giunge. Si abbracciano affettuosamente.
GUIDO.
Vedermi dunque ella chiedea? Ravenna
Tosto lasciai; men della figlia
caro
Sariami il trono della terra.
LANCIOTTO.
Oh Guido!
Come diverso tu rivedi questo
Palagio mio dal dì che
sposo io fui!
Di Rimini le vie più non son liete
Di canti e danze; più
non odi alcuno
Che di me dica: Non v'ha rege al mondo
Felice al
pari di Lanciotto. Invidia
Avean di me tutti d'Italia i prenci:
Or
degno son di lor pietà. Francesca
Soavemente commoveva a un
tempo
Colla bellezza i cuori, e con quel tenue
Vel di malinconia
che più celeste
Fea il suo sembiante. L'apponeva ognuno
All'abbandono delle patrie case
E al pudor di santissima fanciulla,
Che ad imene ed al trono ed agli applausi
Ritrosa ha l'alma.--Il tempo
ir diradando
Parve alfin quel dolor. Meno dimessi
Gli occhi
Francesca al suo sposo volgea;
Più non cercava ognor d'esser solinga;
Pietosa cura in lei nascea d'udire
Degl'infelici le querele, e spesso
Me le recava; e mi diceva.... Io t'amo.
Perchè sei giusto e con
clemenza regni.
GUIDO.
Mi sforzi al pianto.--Pargoletta, ell'era
Tutta sorriso, tutta gioja, ai
fiori
Parea in mezzo volar nel più felice
Sentiero della vita; il suo
vivace
Sguardo in chi la mirava, infondea tutto
Il gajo spirto de'
suoi giovani anni.
Chi presagir potealo? Ecco ad un tratto
Di tanta
gioja estinto il raggio, estinto
Al primo assalto del dolor! La guerra,
Ahimè, un fratel teneramente amato
Rapiale!... Oh infausta
rimembranza!.. Il cielo
Con preghiere continue ella stancava
Pel
guerreggiante suo caro fratello...
LANCIOTTO.
Inconsolabil del fratel perduto
Vive, e n'abborre l'uccisor; quell'alma
Sì pia, sì dolce, mortalmente abborre!
Invan le dico: I nostri padri
guerra
Moveansi; Paolo, il fratel mio, t'uccise
Un fratello, ma in
guerra; assai dorragli
L'averlo ucciso; egli ha leggiadri, umani,
Di
generoso cavaliero i sensi.
Di Paolo il nome la conturba. Io gemo
Però che sento del fratel lontano
Tenero amore. Avviso ebbi ch'ei
riede
In patria, il core men balzò di gioja;
Alla mia sposa
supplicando il dissi,
Onde benigna l'accogliesse. Un grido
A tal
annunzio mise. Egli ritorna!
Sclamò tremando, e semiviva cadde.
Dirtelo deggio? Ahi l'ho creduta estinta,
E furente giurai che la sua
morte
Io vendicato avrei... nel fratel mio.
GUIDO.
Lasso! e potevi?...
LANCIOTTO.
Il ciel disperda l'empio
Giuramento! L'udì ripeter ella,
Ed orror
n'ebbe, e a me le man stendendo:
Giura, sclamò, giura d'amarlo: ei
solo,
Quand'io più non sarò, pietoso amico
Ti rimarrà... Ch'io l'ami
impone, e l'odia,
La disumana! E andar chiede a Ravenna
Nel suo
natio palagio, onde gli sguardi
Non sostener dell'uccisor del suo
Germano.
GUIDO.
Appena ebbi il tuo scritto, inferma
Temei foss'ella. Ah, quanto io
l'ami, il sai!
Che troppo io viva... tu mi intendi... io sempre
Tremo.
LANCIOTTO.
Oh, non dirlo!.. Io pur, quando sopita
La guardo... e chiuse
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