Manfredo Palavicino o I Francesi e gli Sforzeschi | Page 7

Giuseppe Rovani
d'innanzi, nella quale l'eccedente sfarzo del lusso asiatico �� temperato alcun poco dall'eleganza e della squisita gentilezza del genio italiano. L'ampia soffitta non �� n�� a v��lta, n�� a travi. Una vetriera, divisa in mille scompartimenti di piccoli vetri circolari e a tanti colori quanto ne pu�� dare un'artistica combinazione, l'attraversa e la ricopre tutta, lasciando libero il passaggio agli ultimi raggi del sole. I paramenti che ne vestono le pareti, nelle quali sono aperti sei grandissimi finestroni di stile gotico, son tutti di drappo d'oro riccio sovra riccio con ornamenti di vaghissimo lavoro. Il cornicione che la rigira �� tutto messo ad oro ed azzurro oltramarino, sul quale disposti in bell'ordine e in gran numero stanno ampi vasi di varie e preziosissime materie d'oro, d'argento, di pietra alabastrina, di porfido, di serpentino e di mille altre specie. A due terzi della sala, quasi a formarne una divisione, due cortine d'un ampio velone di drappo d'oro tutte chiuse fino a terra, sono fermati per molti anelli ad un arco di ricchissimo ornato che poggia ai capi sul medesimo cornicione, attraversando pel largo la sala. Le scene pi�� molli e voluttuose della favola sono il soggetto dei dipinti che, chiusi in larghe cornici, stanno appesi, in bell'ordine, intorno intorno alle pareti. Qui un Endimione colla sua Diana, e Bacco appoggiato a sdrajo sulle ginocchia d'Arianna, l�� una Leda coll'indivisibile suo cigno, e una Danae colla pioggia d'oro. Dirimpetto Orfeo ed Euridice, Ero e Leandro, Ercole e Dejanira. Ovunque quadretti d'ogni sorta; danze d'amori, Najadi nuotanti, ninfe ignude, scherzi voluttuosi di mille foggie; e in mezzo a codesto apparato artistico, su d'una tela molto pi�� ampia delle altre, l'inevitabile giudizio di Paride. Da certi sfori praticati nel pavimento si mostrano, quasi a simulare una selva naturale, arbusti d'ogni maniera. Aranci, mirti, palme agitanti ventagli di verdura, roseti incoronati e larghe di candide foglie, aceri, tulipiferi, alcee, gelsomini d'Ischia, giacinti, viole, amaranti, che spandono un miscuglio di profumi. E su quei rami di quelli arboscelli, legati con crini sottili, svolazzano uccelletti d'ogni sorta, rosignuoli, capinere, pettirossi, rigogoli zufolanti, rondinelle gorgheggianti, palumbelle gementi, che diffondono suoni d'una graziosa e melanconica monotonia; se non che, di quando in quando, a coprire quei canti minuti della natura, dal di dietro dell'ampio velone si dilata un'armonia artificiale e pi�� solenne. Le note di un organo da stanza.
A popolare quel luogo incantevole se ne stanno alcune in piedi, altre sedute, altre sdrajate, a due, a tre, a gruppi, tutte in atteggiamenti di una molle eleganza, molte leggiadre fanciulle incoronate di fiori, vestite di bianchi veli; e in mezzo a quelle fanciulle, tutto assorto in fantastiche contemplazioni sta adagiato su larghissimi cuscini di raso, un giovane avvolto in una magnifica roba di stoffa cilestre.
A guardare il suo volto, liscio e levigato come quello d'una fanciulla, si conosce che nessun forte pensiero, nessuna energica azione, nessuna passione profonda non ha mai agitata l'anima sua. Soltanto quel pallore abituale e senz'orma di vermiglio d�� a divedere un'esistenza infiacchita dall'abuso dei piaceri e dalle tormentose irresoluzioni dell'anima. Da una tavola di tartaruga a fini ed eleganti intarsi egli prende di tratto in tratto a leggicchiare taluno dei molti libri che vi stanno dischiusi. C'�� un Ovidio, un Catullo, alcuni canti del poema dell'Ariosto; e di quando in quando accostandosi alle labbra una conchiglia legata in oro va sorseggiando alcuna goccia d'un liquor forte e spiritoso. La fragranza dei fiori, lo spettacolo della voluttuosa bellezza, i suoni dell'organo gli popolano la mente di mille e svariate idee, di luccicanti fantasie, di trepide gioje, cui la virt�� di quel fortissimo liquore, avendo in prima rese pi�� acute, e pi�� ardenti, le va ora agitando in vertiginosa danza, producendovi quell'ebbrezza luminosa che �� il paradiso di chi ha infiacchita la fibra e mobilissima l'immaginazione.
Ora, a queste apparenze, chi direbbe che costui �� il duca Massimiliano Sforza, il successore dello sventurato Lodovico, morto di crepacuore e d'inedia in Francia negli ultimi anni di Luigi XII; che bench�� sieda da tre anni sul retaggio del padre suo, il padrone dello Stato non �� lui, e la parte migliore e pi�� forte del popolo non �� per lui, che la sua cassa privata �� vuota, e non avendo esercito proprio, gli mancano i denari per pagare quel di ventura al quale ha a sborsare ottocentomila ducati d'oro; intantoch�� Francesco I, re guerriero, ha gi�� invasa la Lombardia con pi�� di ottantamila uomini? e a poca distanza si �� gi�� fatta sentire l'artiglieria nemica?
Vi hanno uomini temprati in modo, che riescono al tutto inetti a qualunque occupazione richieda uno sforzo della mente e della volont��. Le dolcezze e gli svagamenti della vita hanno tale attrattiva per costoro, e il dilungarsene un solo momento d�� ad essi cos�� incomportabile dolore, che hanno per bisogno indispensabile dell'esistenza, ci�� che per altri
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