Mia | Page 4

Memini
ciò che piace ai cavalli e ciò che dà loro ai nervi. Era un po' prepotente e quando imbizzarriva, tirava calci e mordeva.--Mi spiace a dirlo, ma temo che Drollino non avesse sulle parole tuo e mio delle nozioni d'una precisione matematica. Il frutteto riceveva spesso qualche sua visita notturna e il giardiniere trovava sempre mancanti all'appello certi limoni acerbi ch'egli contava spesso con una cura piena di speranze. E Drollino amava molto i limoni acerbi... Ma non si lasciava mai cogliere sul fatto. Con tutto ciò era un ragazzo simpatico... aveva certe qualità indicatissime pel suo mestiere. Oltre ai cavalli adorava il suo padrone. Gli rubava i limoni è vero, ma per lui si sarebbe fatto ammazzare, quando occorresse. Per Drollino il possessore di tutti quei cavalli, di quella tenuta immensa non poteva essere un uomo come gli altri. Era maestà infinita, senza pari. E quando pensava che, se il padrone non si rimaritava, tutta la tenuta, la villa, lo spazio immenso delle campagne apparterrebbero un giorno a quella creaturina vestita di bianco che giocava nel viale, la bambina assumeva ai suoi occhi un aspetto fantastico; diventava un essere straordinario anche lei, come una specie di deità, destinata a uno splendore incomparabile di avvenire. In quello, al povero Pedrolo, il padre di Drollino, accadde un brutto caso. Un puledro mal domo, ch'egli stava governando, gli sferrò un calcio terribile nella coscia. Il poveretto ebbe a restare coricato per quaranta giorni e quando s'alzò s'avvide con immenso dolore d'essere ormai irrimediabilmente sciancato! Si trattava dunque di rinunziare ai cavalli. Che colpo per il povero cavallante.... non poteva crederci, non sapeva rassegnarsi! Ma il Principe impietosito seppe assicurargli un posto che, da un lato almeno, tornava consono alla vocazione del ferito e alle sue attuali condizioni di salute. Lo fece portinaio delle scuderie coll'alloggio accanto a queste. Pedrolo non governava più i cavalli liberi, ma vedeva gli altri, li udiva, poteva passeggiar tutto il giorno arrancando colla sua gamba storpia nei pressi della scuderia. Drollino naturalmente aveva seguito il padre nella sua nuova dimora.
Ma con quanto dispiacere! Scappava laggiù ai pascoli tutte le volte che poteva; ma pure ogni tanto gli toccava star in casa! Almeno se avesse potuto lavorare in scuderia! Ma i palafrenieri e i cocchieri non eran punto teneri pei cavallanti; ed i mozzi erano in continua lite con quel ragazzotto insolente, facevano apposta a non lasciarlo giungere sino ai cavalli, lo canzonavano quando egli pretendeva dar pareri.
Drollino si rodeva (forte dei suoi bricioli di esperienza), del suo acuto istinto d'osservazione. Pensava a fuggire definitivamente. Aveva un certo progettino; voleva, un giorno o l'altro, rubare un cavallo e poi scappare, andarsene nella pianura illimitata. Capiterebbe Dio sa dove, ma intanto avrebbe un cavallo suo, proprio suo, tutto suo! Cristo!... che cosa!.... avere un cavallo suo!
Quando Drollino non ardiva allontanarsi soverchiamente dalla casa nuova gironzava pel giardino e bene spesso scavalcando un muricciuolo, capitava nel viale. E così fu che s'imbattè varie volte colla Milla occupata ad ammonticchiare le castagne d'India, cadute dagli alti piantoni. Dapprima, sgomentato, fuggiva come se vedesse la versiera; poi s'era fermato a guardare, poi un sorriso della Milla gli aveva dato il coraggio di fare un passo avanti, poi avevano scambiata qualche parola e avevano finito col mettersi a giocare assieme. Miss Spring sulle prime aveva mossa qualche obiezione; poi, vedendo che il ragazzo si conduceva bene e che le sue letture riescivano meno interrotte dacchè Milla aveva un compagno, finì per permettere che il fiery boy giocasse colla padroncina. Essa lo chiamava così: ?ragazzo ardito?; e in fondo non le dispiaceva. D'altronde, come il più delle sue connazionali, aveva nel sangue un po' di manìa di proselitismo e le era balenato nell'animo che in quel ragazzo indomito ci fosse qualche cosa di convertibile. E se Milla, come quell'angelica Evelina della Capanna dello zio Tom, fosse destinata a ricondurre sulla buona strada il fiery boy e farne per lo meno un tetotaller?... I tetotaller.... erano il sogno di Miss Spring. Essa aveva molta fede, molta immaginazione e i moccoli di Drollino nascevano così fitti, così smozzicati fra i denti, che la credula governante, udendoli, non li capiva e sorrideva benevolmente osservando quanto i nostri differenziano dai dialetti della sua nativa natura e verde Erinni.
Certo è che i moccoli di Drollino erano d'una specie affatto particolare. Li pronunciava a mezza voce, con un tono secco, stridente, come se masticasse dei bottoni di porcellana. La Milla però li capiva e se Miss Spring non era vicina lo sgridava.--Ah! Drollino! non sta bene!--diceva con un'aria patetica di rimprovero.
E Drollino a furia di sentire quella vocina dire che i moccoli non stanno bene cominciò ad arrossire ogni volta che, per caso, gliene sfuggiva detto uno. Non già che non fosse stato mosso qualche appunto al suo linguaggio, anche
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