Mia | Page 2

Memini
aveva la crudeltà di pretendere ch'ella assistesse in giardino ad un esercizio di tiro colla carabina Flaubert! Decisamente Camilla non aveva in sè la stoffa di un'amazzone. E il Principe, dopo essersene un po' stizzito, finiva collo scusarla, considerando che già.... veramente era un po' delicatina.
Ora anzi stava meglio di prima a furia di cure e d'aria d'Astianello, ma non era proprio il caso di tormentarla nè per l'ardire, nè per l'amore allo studio. Tutte cose che verrebbero poi a tempo debito. E se non verrebbero... nemmen più tardi... poco male!
Il Principe, un po' per gusto proprio, un po' per la bambina, passava buona parte dell'anno ad Astianello. Quella gran libertà della campagna, la sovranità assoluta ch'egli vi esercitava, si confacevano al suo carattere di feudatario benigno. Si sa; ogni tanto una scappatina o a Parigi o a Torino, o a Firenze per rifarsi un po' della solitudine. Bene spesso un'invasione d'amici alla villa; qualche grande caccia che vi riuniva delle gaie brigate, occasioni gradite d'esercitare una ospitalità larga, franca, veramente opulenta nella stessa sua semplicità. Nessun cerimoniale, s'intende, nessun sussiego, tutto schietto, alla mano, un po' all'antica, abbondanza eccessiva, una buona dose di sperperi e d'abusi, ma lieta anche questa, quasi consacrata dall'abitudine e dalla gratitudine. Una moltitudine di persone di servizio, per far poco o nulla, ma per scialare allegramente alle spalle del padrone che ignorava molto e tollerava assai, ed era oggetto, da parte di quanti se la godevano alle sue spese, d'una specie di culto, grossolano forse, ma se non altro sincero.
La villa era bellissima, vecchia, ma d'un'architettura già emancipata dallo stile greve e freddamente monumentale del più delle sue contemporanee. S'alzava in mezzo al giardino su un rialzo di terreno che componeva una vasta spianata tutta coltivata a fiori. Di fronte alla facciata principale, si stendeva un viale di antichi ipocastani che facevan capo ad un'ampia cancellata e all'entrata della villa. Il viale costeggiava a destra il vastissimo fabbricato delle scuderie, a sinistra il giardino.
I fabbricati rustici dipendenti dalla villa, rimanevan colati dietro un folto boschetto di cipressi e celavano alla lor volta l'immediata vicinanza delle prime case del villaggio. Ond'è che bene spesso, un contadino, di ritorno dai campi o che avesse premura, si metteva francamente pel viale e passava rasente alla villa senza che nessuno ne facesse caso. Il cancello d'entrata era sempre aperto durante il giorno. Il giardino era, come dissi, ricchissimo di fiori. Sulla spianata, a ridosso della facciata principale, una doppia gradinata, bipartendosi lateralmente da una fontanina, saliva, sino alla terrazzina del primo piano, mettendolo così in comunicazione diretta col giardino. Quelle due scalinate avevano una fisonomia gentilmente teatrale d'idillio, colle loro barocche ringhiere ammantate da fitte diramazioni di rosai, di serenelle, di caprifoglie; era come un'invasione di fiori, intenti a dar la scalata alla casa.
Peccato che la finestra del terrazzino fosse sempre chiusa!
Dietro c'era una bellissima stanza da letto, tutta parata in raso celeste. Quella era la camera matrimoniale del Principe e la Milla v'era nata ma egli non ci metteva mai piede, nè permetteva che alcuno l'abitasse.
Milla dimorava in un'altr'ala della casa. Aveva anch'essa uno stanzone grande e ricco e il suo piccolo lettuccio pareva ancor più piccolo in quella severa vastità d'ambiente. Ma, come a correggere l'esiguità di quel lettuccio di bimba, accanto a questo s'accampava maestoso l'ampio letto ove stendevansi pudicamente ogni sera, l'ossea carcassa e le forme allampanate della rispettabile Miss Rhoda Spring, la governante inglese della Principessina. A dire vero, Miss Spring non faceva grande onore al suo poetico nome. La primavera di quella degna signora era da più anni compiuta ed era difficile persino il ricordo delle mammolette e del ritorno delle rondini davanti a quella formidabile persona, così maestosamente, così intrepidamente brutta. Con tutto questo Miss Spring era un angiolo insulare di zitellona, buona, ingenua, candidissima; ma nel villagio e nella tenuta non godeva le simpatie dell'universale. Abituati a stimare altamente le razze di cavalli inglesi e a pregiare sovra ogni altra, le puledre venuto dall'Irlanda, quella brava gente non poteva capacitarsi come una compaesana, per esempio, di Lady Rowena (quella famosa morellona che aveva portato via il premio all'Esposizione di Roma) potesse essere così brutta, e avere dei piedi cosiffatti, e una faccia smorta, che pareva il muso d'una cavalletta. Il male era che, per l'appunto, il Principe aveva scritto a un suo amico a Dublino di mandargli una cavalla così e così. Infatti avevano viaggiato, si può dire, di conserva, ma, giungendo, non avevano incontrato per nulla lo stesso aggradimento. Il che non vuol dire però, che non avessero entrambe fatta, ciascuna a modo suo, eccellente riescita: Rowena era l'idolo della scuderia, e Miss Spring era l'idolo di Camilla.
A dirla schietta, non ci voleva poi gran che per diventare l'idolo della Milla. Il suo cuoricino di bimba aveva un grande
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