ozïando, e il tergo Cheto
soppone a qual che sia flagello! Braccio e pensier, moto e conflitto è
amore; Campo d'opre comuni e di travagli, Non èremo la terra; uom,
che nel pianto Vive, e da Dio gioie o tormenti aspetta, Schiavo non pur,
ma inutil cosa il chiamo! Tremâr le infeminite anime al grido Del mio
potere; e Dio, fatto più forte De l'umano terror, me per la mano Del suo
fido Michel di ceppi avvinse, E percosso e ferito indi nei cupi Baratri
m'inchiodò; stolto! e si tenne Securamente vincitor. Dai ceppi, Dagli
abissi io balzai, giovine eterno, E mutando me stesso in mille guise
Ebbi regno nel mondo. Una venale Turba di sacerdoti a cui nel nome
Abusato del Cristo, agevol cosa Era il far degli altari empio mercato,
Me d'ogni colpa allor, me d'ogni affanno Degli uomini imputò; strani
sembianti Mi foggiâr le nemiche anime, e avverso D'ogni umana salute
e d'ogni amore Il mio nome suonò; ma in faccia a questo Dolor tuo
sacro e in faccia al mondo io giuro: Mi fu iniqua la fama! Orrido,
immoto Su l'umane coscienze s'assidea L'infallibile Domma: un
paventoso Mostro senz'occhi e tutto plumbeo il corpo, Che il mortale
Pensier di ferri avvinto Squarcia con le feroci unghie, e sen ciba. Suo
regno è l'ombra, sua virtù gl'inganni; L'ignoranza dei popoli il suo
scudo, Ed armi sue l'anátema e la scure. Contro ad esso io pugnai:
sinistra e maga Cosa per lui la sitibonda brama D'ogni saper; frutto
vietato il vero, Colpa il voler, la libertà delitto, E allora, oh! allor,
superbamente il dico, Menzogna, error, colpa e delitto io fui!--
CANTO TERZO.
ARGOMENTO.
Lucifero, continuando il racconto, accenna alla venuta dei barbari; ad
Ario, che si ribella, fra' primi, all'autorità ecclesiastica, da cui viene
scomunicato nel concilio di Nicea; a Telesio, che scote il giogo
scolastico; alla stampa che propaga il pensiero nuovo.--La rivoluzione,
filosofica in Italia, diventa religiosa in Germania.--Leone X e
Lutero.--Il pensiero e la coscienza armano il braccio dei popoli, e la
rivoluzione prende l'aspetto politico.--Tirannide monarchica e
republicana: la libertà sta nel centro.--Rivoluzioni d'Inghilterra,
d'America, di Francia.--Il canto della guigliottina.--Fecondità delle
rovine.--Rassegna delle principali invenzioni del pensiero umano; dalle
quali confortato l'Eroe, predice il suo vicino trionfo.--Finita così la
narrazione, si parte, mentre una voce misteriosa annunzia agli uomini la
sua venuta.
Sopra la terra imperversava intanto Un uragan di popoli. Sul vecchio
Tronco latin spirò l'aura del norte, E il rinverdì; fra le disfatte genti
S'insinuò un gagliardo alito, un fremito Di selvatica possa. A quella
forma Che al ritorno d'april, sotto al fecondo Bacio del Sol, freme la
terra, e il cieco Germe, che in grembo custodì dal fiero Morso de'
ghiacci, a l'aurea luce esprime; Tal serpea de l'uman genere in petto
Una nuova virtù, che a la secreta Aura del mio pensiere apríasi il varco.
Ed Ario sorse, e tutte avea d'intorno Le germaniche stirpi.--Oh! splenda
un lume Di verità su queste genti; un riso Di libertà su le coscenze
umane; Sia concesso il pensier!--Questo ai pastori Del buon Cristo ei
chiedea, là, su la soglia Del Niceno consesso, ove a congiura Tratti il
cenno li avea d'un parricida. Siccome folla di mendici, a cui Cadan
rotte le vesti e manchi il pane, Tali sul freddo limitar premeansi Mute,
ansïose del giudizio, ai fianchi D'Ario le genti. Alzâr le braccia i sacri
Del Cristo alunni, e su la fronte ardita Del Cirenèo fulminâr tutta a
un'ora L'umanità. Sfida fu questa, a cui Ostinata e mortal guerra
successe. Quinci la Fede della plebe: un'orba Maga, che l'ignoranti
anime impera, E d'error vive ed a le stragi istíga; Quindi colei, che
luminosa incede Fra tutti affanni, e di Scïenza ha nome: Di severi
intelletti arbitra e diva, Sperimentando, essa li guida in loco Dove
scevro di nubi il Ver fiammeggia; Gli eterni de le cose atomi indaga,
L'essenze esplora, e a la cagion lontana La varia prole degli effetti
annoda. Chi potría tutti annoverar di questa Universa battaglia i campi
e l'armi, Gli eroi, gli studî, i vincitori, i vinti? Sol taluno dirò. Di
precursori Italia è madre, e tre corone ha in fronte: Regnò co'l brando e
con le leggi in pria; Poi, vinta i polsi e strazïata il petto, Co'l pensiero
regnò. Gemean le menti Sotto al flagel d'una loquace, astuta Sfinge
bifronte, che, di Cristo a un tempo E d'un Saggio, che patria ebbe
Stagira, Usurpando il poter doppio e gli aspetti, Mutava con sottile arte
in oscura Fede il saper, la cattedra in altare. Povera fra le genti iva e
digiuna D'ogni culto Sofía, nè pria fu lieta Di fermo ospizio e d'onorate
offerte, Che s'avvenne in Telesio. Il venerando Vecchio sedea
pensosamente a l'ombra De le selve native; e, pari al raggio Novo del
Sol, che tra
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