Nuove | Page 9

Emilio de Marchi
sanguigne, che andavano allargandosi, perch�� nella furia le due parti giravano, s'inseguivano, venivano a mezza lama, rendendo il terreno, dove il sangue si mescolava alla polvere del mattone, sempre pi�� lubrico e sporco.
I padrini e i due dottori erano come affascinati da quel terribile giuoco d'armi e lo stesso Barconi non pot�� che ammirare, come mi confess�� pi�� tardi, una magnifica finta di Massimo, che pochi maestri, tanto della scuola napoletana come della scuola francese, avrebbero saputo eseguire con pi�� eleganza. Il Barconi cercava allo schermitore principalmente l'eleganza. La scherma �� un'arte, come la danza, come la musica, come la pittura: e il ferro bisogna saper adoperarlo come il pittore adopera il pennello, come il musico adopera la bacchetta, con grazia, con semplicit��, con armonia. Peccato che sul terreno le parti non sappiano sempre mantenere il contegno che si deve...! Ma i medici dimostrano alla loro volta che lo stato patologico degli avversari ha una certa influenza, per cui l'irritazione nervosa, disturbando le disposizioni callisteniche dei soggetti, li porta ad inconscie ed atavistiche ferit�� brutali.
Si continuava da un poco a combattere fuori di ogni legge callistenica, quando risuon�� sul pianerottolo un grido sinistro di donna e dietro al grido una voce stridula, che contrastava accanitamente colla voce fessa e turbata dell'oste; e poi si sent�� un grande urto e un seguito di colpi violenti nell'uscio con un diabolico scassinamento del catenaccio. Massimo, che aveva il viso in fiamma, divenne smorto come un cadavere, mi lanci�� un'occhiata supplichevole e mi comand��:--Non lasciare entrare quella donna.--Aveva riconosciuto la voce di sua madre.
La povera donna, messa in sospetto dal contegno misterioso del figlio, era discesa dal letto, aveva dalla finestra vedute le carrozze e siccome non era la prima volta che Massimo partiva per queste spedizioni, si vest��, corse, interrog�� il portinaio che non seppe mentire, poi era salita in una carrozza di piazza; ma aveva perduto del tempo nell'inseguirci su qualche falso indizio. Finalmente colla furia e colla divinazione d'una madre spaventata aveva scoperto il luogo. Scese di carrozza, entr�� come un fulmine nell'osteria e colla forza con cui soleva una volta muovere un cesto di castagne, prese la mano d'Iside e parlando col solo respiro, disse:--Menami dove l'ammazzano!--Iside fu quasi trascinata da quella mano di ferro ai piedi della scaletta. Dal cortile si udivano i colpi, i passi, i gridi dei combattenti. Dunque era salita, era piombata su quell'uscio dove stava il sor Fabrizio in sentinella e cominci�� di fuori un altro duello. E certamente la donna colla forza che vien dalla disperazione avrebbe finito col buttare il vecchio uscio in terra, se al comando compassionevole di Massimo non fossi corso a mettere le mani sulla maniglia del catenaccio e a puntellare l'uscio colla spalla.
--Cani, cani, cani!--gridava la donna dando terribili scosse al paletto.
--Non lasciarla entrare, Cesare.--Massimo mise tanto accoramento in quel nome di Cesare, che non usava mai parlando con me, ch'io compresi tutta la grandezza della preghiera. Egli non voleva esser vile, n�� sfigurare davanti agli amici, che potevano, chi sa? credere a una segreta intesa della madre col figlio; non voleva comparire brutto, osceno di sangue innanzi a lei.
Ma la donna era pi�� forte di me. Cacciato via l'oste con un pugno terribile nel petto, si era buttata sull'uscio col vigore della sua robusta costituzione di popolana e con scosse forti da sfondare un muro non che un assito tarlato, procurava di levarlo dai cardini, sempre gridando con quella sua voce assassina:--Cani, cani, cani!--Dietro di me inferociva la battaglia; ma non era certo meno feroce la battaglia ch'io sostenevo contro quella donna pazza d'amore e di dolore.
Dovevo forse permettere che si cacciasse in mezzo alla carneficina?
Ho detto carneficina?--ho sbagliato. Tranne una volta o due, cosa di piccola importanza, il duello era stato regolarissimo e il verbale �� l�� a disposizione di chi vuol vedere. Ma in quel momento non sapevo nemmeno io in che mondo fossi. Massimo era caduto e si rotolava in una pozza di sangue, vomitando sangue dalla bocca sull'ammattonato. Sentii che sarei caduto anch'io come uno straccio, se non mi fossi tenuto ben stretto al catenaccio e all'uscio che la vecchia tempestava coi pugni, coi calci, strillando sempre con voce lacerata dal pianto:--Cani, cani, cani!
Vi fu un gran trambusto nella sala �� manger del sor Fabrizio. Il Dassi bianco come un foglio di lettera, guardava Massimo e pareva irrigidito.
I padrini e i dottori sollevarono il morente e lo portarono in uno stanzino contiguo sopra un pesto e troppo usato divano. La donna entr�� in quel momento.
Com'era entrata? non so. Essa vide, capi, fece alcuni passi e cadde come un cencio in terra nel sangue. L'oste che non si aspettava una catastrofe, cominci�� a correre, a chiamare, a sbuffare, a bestemmiare. Non saprei dire come portassero via anche la donna che pareva morta anche lei. Non
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