Poesie e novelle in versi | Page 4

Ferdinando Fontana
voi pigmei morenti,?E pi�� amari vi fecero?I fatali momenti!
Povere case!... Io vagolo?A voi dintorno.--�� notte.?E l'ombre dalle fiaccole?Rosseggianti son rotte;?E, somiglianti ai demoni?Cui l'eccidio conduce,?I p?onieri nereggiano?Sugli sprazzi di luce.
Ed io penso alla storia?Delle mura cadenti;?Ai drammi, alle commedie,?Agli idilii innocenti?Che si ordiron per secoli?Nelle piccole stanze?Ed impressero un marchio?Sulle umane sembianze.
Ed io penso alle veglie,?Alle insonnie, ai riposi,?Alle fedi, alle infamie,?Ai convegni amorosi,?Ai sorrisi, alle lagrime,?Ai d�� foschi, ai d�� lieti,?Ai p?emi che videro?Quelle quattro pareti!
Oh!... non ridete, splendide?Case dai freschi ornati,?Palag? da una magica?Mano in un d�� cr?ati!?Or tutti a voi sorridono?Con beata alterezza?Ed i vostri muri spirano?La balda giovinezza....
Ma verr�� il d�� che i posteri?Vi chiameran capanne,?Ed al suolo abbattendovi,?Come fragili canne,?Tesseranno una lirica?Sovra i detriti immani....?Pi�� caduchi edifizii?Innalzando il domani!
Tu sol, bigio fantasima,?Gotico tempio altero.?Tu, frastaglio di guglie,?Tu, gigante severo,?Vedrai le metamorfosi?Dei giorni che verranno,?Sogghignando alla gioja,?Sogghignando all'affanno!
Finch�� il Tempo, il terribile?Tarlo che rode il mondo,?Verr�� te pure a spingere?Nell'abisso profondo;?E forse, fra un millennio,?Quivi sostando un uomo,?Tenter�� di far credere?Che tu esistevi, o Duomo!....
Eugenio, sono effimeri,?Al par di queste stanze?D'ogni mortale i gaudii?I pianti e le speranze;?Il passato �� macerie?Su cui sorge il presente,?E l'avvenire �� il figlio?D'un vegliardo cadente.
Oh! umani eventi! oh! frivole?Parvenze d'un istante!?Perch�� dunque ci esagita?Questa febbre incessante??Perch�� dunque sussistono?Il sepolcro e la culla??Perch�� mai tanto fremito?Se tutto attende il Nulla?
Perch��?... Perch�� lo struggere?E il cr?ar son la vita;?Perch�� la noja �� l'unica?Larva da noi fuggita;?Perch�� questa �� l'armonica?Legge dell'universo;?Perch�� senz'essa il c��rebro?Non mi darebbe un verso!
Milano, 2 ottobre 1875.
IN MORTE DI EMILIO PRAGA[1]
Egli visse sognando e sogna ancora?Chiuso per sempre in questa negra bara;?Sogna il tripudio della nuova aurora?E il fior, che per il maggio si prepara.
Quand'ei moveva per le nostre vie?Parlava sempre del supremo giorno,?Ed un nembo di canti e d'armonie?Al grosso capo gli aleggiava intorno.
E poi che il guardo umano invan s'attenta?Di legger della Morte nei misteri,?Ei rafforzava la pupilla lenta,?Oppur tarpava il volo ai suoi pensieri.
E, spaventato dal fatal problema,?Triste amatore d'un'estasi arcana,?Cantava a s�� medesimo un p?ema?Inebbr?ando la sua forma umana!
Or, ditemi, fu in lui colpa o sventura?Questo dispregio dei nostri costumi??Dobbiamo noi su questa sepoltura?Rammentar la sua vita o i suoi volumi?
�� vero!.... �� vero!.... Ei calpest�� un affetto,?Che men compianta potea far sua vita!....?�� vero!.... �� vero!.... Al domestico tetto?Per lui la mensa fu di duol condita!....
Ma chi di noi, sovra il proprio cammino,?Non calpest��, rimpiangendolo, un fiore?...?Nascer p?eta �� orribile destino!?Il c��rebro talor soffoca il cuore!
Oh! guai nascer p?eta ove la Musa?Non trova il pane per nudrire i figli!?Ove ogni sciocco delle labbra abusa?Per esser largo solo di consigli!
Oh! guai nascer p?eta ove il sol splende?Ed infervora i cantici ispirati,?Ma dove l'uomo allori e culto rende?Soltanto ai pensatori trapassati!
Costui vivr�� da pochi consolato,?Fra il bivio orrendo d'essere un buon padre,?O di spezzar la cetera indignato,?Per altre volutt�� meno leggiadre!
Costui vivr�� la famiglia cantando,?La famiglia id?al,--cui dritto avea--?E ch'egli dov�� perder lagrimando....?Ch��, coi versi, nudrir non la potea.
Noi, cui sorride l'italo orizzonte,?Siamo un popol di bimbi analfabeti!?Da qualche lustro appena alziam la fronte....?Siam troppo grami per pagar p?eti!
Non turbi adunque questo popol gramo?Il sepolcro d'un povero cantore....?Meditiam la sua vita e confessiamo?L'ignoranza d'un secolo e l'errore!
Emilio! Emilio!... Son le tue parole?Ch'io ripeto commosso... e (lo rammento)?Da te un giorno le udii che le v?ole?Dicean l'april con profumato accento.
E tu piangevi per le tue sventure,?Antiveggendo questo estremo istante,?Senza sentirne le viete p?ure?E mentre il viso tuo parea raggiante!
Poi soggiungesti sorridendo: "Amico,?"Quando mi porteranno al cimitero?"Verrai tu pure, com'�� l'uso antico,?"A far dei versi sul mio drappo nero;
"Ma ti ricorda degli accenti miei,?"Ed agli astanti, quel d��, li ripeti....?"Se tu prima morissi, io li vorrei?"Ripetere fra i mille sepolcreti.
"E l��, dove la Morte i ricchi accoglie?"E i poveri del par, tutti eguagliando,?"Mi parria che dovrebber le tue spoglie?"Ascoltare i miei versi giubilando!"
..............................
Quest'oggi, in cui la legge di Natura?Te primo, Emilio, al d�� fatal condusse,?D'ogni giogo servil la mente pura,?Pieno il cor delle mie fedi inconcusse,
Io vengo a replicar su questa bara?Le tue parole; io compio il tuo des��o....?E sento, amico, che mi �� meno amara?L'ultima volta che ti dico: Addio!
[1] Questi versi vennero letti dall'autore il giorno 28 dicembre 1875 sul feretro del poeta delle Penombre.
ANACREONTE
Fra le colonne--d'un bianco tempio?Sacro a Minerva,--la Dea propizia?Ai sav?, austera Dea,?Pensieroso sedea
Anacr?onte,--cantor dei fervidi?Baci e degli inni--nati fra i calici?E delle porporine?Rose allacciate al crine.
Sedea pensoso,--stringendo l'abile?Stil nella destra,--la intatta tavola?Sulle gambe giacente?Guardando avidamente.
Un sacerdote--dall'occhio linceo?Di l�� passava;--vide l'insolito?Vate nel sacro albergo?E gli si fece a tergo.
Ei non ud��llo;--come le statue?Chiuse nel tempio--pareva immobile,?E la fisa pupilla?Non mandava scintilla.
Spesso la destra--la cerea tavola?Avvicinava;--ma sulla tenue?Veste che la copriva?Non un verso scolpiva.
E d'inusato--pallor coprivansi?D'Anacr?onte--le tempia, e l'unghia?Tormentava la lama?Con rabb?osa brama.
Nella clessidra--cadea la polvere,?E intorno, intorno--con suon monotono,?Sotto le arcate fosche,?Ronzavano le mosche.
Alfin lo stile--sovra la tavola?L'acuta punta--venne a configgere,?E con note indefesse?Questo cantico impresse:
"Perch�� mi manca nel pensier la vita??"Perch�� come
Continue reading on your phone by scaning this QR Code

 / 27
Tip: The current page has been bookmarked automatically. If you wish to continue reading later, just open the Dertz Homepage, and click on the 'continue reading' link at the bottom of the page.