Lucifero | Page 7

Mario Rapisardi
sempre irrequieto, in traccia D'un fantasma incompreso, o fosse un'ombra Del mio stesso pensiere, o una diversa Immagine con me nata, e divisa Fatalmente da me. Dove mai, dove, Sospiroso io dicea, trovar ti posso, O dis?ata e necessaria parte De l'esser mio? Per entro a l'immortale Anima mia tutto il mortal sentiva. Infelice mi tenni. A Dio nel fronte Gli occhi un d�� fissi, e interrogarlo osai: Chi m'ha fatto cos��? D'ira e di lampi Ei fiammeggi��, n�� mi rispose. Il vero, Io replicai, l'eterno vero; io voglio Tutto saper; se il Ver tu sei, ti svela! Ei fulmin��; tremar gli angioli; io caddi, N�� pugnai gi��: sent��a ch'era pi�� grande De lo sdegno di Dio la mia caduta. Quale allor degli antichi astri mi accolse? Nessun fuor che la terra, e de la terra Gli oscuri antri pi�� cupi: ivi prescritta Fu la mia reggia a un tempo e il carcer mio. Boll��a sotto ai miei passi un fragoroso Mar di liquide fiamme; in gran tenzone Mugghiando si rompeano onde contr'onde; Ma pi�� cocenti assai dentro al mio petto Combattendo boll��an dubb? e speranze; Salde e ferree correan sovra il mio capo Di granito le v��lte, e assai pi�� saldo Era il cor mio: sempre a me innanzi, ovunque, Un fantasma d'amor, sempre in cor mio Una voce incompresa: ama e cammina! Ruppi il carcere mio; l'aria, la luce De la terra cercai; chi avria potuto Porre un freno al mio spirto? I��ova m'avea Fulminato, non vinto. �� l��, un occulto Pensier diceami, �� l�� sovra la terra Il tuo destin, l�� di tue prove il campo, L�� fra tanto agitar d'od? �� l'amore, L�� fra tanto morir la vita alberga! Mi trasformai la prima volta: ignoto Corsi la terra, e al caro sole in vista L'uom, la natura e l'esser mio compresi. L'uom compresi, e l'amai. Ma allor che prono A pi�� dei suoi creati idoli il vidi Vaneggiar paventoso, e legar tutta L'anima ardita a un inconcusso altare M'arse il cor d'ira e di piet��. Sembiante A vasta e frutt��osa arbore, in mezzo De la terra sorgea l'egregia pianta D'ogni umana Sc?enza; e Dio, nemico Del veggente saper, che i tenebrosi Spirti rischiara, le rugg��a d'intorno Con feroce divieto; onde alcun mai Coglier non osi ed assaggiarne il frutto. Fu allor che con sottile arte la mente Degli uomini tentai: simile a Dio Sar��, dicea, chi ciber�� quel frutto; E quel frutto fu colto. Un'orgogliosa Brama, un'ardente, inestinguibil sete Di saver, d'indagar l'ombre, che folte Gli addensava d'intorno il Dio nemico, Morse gli uomini tutti; e qual pi�� viva Sent�� in cor la mia voce e il poter mio, E per vie non segnate oltre si spinse Al confin de la pavida ignoranza, E interrog�� con l'intelletto audace Le piante e gli animai, la terra e gli astri, Quei di mago ebbe nome e di ribelle. Piomb�� quinci su'l capo ai maledetti Figli di Cam la collera di Dio, E assai d'essi per?r, non la pugnace Virt��, che a l'uom pria la Natura infuse, Ed io, sin da quel d��, sveglio e raccendo. D'orgogliose speranze io mi pascea Secretamente, ed oltre un mar d'affanni Prevedea su la terra il mio tr?onfo; Ma fulminato dal geloso Iddio Nuovamente io piombai nei tenebrosi Baratri de la terra, ove il superbo Sdegno del petto e il mio dolor nascosi. Ivi scendea talor qualche gagliardo Intelletto di sofo o di poeta, A cui fu colpa il propagar le nuove Apocalissi del pensier mortale. R?ardea la speranza entro al mio petto Co'l suo venir, per�� che per ciascuna Stella, che al fronte di Sofia s'accende, De la Fede su'l crin spegnesi un sole. Cos�� durai gran tempo, e non gi�� pago De l'esser mio: sempre a me innanzi, ovunque Un fantasma d'amor, sempre in cor mio Una voce incompresa: ama e cammina! Ritornai su la terra. Un mans��eto, Che de l'iroso Iddio credeasi il figlio, Predicava l'amor. Debole e solo Egli parea, ma tutta era con esso L'umanit��. Stetti pensoso e muto Ad ascoltarlo, e mi obliai. Senz'armi Egli pugn��; vinse morendo: cadde Giove dal ciel, Roma dal mondo, e il mondo E il ciel fu suo. Sperai, dubbiai; ma il giorno Che tutte dopo a lui volgersi al cielo, Per cercarlo, vid'io l'anime umane, E su la terra derelitta e mesta, Come in carcere vil, gemer la vita; No, vittoria non ��, gridai da l'imo Petto, e furente mi scagliai per quanta Terra il ciel vede, e il mar sonante abbraccia; No, vittoria non �� questa, che il tempo, L'opra, il pensier, l'uomo e la vita uccide; Amor questo non ��, ch'entro a una fatua Luce di ciel nuota oz?ando, e il tergo Cheto soppone a qual che sia flagello! Braccio e pensier, moto e conflitto �� amore; Campo d'opre
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