Nuove | Page 7

Emilio de Marchi
terra col carbone; su una tavola in fondo sotto la pittura del Guglielmo Tell che scappa dalla barca, gli altri due padrini confrontavano le sciabole, mentre i due medici nel vano d'una finestra stendevano sopra un banco pieno di mosche e di goccie secche di vino la batteria dei loro ferri chirurgici bianchi, lucenti, di cui andavano ripolendo l'acciaio fino sul panno della manica. Non mancavano le bende, il cotone fenicato e le ultime novit�� della fasciatura Lister.
La testa nuda e filosofica del dottor Carone faceva un forte contrasto colla zazzera chiara e ben pettinata del dottor Sirchi; ma il pi�� bel roseo sole di settembre, entrando per la finestra, scendeva come un'aureola a illuminare e a stringere in un caldo amplesso quei benemeriti sanitari, che si sacrificavano alle cinque del mattino a beneficio dell'umanit�� sofferente.
Il tintinnio delle sciabole e dei bistori fin�� coll'irritare l'onorevole Dassi, un romagnolo impaziente che credeva d'aver aspettato fin troppo ai comodi nostri. Spadaccino di mestiero, era abituato a far presto. Entrava in giuoco colla furia scatenata di un pazzo e sia che ne dasse via, sia che ne pigliasse, voleva che non s'irritassero troppo i suoi nervi. Questa furia romagnola era il segreto di trionfi riportati contro avversari venti volte pi�� bravi di lui.
Tirato in disparte Massimo, lo pregai sottovoce di essere paziente e pedante in principio, se voleva disarmare l'avversario della sua forza pi�� pericolosa, la furia. Non so se Massimo mi ascoltasse o no. Indicandoci le galline che razzolavano su un mucchio di strame, usc�� colla strana osservazione che le galline hanno pi�� buon senso di noi.
--S��, s��--dissi celiando--fin che non si lasciano spennacchiare e mettere in pentola.
--Che cosa si d�� al dottore in queste occasioni?--domand�� dopo un momento.
--Tu lo saprai meglio di me...
--Mi son sempre battuto senza dottori, o c'era qualche amico che si prestava per piacere. Questo giovinotto non lo conosco e mi pare anche un dottore di lusso.
--Capisci che non c'�� una tariffa. Ognuno fa secondo le suo forze.
--Per esempio?
--Nel caso tuo io credo che se gli mandi una spilla infilzata in un biglietto rosso da cento, fai fin troppo. Avrai mille occasioni per rendergli un servigio.
--Ti pare proprio abbastanza?
--�� giovine e si paga un poco coll'onore che gli si fa. Se scriver�� un opuscolo sul modo di guarire la tosse alle pulci, gli potrai dare del distinto batteriologo sul tuo giornale.--Scherzavo per tener viva l'aria, per far ridere Massimo, che mi pareva alquanto depresso.
--Bene, se crepo, fai piacere tu... To' la chiave. Andrai a casa mia, aprirai il cassetto del mio tavolino, troverai un libretto della Banca Popolare. Ci pensi anche alla spilla. Ci sar�� da pagar l'oste, le carrozze....
--Adesso mi fai anche il testamento.--E alzando la voce come un deputato che protesta per la conculcata libert�� statutaria, gridai:--Andiamo, perdio! qui si perde un tempo prezioso.
--�� ci�� che dicevo anch'io--grugn�� l'onorevole Dassi, che si raggirava per la stanza come un leone nella gabbia. E cominci�� lui a togliersi la giacchetta, il panciotto, i polsini, il colletto, come se si preparasse per andare a dormire e fin�� col rimboccare le maniche della camicia fin sopra i gomiti.
Allora mi avvicinai al colonnello Barconi, altro padrino del nostro avversario, per vedere se c'era ancora il mezzo di combinare una conciliazione o almeno di attenuare le condizioni dello scontro. Ma il colonnello per tutta risposta inarc�� le ciglia e mi guard�� strabiliato, come se gli avessi proposto di lavare la faccia alla luna. Pareva dire: Con chi parla? e si fanno sul terreno di queste proposte? e si osa farle a una persona rispettabile? a un soldato? ma in che mondo vive lei? non ha letto mai il pi�� elementare trattato di cavalleria? non sa che ci sono dei codici stampati apposta per gli ignoranti come lei?--Tutte queste cose mi parve di leggere nell'arco delle ciglia e negli occhi sbarrati del colonnello: e non osai insistere.
Massimo si tolse lentamente la giacca. Io gli detti una mano per tirargli di dosso il panciotto, (quello che gli aveva procurato la ramanzina della mamma) e attaccai il colletto e la cravatta alla maniglia della finestra. Non volle che gli si rimboccassero le maniche, perdio non era venuto, disse, a lavare scodelle. I padrini dettero un'ultima occhiata alle sciabole, il Barconi batt�� le mani e grid��: in guardia!
Io non sono il Tasso e non star�� quindi a descrivervi un duello. I due avversari sapevano tenere una sciabola in mano, non mancavano di coraggio, ma non erano cos�� grandi maestri da insegnare a noi e tanto meno al colonnello qualche cosa di nuovo. Costui, a giudicare dagli occhi che faceva, dovette fremere subito nel suo cuore accademico di maestro di scherma tanto della furia sfrenata e scorretta dell'onorevole Dassi, quanto della pesantezza di mano di Massimo, che ai primi colpi cominci�� a sudare come un cavallo e
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