Memorie del Presbiterio | Page 6

Emilio Praga
messer Francesco e del Tasso.
Manzoni chiudeva l'augusta falange. In fatto d'arti figurative, il curato non era nè troppo eclettico nè troppo avanzato. Alle pareti pendevano dentro cornici che un giorno erano probabilmente dorate, quattro larghe ed alte stampe rappresentanti _il giudizio di Salomone, Giuseppe venduto dai suoi fratelli, Alessandro che taglia il nodo Gordiano, e il sacrificio di Abramo_. Insieme formavano come una selva che tu avessi veduta attraverso alla nebbia, irta di braccia ritorte, ad angoli acuti, retti, ed ottusi, di gambe ravvoltolate, raggrinzate, incrocicchiate, di torsi scabri più della corteccia del pino, di movenze in aperta congiura contro l'equilibrio, di panneggiamenti più complicati e più indecifrabili che non siano per me e forse anche per voi i logaritmi. Il barocco aveva detta l'ultima parola in quelle quattro composizioni evidentemente uscite da un'unica fantasia; e lì come incastrati nella parete umidiccia, sopra ampie scranne a forme rettangolari, erano tale una stonatura da mettere i brividi al più volgare dei beoti.
Sul camino, piccolo in confronto all'ampiezza della stanza, sorgeva sotto il suo berrettone di vetro un pendolo tutto incrostato di conchiglie marine d'ogni specie e d'ogni colore, che nell'insieme formavano un disegno assai somigliante alla rosa dei venti. Ai lati due vasi di ardesia, lunghi lunghi, di forma conica, ricolmi di carte fuor d'uso, di vecchi astucci da occhiali, e di fuscelli di malva appassita, pieni di polvere.
Evidentemente il curato non prodigava le sue affezioni domestiche al di là della libreria.
La fantesca ritornò sull'uscio donde era uscita. Il cigolìo mi fe' volgere la testa: ella pareva volermi dire alcun che e non averne il coraggio. Dopo aver titubato alquanto:
--La scusi, balbettò, la scusi tanto; mi trovo colla credenza vuota come la chiesa alla mezzanotte. Domani sì, ce ne sarà della grazia di Dio... adesso....
--Oh! la mia cara donna, la interruppi, vi pare? Fatemi friggere due ova, e datemi un boccone di cacio, oppure un tozzo di pane in una scodella di latte; sono i cibi che preferisco e non voglio assolutamente che vi diate altre brighe. Anzi, se mi permettete, verrò in cucina ad aiutarvi.
--Oh! che buon signore! già l'ho detto subito dalla faccia. Venga pur qui, se non vuol star solo finchè torni don Luigi; quanto ad aiutarmi (e si diè a ridere fra i denti), non è mica caso... se ne avessi bisogno, c'è Baccio.
--A proposito, sclamò il campanaro quando entravamo in cucina; mi scordavo di dirvelo, o Mansueta; sapete dov'è il signor curato?
--Lo so io? stavo annaffiando quel po' di piselletti che sembra siano stati cosputati dalle streghe, che Dio mi perdoni... che non vogliono dar segno di vita...; sento il campanello, vengo dentro, e don Luigi non c'era già più.
--è dalla Gina che muore.
Per poco la povera Mansueta non si lasciò cader di mano la scodella che stava per collocar sui fornelli.
--Santa Caterina beatissima! Dite da senno? Ma come mai? non è possibile... con quel povero bravo suo marito... che l'ho visto nascere! e con quella povera creatura di bambina! lasciarli soli... è impossibile, è impossibile. Baccio, vedrete che Don Luigi non la lascierà morire così.
Il sagrestano parve star sopra pensiero alcun poco, e,
--Non so se farò bene o male, disse come parlando a sè stesso; è notte alta. Ad ogni modo è giusto che tutti lo sappiano e preghino.
E uscì frettolosamente da una porticina che metteva all'aperto.
Io mi accovacciai sotto l'ampio camino della cucina ed attesi, osservando la fantesca occupata intorno alla mia cena. Le sue labbra avvizzite e cadenti cominciarono allora a muoversi con una velocità che andava sempre crescendo. Il burro che bilbiva nella scodella accompagnava col suo capriccioso scoppiettio gli _ora pro ea_, gli ave e gli amen che di tanto in tanto sfuggivano alla preghiera mentale della vecchierella. Tutto era silenzio nel resto. Io guardava il tizzone ardente da cui spiccavansi le faville come anime liberate dalla materia, e pensavo a quella della povera montanara che in quel momento faceva forse lo stesso.
D'improvviso uno squillo, forte e nitido, cadde dall'alto, e rimbombò nell'aria tragicamente.
--Che è questo?
--è Baccio che suona l'agonia per la Gina. E abbandonati i fornelli, e accostatasi ad una scranna, la povera creatura cadde ginocchioni.
O memoria della mia giovinezza!.... Contemplai per un istante quella testa grigia, e involontariamente piegai un ginocchio al suo fianco. Fu in questa posizione che trovommi in casa sua il curato di Sulzena.

V.
Mi rivolsi al suono dei suoi passi, mi rizzai, e gli mossi incontro. Egli si fermò, mi stese ambe le mani, e, prima ch'io trovassi una parola, mi disse:
--Quanto vi sono grato di non aver proseguito il vostro viaggio. Oh! non l'avrei perdonata a Baccio, se vi avesse lasciato partire.
E data un'occhiata intorno per la cucina, si rivolse a Mansueta, che si era pur alzata al suo arrivo e che lo stava contemplando come una imagine santa.
I rintocchi dell'agonia continuavano.
--Sei colta all'improvviso, non
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